L'anima in fabbrica

L'anima in fabbrica PROBLEMI DEI PRETI OPERAI L'anima in fabbrica Anche i trecento preti operai italiani avranno uno statuto speciale nella Chiesa, come in Francia, quando si concluderà il dialogo con i vescovi accettato dal loro convegno nazionale chiusosi ieri a Frascati? Dopo tante polemiche, sarà per forza un dialogo-confronto malgrado l'invito a un «incontro fraterno» contenuto nella lettera del disgelo inviata il 3 marzo da mons. Alfredo Battisti, arcivescovo di Udine e presidente della commissione episcopale per i problemi sociali e del lavoro. Le residue perplessità dei preti operai sono state cancellate dal sincero «mea culpa» fatto per l'Episcopato da mons. Pietro Ciachetti, vescovo di Pinerolo e segretario della stessa commissione. Era venuto per la prima volta con altri tre vescovi tra i preti operai, su richiesta dell'Episcopato piemontese e, dunque, con il consenso del card. Anastasio Ballestrero che presiede anche la Conferenza episcopale italiana. «Se c'è una colpa che noi vescovi sentiamo — aveva detto mons. Giacchetti — è quella di non aver seguito con viva partecipazione l'esperienza che voi vivete e soffrite. Vogliamo ascoltare la vostra voce che è anche la voce di chi lavora. I vostri interrogativi non possono essere accantonati». Pio XI disse un giorno che la maggior responsabilità della Chiesa era «aver perso gli operai nel secolo scorso». E' ancora il vero problema: i preti operai, prima in Francia, poi in Italia, tentano la difficile prova di frontiera in una società scristianizzata: «Per incarnare Cristo e il Vangelo nella classe operaia e fra gli emarginati». E' una scelta coraggiosa per chi è stato formato a diffidare del mondo nei seminari tradizionali (ora un po' meno). Ci sono rischi, cadute, crisi anche drammatiche che talora sfociano nell'abbandono del sacerdozio, forse della fede, ma la stragrande maggioranza ha resistito. Impegnati con gli orari di lavoro non possono officiare Messa ogni giorno né dedicarsi alla vita parrocchiale, come la Chiesa vorrebbe. Provano le difficoltà del celibato obbligatorio come tanti sacerdoti, e molti di loro lo vorrebbero facoltativo. Criticano la pastorale ufficiale: «Punta a formare i praticanti anziché i credenti». Hanno un linguaggio chiaro, talora spietato, mentre l'ambiente ecclesiastico preferisce un linguaggio soffuso e ammiccante. A Frascati abbiamo ascoltato critiche durissime alla Fiat, ma anche ai sindacati, colpevoli di essersi «fatti dare da Agnelli una lezione seria sulla produttività». Durissime le accuse al pei e ai sindacati: «Hanno sostenuto i 35 giorni di lotta alla Fiat sinché è caduto il governo, poi ci hanno abbandonati». Con preti così scomodi dialogheranno i vescovi su problemi importanti. Mons. Battisti ha posto i due «nodi essenziali»: come salvare «il primato del sacro ministero» rispetto alla «professione secolare»? Come l'esperienza dei preti operai può diventare «espressione di Chiesa» da «semplice iniziativa personale»? Per il Concilio, la Chiesa è «popolo di Dio», ma l'autorità è nella «sacra gerarchia», cioè Papa e vescovi. Per i preti operai, invece, il concetto di «popolo di Dio» equivale a comunità dei credenti che comprende, sia pure con funzioni specifiche. Papa, vescovi, preti, religiosi, laici senza speciali sottolineature. I preti operai sono in sintonia con il «camminare insieme» che diede il titolo alla famosa lettera del card. Michele Pellegrino e con l'esigenza di «condividere la cultura operaia», teorizzata dal generale dei Gesuiti, padre Atrope. Per un proficuo dialogo con i vescovi, chiedono: prima di tutto, la piena reintegrazione sacerdotale di tre loro compagni «sospesi a divinis» dai vescovi di Bolzano, Treviso e Napoli perché si erano candidati con il pei; seconda richiesta, «i nodi "sacerdozio" e "pastorale del lavoro" non possono essere precondizioni al dialogo dal momento che la fedeltà a Gesù Cristo nella comunità dei credenti e alla classe operaia sono una radice permanente della nostra vita». In altre parole: i preti operai non rinunceranno alla militanza politica e sindacale, che la Chiesa vieta ai sacerdoti. Papa Wojtyla consentirà innovazioni in materia di sacerdozio? Ammetterà una soluzione come quella della «Mission ouvrière» attuata in Francia, dopo lo scioglimento dei preti operai condannati da Pio XII nel '53? La «Mission ouvrière», dipendente dai vescovi francesi, riunisce ora ottocento preti operai e tutti i movimenti laicali impegnati nel mondo del lavoro. In Italia queste strutture laiche non funzionano come necessario. Si tenterà, allora, di ricondurre i preti operai alla funzione di «cappellani del' lavoro» che essi respingono? «Sarebbe grave disperdere energie così generose», ci ha .detto un vescovo. Un solo esempio: a Viareggio don, Giuseppe Socci alleva come un vero padre tre bambini di genitori detenuti da tre anni. Chi farebbe altrettanto per «radicalismo evangelico»? Lamberto Fumo