Le rivelazioni di due «pentiti» forse saranno utili alia difesa di Susanna MarzollaGiulio Anselmi

Le rivelazioni di due «pentiti» forse saranno utili alia difesa Ultime udienze al processo Torregiani Le rivelazioni di due «pentiti» forse saranno utili alia difesa Alcuni imputati hanno «parlato molto» nella complessa vicenda, venata di terrorismo, ma i dubbi rimangono - Anche i testimoni indecisi: gli assassini furono quattro o cinque? - Lunedì parla il p.m. MILANO — Altri due «pentiti» e le udienze sono finite. Adesso al processo per l'uccisione del gioielliere Torreggiarli la parola passa al pubblico ministero, che parlerà lunedi, e agli avvocati difensori. Il ruolo dei «pentiti» in questo processo è stato notevole, ma è difficile dire se alla fine, abbia più giovato all'accusa o alla difesa. Ieri ad esempio è stato ascoltato Giulio Anselmi. Ha detto che il collettivo della Barona non aveva nulla a che fare con il terrorismo, svolgeva «politica di massa» e la sede di via Palmieri «non è mai stata un covo di proletari armati per il comunismo» almeno fino all'epoca in cui lui l'ha frequentata. Infine, dopo aver definito Gabriele Grimaldi e Giuseppe Memeo suoi cari amici, ha aggiunto che per lui «i pac erano una marca di patatine». Nessun elemento importante è venuto anche dall'altro «pentito» di ieri, Lorenzo Feneri, il quale si è limitato a testimoniare su armi viste jn casa di Enrico Pasini Gatti.~E' stato semmai quest'ultimo uno dei principali elementi di accusa. Ha coinvolto nel delitto tre degli imputati : Memeo, Sebastiano Masala e Sante Fatone, ma solo per «sentito dire» e la sua presunta fonte di informazione, Mario Ferrandi, non ha potuto né confermare né smentire perché è a Londra in attesa di estradizione. Inoltre su altri episodi inerenti al processo (una rapina, acquisti di armi) è stato smentito da un altro «pentito» Maurizio Mirra, durante un acceso confronto in aula. Enrico Pasini Gatti è stato interrogato a più riprese : si è contraddetto diverse volte e la difesa ha avuto buon gioco nel farlo apparire un testimone non certo dei più attendibili. Un altro «pentito accusatore» è stato Sergio Martinelli: il quale ha accusato del delitto Gabriele Grimaldi. Ma è stato smentito in pieno da Michele Viscardi, indicato proprio come la sua «fonte d'informazione»: quel Viscardi, accusato di sette omicidi per Prima linea che ha deciso di collaborare con la magistratura, ha fatto arrestare diverse persone e ha dichiarato chiaramente che non avrebbe avuto alcuno scrupolo a denunciare gli uccisori dell'orefice «se sapessi chi sono». C'è stato anche Marco Barbone l'assassino del giornalista Tobagi: non ha detto nulla sul delito se non, cosa pacifica, che era da attribuire ai «pac». Ha parlato di riunioni per unificare gruppi clandestini, di armi, di azioni progettate. Ha tirato in ballo tre imputati: Luigi Bergamin, Mario Moretti e Cesare Battisti, ma questi ultimi due gli hanno risposto descrivendolo come un personaggio assai ambiguo. Come uno che -chiede ospitalità, lascia in casa una borsa, poi sparisce. La mattina dopo arriva la polizia e quella borsa è piena di armi». Infine un posto tutto particolare merita Walter Andreatta. Anche lui imputato nel processo (banda armata) è stato in un primo tempo il principale accusatore di Memeo e Grimaldi, poi ritrattò tutto. In aula ha mantenuto e spiegato questa sua ritrattazione con le minacce e le percosse che avrebe ricevuto in questura. Se incerto è stato in questo processo il ruolo dei «pentiti», altri dubbi, più che certezze, sono venuti dalle deposizioni dei testimoni oculari. La corte è stata anche dove venne ucciso l'orefice, per ricostruire il delitto in ogni mimmo dettaglio. Il risultato è stato che da nessuna testimonianza è venuta la conferma che i partecipanti al «commando» fossero cinque, anzi tutti sono stati concordi nell'averne visti solo quattro. Secondo il rinvio a giudizio infatti all'uccisione di Torreggiarli, parteciparono in cinque: oltre a Grimaldi, Masala, Fatone e Memeo ci sarebbe stato Pietro Mutti. Un nome che si è sentito ben poco in questo processo e che la testimonianza di Angelo Franco (imputato di banda armata) e di sua madre ha tentato di scagionare. Pure la descrizione fisica degli assassini può lasciare spazio a dubbi Innanzitutto nessuno ha riconosciuto gli imputati, poi c'è il particolare delle stature che la difesa ha cercato di far mettere in rilievo. Tutti hanno descritto uno sparatore come «piuttosto alto» e di un complice più basso. Sono arrivate alla corte le stature «ufficiali» degli imputati, registrate all'ufficio di leva: la differenza massima è di sei centimetri tra gli 1,67 di Masala e gli 1,73 di Fatone. Un arco di «altezze» non particolarmente elevate. Susanna Marzolla Milano. La deposizione di Giulio Anselmi, imputato pentito

Luoghi citati: Londra, Milano