L'«Iliade» in dialetto è un best-seller nella battaglia della lingua in Sardegna di Liliana Madeo

L'«Iliade» in dialetto è un best-seller nella battaglia della lingua in Sardegna Su un milione e mezzo di abitanti i sardofoni sono oltre 800.000 L'«Iliade» in dialetto è un best-seller nella battaglia della lingua in Sardegna In questi tempi fa «boom» in Campidano, nel Logudoro, in Barbagia - La musica locale tocca record eccezionali, il teatro isolano ha dato vita a innumerevoli circuiti SASSARI — Per chi si ostinava a studiare i problemi dell'identità e della lingua sarda, fino a qualche anno fa l'accusa del pei era di «andare a caccia di farfalle dentro i nuraghi». Adesso — dietro la pressione dell'ala sassarese del partito e dopo un importante convegno svoltosi proprio in questa città, con la partecipazione di De Mauro, Giovanni Berlinguer, Reichlin — c'è stata, «se non proprio una svolta, una importante correzione di linea». uscendo dall'atteggiamento «contraddittorio, sovente chiuso e settario» tenuto nei confronti del bilinguismo e del progetto di legge di iniziativa popolare, come ammette Antonello Mattone, storico, docente all'università di Sassari, comunista. Nel frattempo il numero dei «cacciatori di farfalle» si è gonfiato fuori da ogni previsione. Su un milione e mezzo di abitanti, si calcola che i sardofoni siano tra i 500 e gli 800 mila. Parlano varie «lingue», le principali sono il campidanese, il lugudorese-barbaricino. il gallurese. Dopo un lungo letargo si sono svegliati. E sono diventati grandi produttori e consuma¬ tori di cultura sarda e sulla Sardegna. Una biografia di Velio Spano è stata venduta in 5 mila copie. I versi del poeta contemporaneo Remundu Pirsa e di Piero Mereu, socialista dell'800. ex carabiniere, spettatore delle repressioni popolari di fine secolo a Milano e delle lotte minerarie nell'isola, sono stati pubblicati, in sardo e senza testo italiano a fronte, in 10 e 7 mila copie. Si vende persino una versione in sardo di Iliade e Odissea: l'ha scritta il sindaco di Sen- nori. provincia di Sassari, Antoninu Rubattu, e costa 20 mila lire. La musica sarda tocca record da inflazione. Il teatro ha dato inta a circuiti spontaneamente stabili. Il repertorio è vario. Si va dal recupero di testi della tradizione orale (uno dei più diffusi è sui moti della metà dell'800 nel Nuorese, capeggiati da una donna, Paschedda Zanu), a vicende che si innervano direttamente nella realtà attuale (una compagnia di Orune, in Barbagia, diretta da una donna, da anni rappresenta un dramma sulla necessità di spezzare la catena degli omicidi con cui si soddisfa l'esigenza di giustizia popolare), a opere -colte» (coinè i due testi scritti da Leonardo Sole, linguista, docente all'università di Sassari, socialista: una versione in sardo di -Fontana Ruja» di Lope de Vega e -Pedru Zara», storia di un emigrato che ritorna, divorato dalla disperazione e dalla follia). In questa battaglia per la lingua le sfumature e le aspettative sono diverse. Per semplificare al massimo, due sono le linee fondamentali. Alcuni vedono nella lingua il fulcro di ogni altra rivendicazione, e nella soluzione della questione la soluzione del complesso nodo di problemi cui si riconduce la questione sarda. Per altri la lingua è -uno» degli strumenti capaci di attivare un più vasto processo di presa di coscienza di sé in direzione an (isolazionista. «Il problema è di dare ai sardi la possibilità di sviluppare una conoscenza più precisa della propria storia e di "frequentare" più razionalmente e intensamente le espressioni della propria cultura regionale e di produrne di nuova» dice il prof. Manlio Brigaglia. docente di storia all'università di Sassari, uno degli intellettuali e organizzatori di inta culturale più autorevoli. «La lingua è solo un aspetto della battaglia complessiva per la rinascita dell'isola. E' una rivendicazione che deve andare di pari passo con quelle per la riconversione industriale, la revisione delle servitù militari, il varo della famosa riforma pastorale che non s'è fatta e che — in una zona dove si concentra un terzo dei capi ovini d'Italia — di fatto ha espulso dalle campagne migliaia di pastori, un'amministrazione della giustizia che sia almeno adeguata numericamente» dice Paolo Pillonca, giornalista anche in sardo della rivista bilingue -Nazione Sarda», direttore editoriale di una collana di poesie in lingua. Adesso che si è fatta fragorosa, la pressione dei ne<ysardisti sembra incontenibile. Ma la gestazione del fenome¬ no viene da lontano. «Questo — dice il prof. Brigaglia — è uno dei segni più alti della crisi che ha investito la Sardegna. Qui, negli ultimi trent'anni. è avvenuta una catastrofe antropologica. In questo periodo l'isola è cambiata più di quanto lo avesse fatto durante tutta la sua storia. Trent'anni fa era più vicina al medioevo che alla Sardegna di oggi. Sono scomparsi i costumi isolani, sono state spazzate via l'agricoltura e la pastorizia, è dilagato il terziario, l'analfabetismo è passato dal 25 al 6 per cento. Negli Anni Sessanta è sopraggiunta poi l'illusione di una rapida industrializzazione, che avrebbe collocato la Sardegna nel cuore di una rinascita europea. I miliardi di investimento, il famoso piano di rinascita si sa come sono andati a finire. «A quel punto — prosegue il prof. Brigaglia — ci si è accorti che ci avevano tolto tutto, anche la nostra memoria. Ecco, allora, per ricominciare tutto daccapo, ricominciando col riappropriarci della nostra lingua, come è nata questa esigenza di un ritorno alla cavità materna, alle origini, all'alveo della massima sicurezza». Liliana Madeo

Persone citate: Antonello Mattone, De Mauro, Giovanni Berlinguer, Leonardo Sole, Manlio Brigaglia, Paolo Pillonca, Piero Mereu, Reichlin, Ruja, Vega