Le richiesto al governo dei direttori delle carceri di Giuseppe Zaccaria

Le richiesto al governo dei direttori delle carceri Dopo la decisione di sospendere lo sciopero di ieri Le richiesto al governo dei direttori delle carceri «Alla direzione generale degli istituti di prevenzione e pena non devono esserci magistrati di carriera» - 500 mila in più al mese ROMA — L'ultima allarmante segnalazione era giunta al governo dal comando generale dei carabinieri: il 28 marzo (cioè ieri), coi direttori di tutti i penitenziari italiani avrebbero scioperato anche quelli delle «supercarceri», i permessi di colloquio sarebbero saltati, la tensione avrebbe rischiato di raggiungere livelli insostenibili. E' stato questo il fattore che l'altra sera ha spinto il governo, attraverso il sottosegretario alla Giustizia, Giuseppe Gargara, a tentare con successo un'iniziativa che scongiurasse all'ultimo momento un'agitazione senza precedenti. Poi. durante l'incontro che è sfociato nella sospensione dello sciopero, sono emersi particolari che hanno dato al sottosegretario la misura di quanto, tra il personale penitenziario, si stava preparando. «A dicembre avevamo già deciso di scioperare — hanno detto i rappresentanti dei 306 direttori delle carceri italiane —. Solo il sequestro D'Urso ci aveva spinto a rinviare l'agitazione*. Al sottosegretario, non è rimasto, pur di impedire lo sciopero, che garantire il massimo della disponibilità per risolvere al più presto i problemi di tutto il personale. Da martedì prossimo, e fino al 10 aprile, gli incontri tra Gargani e i rappresentanti dei due sindacati (l'Anfdap, che riunisce la maggior parte dei direttori, e il Silìnate, che rappresenta impiegati, educatori, vigilatrici) si susseguiranno due volte la settimana. Per primo, sarà discusso il progetto, pronto da anni, che mira a decentrare l'amministrazione degli istituti carcerari attraverso l'attuazione di «provveditorati regionali*. I direttori chiedono al governo di presentare subito un disegno di legge che sottragga la gestione degli istituti al controllo diretto del ministero. Ma non è questo l'aspetto centrale della vertenza. I direttori puntano anche a un vero e proprio ribaltamento di competenze, chiedendo che i vertici della direzione generale degli istituti di prevenzione e pena non siano più rappresentati da magistrati di carriera («gente — sostengono — assolutamente estranea alla realtà carceraria*). Le resistenze a questo progetto sono naturalmente molto forti, come notevoli appaiono le difficoltà che si oppongono a un'altra richiesta dei direttori e del personale: quella di una norma che trasformi lo stato giuridico delle vigilatrici (oggi praticamente «secondine», in possesso della sola licenza elementare, inquadrate come operaie). Il problema, sostengono i direttori, sta tutto nello stabilire l'ampiezza della delega concessa dal ministro a Gargani per le trattative. Nei prossimi incontri, bisognerà infatti esaminare dopo la parte normativa anche le richieste economiche: e su questo punto, i direttori non sembrano disposti a cedere. Il governo, è vero, ha deciso pochi giorni fa il blocco di tutte le contrattazioni riguardanti gli statali: il personale delle carceri, anche puntando a sostanziosi aumenti retributivi, sostiene però che le richieste riguardano solo alcune indennità, e sfuggono dunque a limitazioni che vanno riferite solo allo stipendio vero e proprio. I direttori chiedono che la «indennità di servizio penitenziario» venga portata da 150 a 450 mila lire lorde mensili. Anche il fatto di essere costretti a una reperibilità praticamente ininterrotta dovrebbe essere compensato, a loro giudizio, con un'altra indennità, questa volta tutta da inventare, e che comunque non dovrebbe essere inferiore (almeno secondo le richieste) alle 200 mila lire mensili. Nonostante la linea dettata dall'ultimo Consiglio dei ministri, il sottosegretario Gargani si è detto «disponibile* a trattare su questa base. Nei prossimi giorni rappresentanti della Giustizia e del Tesoro dovrebbero incontrarsi per definire i limiti dell'intervento (che comunque, secondo calcoli degli stessi sindacati, dovrebbe comportare un impegno complessivo di circa 11 miliardi). Lo sforzo finanziario richiesto da altre rivendicazioni del personale civile delle carceri non è stato ancora calcolato: ma quando i direttori chiedono, quasi paradossalmente, «un aggancio al trattamento del personale militare*, intendono ottenere — come già avviene tra gli agenti di custodia —, un abbuono di un anno per ogni cinque di lavoro effettivo ai fini del calcolo della pensione. Il che, per lo Stato, non è altro che una spesa differita. E' proprio su questi scogli che la trattativa, nonostante tutte le preoccupazioni espresse dal ministero, rischia di arenarsi. Il riesame della situazione carceraria, si aggancia a richieste economiche che nel blocco imposto dal governo rischiano di aprire un pericoloso varco. Per il sottosegretario Gargani, il dilemma è proprio questo: cedere dinanzi all'esasperazione di una categoria cosi «rappresentativa» attenuando la tensione del sistema carcerario ma incrementando quella di altri settori, o dire no a tutto, rischiando a metà aprile altri scioperi anche nelle supercarceri? Giuseppe Zaccaria

Persone citate: D'urso, Gargani, Giuseppe Gargara

Luoghi citati: Roma