De Michelis sfida il deficit chimico

De Michelis sfida il deficit chimico Il ministro delle Partecipazioni Statali in 5 anni intende pareggiare i conti del settore De Michelis sfida il deficit chimico Il passivo 1990 si aggirerebbe sui 2800 miliardi, per coprirlo è necessario che la produzione cresca del 5,8 per cento l'anno, ma il ritmo d'incremento dovrebbe superare il 6 per cento nel comparto secondario TORINO — Importazioni per 6995 miliardi, esportati per 4433; disavanzo di 2562 miliardi. Questi i dati della bilancia chimica italiana nei primi 11 mesi dell'80 cosi come sono stati comunicati nei giorni scorsi dall'associazione delle industrie chimiche. Un 20 per cento in più rispetto all'anno prima in termini monetari, anche se gli acquisti all'estero sono cresciuti solo dello 0,4 per cento mentre le vendite sono salite dell '1,6. Il rosso nella bilancia commerciale della chimica negli ultimi anni è aumentato costantemente in misura vistosa: il deficit era di 571 miliardi nel 77, di 1266 miliardi nel '78, di 2285 nel '79 e sarà forse, a conti fatti, non lontano da 2800 miliardi per il 1980. Il pareggio della bilancia commerciale nel giro di 5 anni è uno degli obiettivi del piano chimico presentato il mese scorso dal ministro delle Partecipazioni Statali, Gianni De Michelis. Come dovrebbe essere ottenuto? «Attraverso un recupero delle posizioni perdute nel campo della chimica primaria e un marcato sviluppo della chimica fine e secondaria» dice il piano. Per ottenere questo risultato la produzione dell'intero settore dovrebbe crescere ad un ritmo del 5,8 per cento l'anno, ma con un ritmo superiore (6 per cento) nel comparto della chimica secondaria. Una'crescita superiore alla media dovrebbe essere realizzata per gli elastomeri, per le materie plastiche, le resine, per gli ausiliari chimici, la farmaceutica, gli intermedi per coloranti, che incidono per il 60 per cento negli scambi con l'estero. In sintesi ecco le previsioni del piano chimico per le principali produzioni: lì dovranno risultare «sensibilmente attive» te materie plastiche, le resine, le fibre sintetiche, i farmaceutici; 2) dovranno tornare in equilibrio i prodotti organici di base, i fertilizzanti, le gomme sintetiche, gli antiparassitari, le colle, gli adesivi, i cosmetici; 3) dovranno ridurre il disavanzo gli ausiliari per l'industria, i composti organici fini, i coloranti e i loro intermedi, i gas tecnici, i detersivi, i prodotti per la casa, te essenze naturali e sintetiche, i tannini, la chimica agraria; 4) dovranno migliorare l'attivo i fiammiferi, gli inchiostri, pitture e vernici, gli elettrodi; 5) saldi «inevitabilmente negativi» avranno invece i materiali sensibili e in parte i pigmenti organici «per i quali esiste una posizione di oligopolio di un ristretto numero di potenti multinazionali estere». Alla base di questi possibili risultati dovrà però esserci un deciso recupero di produttività. Secondo l'analisi del piano, nella chimica primaria la produttività del lavoro è sui livelli dei concorrenti internazionali, mentre è «fortemente squilibrato verso il basso» il rapporto tra il valore della produzione e le spese generali. E'quindi necessario «restituire flessibilità all'impiego del fattore lavoro per consentire l'attuazione di scelte produt¬ tive, comportanti di volta in volta la chiusura di unità obsolete o il potenziamento di attività interessanti» e restituire ^fertilità economica» alle strutture amministrative delle grandi imprese. Nella chimica derivata (soprattutto fibre) e nella secondaria deve essere colmato un sensibile divario di produttività nei confronti della concorrenza Le stesse industrie chimiche ritengono necessario un ricupero di produttività del 6 per cento l'anno dall'SO all'85. Ma il piano avverte (e l'avvertimento è evidentemente diretto soprattutto ai sindacati) che «per il recupero della flessibilità dell'impiego del fattore lavoro è possibile fin d'ora individuare come irrinunciabile la mobilità all'interno di una medesima area geografica tra stabilimenti o imprese appartenenti ad uno stesso gruppo o anche a gruppi diversi del medesimo settore». Quanto alla strategia di mercato per realizzare il riequilibrio della bilancia chimi¬ ca il piano De Michelis dà una serie di indicazioni. Sui mercati europei, e in genere su quelli dei Paesi dell'Ocse, le imprese italiane possono migliorare la loro posizione nelle materie plastiche, nelle fibre, nei detersivi e con possibilità minori nei prodotti organici e farmaceutici; in Africa esistono buone possibilità per materie plastiche, fertilizzanti, fitofarmaci, detersivi, pitture e vernici; minori prospettive sono offerte dall'America centro-meridionale e dall'Asia che richiedono soprattutto farmaceutici e materie plastiche. « Importanti' sono invece definite le opportunità offerte dai Paesi dell'Opec per farmaceutici, detersivi, pitture e vernici e, a più lunga -scadenza, le fibre e le materie plastiche. Per quanto riguarda infine i Paesi ad economia pianificata si dovrebbero mantenere le posizioni nelle fibre, nei prodotti di base e negli ausiliari per l'industria. . Vittorio Ravizza

Persone citate: De Michelis, Gianni De Michelis, Vittorio Ravizza

Luoghi citati: Africa, America, Asia, Torino