Moser nega la Sanremo al nemico Saronni

Moser nega la Sanremo al nemico Saronni I nostri «eampioni» offrono la vittoria agli stranieri: 1° per distacco il belga De Woìf | Moser nega la Sanremo al nemico Saronni La «guerra» scoppiata alla Tirreno-Adriatico ha condizionato l'epilogo della corsa - Francesco aveva promesso di far perdere il campione d'Italia e ci è perfettamente riuscito, pronunciando all'arrivo accuse gravissime contro il suo rivale - De Vlaeminck si aggiudica lo sprint del gruppo a 11" dal vincitore - Hinault, coinvolto in una caduta, si è ritirato prima del Poggio DAL NOSTRO INVIATO SPECIALE SANREMO — I fiori della Milano-Sanremo, la coppa della Milano-Sanremo, i soldi della Milano-Sanremo dovrebbero essere mandati dal vincitore, il belga Alfonso «Fons» De Wolf, a Francesco Moser, corridore italiano, ieri suo perfetto gregario. Sarebbe il minimo. Moser poi provvederebbe a smistare magari i fiori e la coppa a Giuseppe Saronni, altro corridore italiano, per farlo ulteriormente arrabbiare. Il gioco risulterebbe se non altro divertente. Soluzioni migliori, sul piano del divertimento, non riusciamo a individuare. Sul piano dello sport, esistono, ma non riguardano il ciclismo, riguardano ormai il pugilato: Moser e Saronni sono maturi per una scazzottatura. Anzi, noi pensiamo che al punto in cui sono, non possa esistere soluzione migliore di un bel western, i pugni al posto delle pistole visto che i due debbono ancora gareggiare per alcuni anni. Una rivalità così non si annulla, si consuma, meglio se in fretta. Ma cosa è accaduto? Molto semplicemente che Moser, uomo di parola, partito col proposito di far perdere Saronni, c'è perfettamente riuscito. Sincero sino allo spasimo, Francesco lo ha ammesso. Sempre ha contrato i tentativi di Saronni, nel finale ha spedito avanti il suo Minetti oltre che se stesso per sfiancare Saronni nell'inseguimento, quando è andato via De Wolf non si è mosso: -Potevo benìssimo andare a prenderlo, ma avrei consegnato la Sanremo a SaronnU. Sin 11, sino ai primi metri della discesa del Poggio, dunque sino a tre chilometri dalla fine di una corsa di duecentottantotto chilometri, la settantaduesima Milano-Sanremo era stata tutta una serie di tentativi. Duecento corridori, dei duecentosettantuno partiti, superstiti al Turchino, al Mele, a Cervo, erano ancora insieme ai piedi del Capo Berta, quando una caduta spaccava in due il gruppone, togliendo di mezzo Hinault (comunque sin 11 mai nelle prime posizioni). Magrini e De Cnijf sul Berta, dove stamane viene inaugurato il cippo a Girardengo e Coppi, e poi Jonkers, Scheppers, Priem, Schmutz, Willems, Rabottini, persino Raas (tanta Olanda, un po' d'Italia, di Svizzera e di Belgio) uscivano in brevi fughe, continuando a tenere alta la media (43,081 alla fine). Dopo la sana elettricità della, prima parte, tutti in gruppo ma un gran bel gruppo, allungatissimo, quaranta secondi cronometrati dal primo all'ultimo della fila. Sul Poggio prima De Witte, belga di buon nome, poi Minetti, un neo prò di Moser, infine Mutter uno svizzero «primaverile» primo sulla finta vetta, facevano qualcosa: Saronni cuciva il gruppo, non ne aveva più quando De Wolf andava via. Nella volata per il secondo posto, lo stesso Saronni, sbattuto quasi fuori strada all'ultima curva, non poteva conquistare—si fa per dire — il suo quarto secondo posto consecutivo. La vera Sanremo si è dispu tata prima del via da Milano, e durerà a lungo. Stando al l'esito di ieri e alle parole di Moser, Saronni è una vittima. E Moser accusa Saronni di molte colpe, che elenchiamo con succinte spiegazioni: 1) presupponenze da primo del' la classe; 2) sarcasmo anagra fico, tecnico e tattico nei riguardi dello stesso Moser; 3) millantato credito; 4) truffa. L'ultima accusa è gravissima: nella recente Tirreno-Adriatico, vinta da Moser, Saronni avrebbe avuto dallo stesso Moser collaborazione nella tappa di Civitanova, zona del patron di Saronni. Impegnato a restituire il favore, il giorno dopo a Montegiorgio Saronni avrebbe dimenticato le promesse, andando a prendere Moser e battendolo di nuovo in volata. Non è il caso di cercare torti o ragioni: il manicheismo qui non esiste. La rivalità fra i due è fisiologica, professionale, diremmo, e non vogliamo fare nessuna retorica invocando i superiori interessi del ciclismo italico. A questo punto, fra l'altro, nella rivalità si può rintracciare, positivamente, fierezza loro e divertimento nostro. Anziché cercare di eliminarla — solo sulla carta poi — con appelli sonanti, ipotesi fasulle, esercizi deamicisiana proviamo a godercela cosi com'è. Tanto più che non c'è altro da fare. Nelle pieghe della rivalità, ieri ha vinto bene De Wolf, corridore sinora reputato «d'autunno», fisico stupendo, volto da Helmut Berger in bello. Forse verrà fuori presto qualche italiano. Ieri un certo Claudio Torelli, quarto dopo De Vlaeminck e Bossis, è stato il migliore dei nostri, ma la Sanremo è una corsa assurda, troppo lunga e intanto quasi idiota come percorso, visto che la moderna preparazione permette di trangugiarlo facilmente: non può servire come ribalta. Serve caso mai per esercizi piccini di corridori grandi. Molta, moltissima ieri la geme, sole in Lombardia e Piemonte, cielo coperto in Liguria. Gian Paolo Ormezzano Ordine d'arrivo: 1. Alfons De Wolf (Belgio), 288 km in 6 ore 41'6", media km 43,081; 2. De Vlaeminck (Belgio) a 11" ; 3. Bossis (Francia); 4. Torelli; 5. Kehl (Germania); 6. Van Calster (Belgio); 7. Maertens (Belgio): 8. De Wilde (Belgio); 9. Martinelli: 10. Gavazzi. Seguono: 33. Saronni; 39. Moser, tutti col distacco di De Vlaeminck. Sanremo. La smorfia di Moser