Brusco risveglio di Renato Cantoni
Brusco risveglio Brusco risveglio L'insperata e impensabile vertiginosa rivalutazione delle riserve auree italiane ha giocato un cattivo scherzo al nostro Paese: i 40 miliardi e più di dollari, che valeva lo stock di oro depositato nei forzieri della Banca d'Italia, rappresentando una garanzia più che sufficiente per trovare prestiti oltre confine, hanno permesso ai governanti di ignorare la realtà politica economica e sociale rimandando sine die decisioni che ora sono diventate indilazionabili. In questo modo 10 scorso anno la situazione monetaria non ha dato soverchie preoccupazioni nonostante un deficit commerciale allucinante: circa 18.000 miliardi pah a 1500 miliardi mensili. Era un ritmo insostenibile e la Banca d'Italia non mancò di lanciare ripetute grida d'allarme. Ci volle il forte rialzo del dollaro per decidere governo e autorità monetarie a prendere alcune misure (quelle di metà gennaio) che scatenarono una dura polemica fra il ministro del Tesoro, Andreatta, e quello del Bilancio, La Malfa, l'uno appellandosi alle ripristinate prerogative sul controllo della moneta da parte del suo dicastero, e l'altro lamentando la stoccata micidiale inferta al nascente «piano» triennale che doveva risolvere molti problemi del nostro Paese. Ci si accorge ora che quella era una tempesta in un bicchier d'acqua di fronte all'uragano che si profilava all'orizzonte. In gennaio e febbraio il deficit dei nostri conti con l'estero ha mantenuto, se non addirittura superato, gli inaccettabili livelli del 1980 e per di più le contromisure prese dalla Germania per contrastare l'ascesa del dollaro e il calo delle riserve valutarie (principalmente un forte rialzo dei tassi e la liberalizzazione degli investimenti in titoli dall'estero) hanno rafforzato notevolmente 11 marco provocando un'emorragia di valuta dall'Italia che negli ultimi giorni è diventata preoccupante. L'Italia, infatti, non possiede imponenti quantità di valute convertibili e neanche è pensabile, in caso di necessità, una sollecita e imponente smobilitazione delle riserve auree. Ricorrere allora, in forma più massiccia, all'indebitamento sull'estero? Sarebbe capovolgere la strategia impostata in gennaio che puntava proprio sulla riduzione del ricorso a prestiti a breve termine limitandoli solo al finanziamento delle esportazioni. In quanto all'indebitamento a medio-lungo termine non è possibile forzare i tempi dopo quanto è accaduto in occasione del prestito per i terremotati, forse male impostato, ma che ha mostrato quanto ridotti siano i margini di manovra in questa direzione, con un Paese come il nostro che esporta mensilmente per circa seimila miliardi e importa per oltre settemila. E' sufficiente la prospettiva di una crisi valutaria e di una correzione del cambio per provocare spostamenti nei conti di 4-5 miliardi di dollari, il che prosciugherebbe in un baleno le disponibilità della Banca d'Italia in moneta immediatamente spendibile. Potrebbero esser reperiti in breve tempo cospicui fondi di emergenza, all'estero, ma ciò non risolverebbe i problemi e ritarderebbe la fatale conclusione solo di pochi giorni o poche settimane. Con un differenziale d'inflazione del 10-15% rispetto agli altri Paesi industriali le manovre monetarie sono semplici palliativi e cosi è stato a partire dal nostro ingresso nello Sme due anni or sono. Il governo e le parti sociali sono vissute in questo periodo in una sorta di nirvana monetario, preoccupati soprattutto di battagliare su questioni di potere e •corporative per gretti motivi di tattica politica, perdendo in tal modo tempo prezioso. Ora dobbiamo fare bene attenzione a quanto può accadere: all'estero indubbiamente riapriranno gli occhi e i finanziamenti diventeranno più onerosi. Se non ci fosse il famoso oro saremmo già una specie di Polonia dell'Occidente. Potrebbe rispuntare quel «rischio Italia» che è stato alla radice della crisi della lira nei primi mesi del 1976. Esaminando il bilancio dello Stato e il suo enorme deficit non vi è esperto al mondo che non ci considererebbe alla vigilia della bancarotta. E' giunto il momento perciò di una decisa presa di coscienza. Renato Cantoni
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