Sfugge all'ergastolo l'uomo che uccise la moglie, il cognato e ferì una figlia
Sfugge all'ergastolo l'uomo che uccise la moglie, il cognato e ferì una figlia Sentenza della corte d'Assise per la tragedia sull'aia a Verolengo Sfugge all'ergastolo l'uomo che uccise la moglie, il cognato e ferì una figlia Condannato a 24 anni e nove mesi; il pubblico ministero aveva chiesto il carcere a vita In appello: assassinò l'uomo che la insidiava, confermati undici anni all'operaia Fiat 24 anni e 9 mesi di carcere: è la sentenza che la seconda sezione della Corte d'Assise ha pronunciato ieri sera contro Giuseppe Bobba, acculato di aver assassinato la mattina del 10 giugno '79 in una cascina di Verolengo la moglie ed il cognato. L'omicida, nella sua folle sparatoria, aveva ferito di striscio ad una spalla anche uno dei suoi due bambini. Il pubblico ministero Maddalena aveva chiesto per l'imputato l'ergastolo, sostenendo: «Quest'uomo si è macchiato di un delitto architettato con cura e compiuto con spietata determinazione». Per il p.m. Bobba, quindi, aveva ucciso con premeditazione e non in un momento di raptus: Bobba, inoltre, secondo l'accusa, aveva deciso di sopprimere anche i figli; soltanto il caso aveva evitato una tragedia ancora più sanguinosa. Il difensore, Gabri, con un'arringa di tre ore ha contestato punto per punto la requisitoria del pubblico ministero ribadendo che l'imputato aveva soltanto in animo di ammazzare l'amante della moglie, Giuseppe D'Arborio, e che inspiegabilmente invece, in un attimo di ira per le provocazioni e gli insulti della donna e del fratello che le dava man forte, aveva impugnato la pistola e compiuto l'eccidio. Gabri ha aggiunto: «L'omicida è stato descritto dai vicini e da chi lo conosceva bene come un poveraccio; altro che maltrattare la moglie, picchiarla in continuazione. Nella famiglia era proprio lui il succubo, non dimentichiamo che molti l'hanno definito un cane bastonato». Il difensore ha contestato che il suo assistito volesse compiere un massacro eliminando anche i figli, Luciano ed Emiliana, di 14 e 11 anni. «Il bambino, nell'udire gli spùri, ha avuto la prontezza di nascondersi sotto il letto, la sorella, meno svelta, è stata ferita accidentalmente». I giudici sono rimasti in camera di consiglio circa un'ora. Hanno escluso la premeditazione, concesso le attenuanti generiche e assolto, per insufficienza di prove, l'assassino dall'accusa di tentato omicidio della bimba. Bobba ha accolto la sentenza con un pallido sorriso, poi ha scosso la testa. Se n'è andato tra i carabinieri rivolgendo cenni di saluto ai famigliari ed agli amici. Nell'attendere il verdetto, seduto nella gabbia, Bobba aveva scambiato alcune battute coi parenti. Ad uno che lo incoraggiava: «Forza, vedrai che non ti danno l'ergastolo», aveva risposto con rassegnazione: «Ma tanto ormai, per me, la vita che cosa può riservare? Penso a Luciana ed Emiliana: la loro mamma è morta e il padre è in galera». * Confermata in appello (11 anni e mezzo di carcere) la sentenza per Concetta Trimboli, 31 anni, operaia Fiat che nel settembre '76 uccise a rivoltellate l'uomo che la insidiava, Quintino Seccia, 40 anni, suo compagno di lavoro. I giudici della corte d'assise d'appello (pres. Ricca Barberis) sono stati comprensivi: hanno riconfermato alla donna le attenuanti generiche e della provocazione già concesse in primo grado. Il pg more aveva chiesto 16 anni di reclusione. Di difensori, gli avvocati Geo Dal Fiume e Gianaria. All'imputata è stato condonato anche un anno e mezzo di reclusione per cui, calcolando che è in carcere dal settembre '76, Concetta Trimboli potrebbe uscire in semilibertà nei prossimi mesi. E' la storia del solito triangolo che, nel caso specifico, pare sia rimasto incompleto. La Trimboli ha sempre negato di aver ceduto alle attenzioni dello spasimante. Il tutto sarebbe cominciato in un reparto della Fiat dove i due lavoravano. Qualche occhiata, poche parole garbate, nulla più per un lungo periodo. All'improvviso, secondo il racconto della donna, l'uomo si fa aggressivo e insistente. Lei vuol rompere, lui la minaccia: «Lo dico a tuo marito». E il pomeriggio del 6 settembre, quando l'imputata si vede davanti alla porta di casa il Seccia, ha un momento di crisi: afferra la pistola e spara. «Ha agito per evitare uno scandalo, era terrorizzata» hanno sostenuto i difensori e la corte ha accolto la tesi. Ieri in aula la Trimboli ha pianto per tutta l'udienza. if Rapina l'altra sera in via Tagliaferro 21, a Moncalieri, nel negozio di pettinatrice di Margherita Santi, 26 anni. Tre giovani hanno portato via 30 mila lire.
Luoghi citati: Moncalieri, Verolengo
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