Marco Donat-Cattin rivela come fallì l'attentato a un agente della Digos di Claudio Giacchino

Marco Donat-Cattin rivela come fallì l'attentato a un agente della Digos Ha pure ammesso la partecipazione a dieci rapine in ire regioni Marco Donat-Cattin rivela come fallì l'attentato a un agente della Digos TORINO — Il fallito omicidio di un agente della Digos (il commando sbagliò la mira ferendo soltanto la vittima designata) e dieci rapine compiute in Toscana. Piemonte e Lombardia. Questo ha confessato ieri Marco DonatCattin nel corso di un nuovo interrogatorio-fiume col giudice di Torino Laudi e il sostituto procuratore della Repubblica di Firenze Vigna. Il colloquio era stato richiesto proprio dall'ex comandante di Prima linea: «Voglio incontrarmi ancora, e al più presto, con questi due magistrati». A Laudi il terrorista ha ricordato un agguato che la sua organizzazione tese il 18 maggio '78 a Torino: due giovani in motocicletta attesero sotto casa, in via Salerno. Roberto Demartini, che prestava servizio come semplice autista nella Digos. gli esplosero contro quasi a bruciapelo l'intero caricatore di una pistola. Demartini, abile a fuggire subito e fortunato, venne colpito da quattro pallottole alle gambe e alle braccia, se la cavò con un mese d'ospedale. L'imboscata, rivendicata da Prima linea, non figurava fino a ieri nel lungo elenco di imputazioni contestate a Donat-Cattin: la polizia aveva già identificato ed arrestato i presunti attentatori, tra i quali c'è il figlio di un sottufficiale di p.s.; mai il nome di Marco era comparso in quest'inchiesta. Per gli inquirenti la confessione dell'ex leader di PI è stata una grossa sorpresa. DonatCattin ha affermato di non aver partecipato all'agguato ma di esserne stato a conoscenza. Ha fatto anche i nomi di chi ha avuto a che fare con quest'episodio, ha parlato a lungo. Accusandosi di un reato del quale nessuno lo sospettava. Donat-Cattin ha imitato il comportamento di alcuni grandi pentiti (Peci e Sandalo ad esempio). Sorprendente pure la confessione di dieci rapine (tre compiute in Toscana, le altre nel Milanese ed in Piemonte), fatta al magistrato Vigna. Il magistrato aveva già sentito, le settimane scorse, il terrorista sull'assalto alle carceri delle Murate di Firenze, e se ne era andato con questa risposta dell'imputato: «Io non c'entro, dell'azione ho saputo solo dopo». Di fronte a queste certezze su come procedono gli interrogatori di Marco l'avvocato Chiusano ha commentato: «La si finirà quindi una buona volta di parlare dell'atteggiamento del mio cliente come di un atteggiamento reticente. Donat-Cattin collabora attivamente, si è dissociato dalla lotta armata, tace soltanto sugli ex compagni di cui è certo che si siano allontanati dall'eversione». Sembra dunque che il terrorista, e le circa 150 ore di colloqui con gli inquirenti dovrebbero ribadirlo, abbia dato e continui a dare soddisfazione ai magistrati. E' sicuro che abbia, con i giudici romani Imposimato e Priore, parlato di Valerio Morucci (uno dei capi delle Brigate rosse che ha avuto un grosso ruolo nel sequestro Moro) e che, in merito al caso Moro, abbia nominato i leaders dell'Autonomia Lamberto Pace. Franco Piperno e Oreste Scalzone. Ha precisato l'avvocato Chiusano: «Come al solito, il mio assistito ha detto quanto sapeva. Non si è inventato nulla, ha soltanto riferito quello che gli era stato riferito da altri. Errato però che Donat-Cattin abbia affermato: "Morucci era pilotato da Scalzone, Piperno e Pace". I vertici tra Br e PI, di cui ha raccontato Donat-Cattin, non sono avvenuti, come è stato riferito, all'epoca del rapimento Moro e subito dopo la sua tragica conclusione, ma molto tempo dopo». Chiusano ha poi smentito che durante gli interrogatori su Alessandrini Marco abbia rifiutato per quattro volte di rispondere. «Gli avvocati di parte civile avevano delle pretese non compatibili con la logica processuale, i magistrati mi hanno dato ragione. DonatCattin non ha risposto a certe domande che, essendo di carattere generale, esulavano dalla "questione Alessandrini". Confermato che l'arresto di alcuni giorni fa a Torino di quattro giovani con l'accusa di aver militato in Prima linea non è legato alle rivelazioni di Donat-Cattin. S'era sussurrato che l'operazione era dovuta ad una confessione di Sandalo, ma il padre del pentito ha negato. Claudio Giacchino