Un nettare dal Moscato d'Asti
Un nettare dal Moscato d'Asti Il gusto del pubblico si affina (ma vi è carenza di leggi) Un nettare dal Moscato d'Asti CANELLI — Sulle colline di Canelli. dove l'Astesana si confonde ormai con le Langhe, nasce un'uva unica al mondo: il Moscato, dai grappoli dolci e dorati; il nome comune si riscontra anche in altre regioni viticole italiane, ma il Moscato di Canelli — già conosciuto per la sua nobiltà cento anni or sono — è un «unicum», un'uva che non ha uguali. Per questo gli si è dovuto dare il nome di «Asti», affinché il consumatore potesse distinguerlo da altri vini omonimi, ma non simili. Dalle raspe e dalle vinacce del Moscato d'Asti nasce una grappa speciale, anch'essa unica al mondo: la Gran Moscato. La produzione cominciò nel 1898, ad opera d'un astigiano tornato dall'Argentina, che decise di creare una piccola distilleria: si chiamava Carlo Bocchino, aveva un capitale di 90 mila lire (tutt'altro che una sciocchezza in quei tempi). Lo stabilimento via via si ampliò, sino ad avere oggi enormi cantine con botti in rovere di Slavonia e una capacità lavorativa di due milioni di litri. E si è anche affinato il prodotto: la grappa Gran Moscato, secca e fragrante, è diventata l'emblema di questo distillato che da alcuni anni è diventato gradito al gusto raffinato dei consumatore d'elite. Per conoscere l'andamento del mercato abbiamo sentito il dottor Giorgio Micca. che oggi è titolare e dirigente della quasi secolare «Bocchino». «Il mercato della grappa — spiega Micca — risente della decisione presa dal ministro Reviglio e dal governo di applicare la supertassa, aumentandola da 120 a 600 mila lire per ettanidro, quindi ribassandola a 300 mila lire. Si è creato un marasma che ha lasciato perplesso il consumatore. Prendiamo il nostro caso: abbiamo avuto un'altalena di pressi nel giro di pochi mesi e soltanto adesso stiamo uscendo dalla confusione che il decreto aveva provocato. Stiamo riprendendo quota anche nei supermercati, ma permane una frangia di incertessa. Un aumento del 30 per cento non può rimanere sema conseguense. Stiamo però avviandoci verso un periodo di normalità». Il costo attuale della vita incide sulle vendite della grappa? « Oggi un cicchetto, a essere ottimisti, costa 700 lire. Quando la vita costa cara si registra una diminusione dei consumi, poi però ci si riadagia e si torna ai soliti standard di spesa. Comunque il fattore presso ha la sua importanza. Oggi le case che non hanno una catena di distrìbusione ben organissata sono sfavorite, chi invece è-presente nei punti di vendita vede che il suo prodotto è scelto dal consumatore». La grappa è adeguata al gusto, che via via si affina sempre più. del mercato? «7/ consumo è sempre orientato verso il gusto secco. E la grappa è un distillato molto secco. Il nostro Gran Moscato è poi un prodotto unico al mondo e non ha avuto cedi¬ menti. Ansi, c'è grande richiesta e noi siamo sempre alla ricerca di vinacce di Moscato, Moscato d'Asti ben inteso. Esaurite quelle che sono in sona, è finito tutto. Noi incettiamo il 99 per cento delle raspe e quindi lasciamo poco spasio agli altri. Ma bisogna dire che il Gran Moscato è una grappa spesso imitata, non certo eguagliata. Vi sono in giro prodotti fasulli». Quali sono le novità della «Bocchino»? «Abbiamo messo sui mercati tre grappe: Pinot, Barolo, Moscato (che non è la Gran Moscato) al presso di 15 mila lire la bottiglia. Sono tre prodotti che valgono questi soldi. Derivano da vinacce selesionate in base al vitigno». Non si è mai pensato a un doc. una denominazione d'origine controllata, per la grappa? «No, non se n'è mai parlato. Né si è parlato, ad esempio, dell'invecchiamento: sull'etichetta si può anche scrivere che la grappa della bottiglia è invecchiata di 35 anni sensa che nessuno controlli. Ora c'è una legge che prescrive un anno d'invecchiamento (sei mesi in fusti qualsiasi e sei mesi in fusti di rovere) perché una grappa possa definirsi stravecchia. Oggi vale più il nome del produttore, che lavora con serietà e onestà, di qualsiasi garansia data da bollini o fascette. E chi lavora bene si fa un nome». Le campagne anti-alcolismo. pur giustificate contro una piaga sociale, sono condotte con discernimento oppure finiscono per nuocere all'immagine d'un prodotto che dà anche spazio all'agricoltura e non è certo deleterio se bevuto secondo la norma? •L'impressione è che vogliamo castrarci per far dispetto alla moglie. Non voglio essere maligno, parlare di interessi occulti, ma come si può arrivare a dire che l'alcool è più pericoloso della droga? In giro si sentono troppe sciocchesse. Tutti sanno che l'alcool in dosi non massicce ha poteri benefici per la salute, ad esempio è un vaso dilatatore. Come si fa a paragonarlo alla droga?». p. cer.
Persone citate: Astesana, Barolo, Carlo Bocchino, Giorgio Micca, Micca, Moscato, Pinot, Reviglio
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