Un funzionario di Sindona ha spiegato come si «versavano» i fondi alla cd di Sandra Bonsanti

Un funzionario di Sindona ha spiegato come si «versavano» i fondi alla cd Interrogato dai commissari che indagano sul bancarottiere Un funzionario di Sindona ha spiegato come si «versavano» i fondi alla cd Silvano Fon tei lo ha parlato di meccanismo «micidiale» - Giri di assegni, di firme false, di depositi trasferiti da una banca all'altra - Due miliardi per la campagna antidivorzio ROMA — Un meccanismo •micidiale»; Silvano Pomello, già funzionario dell'ufficio di presidenza del gruppo di Sindona. ha così definito ieri il sistema escogitato dal banchiere di Patti per versare fondi nelle casse della democrazia cristiana. Attraverso un diabolico giro di assegni, di firme false, di depositi trasferiti da una società all'altra, da una banca all'altra, alla fine non restava traccia di nulla, i miliardi era come non fossero mai esistiti, mai pagati, mai ricevuti. Un esempio: «Ero l'aprile del 74 — ha cominciato a raccontare il funzionario ai commissari raccolti nella sede di Palazzo San Macuto — quando Sindona mi chiamò. Mi disse che avrei dovuto sostituire suo genero Magnoni in un'operazione della massima importanza. E mi dette 24 ore di tempo». Era la vigilia del refe¬ rendum sul divorzio e la de aveva urgente bisogno di denaro. Ed ecco come, ai commissari strabiliati, Pontello ha spiegato quel meccanismo sindoniano. In tutto bisognava far arrivare nella sede di Palazzo Sturzo all'Eur due miliardi. Furono consegnati in tre tempi: Pontello mise nella sua valigetta prima un miliardo, poi. per due volte, 500 milioni. Le banconote furono prese in consegna dall'avvocato Scarpitti e da Filippo Micheli, cassiere del partito. L'operazione bancaria, ha detto Pontello, era stata coordinata in modo tale che formalmente la somma erogata risultava «azzerata». I soldi figuravano passati da una società di Sindona (la Huberi) alla Usiris e alla Polidar (società con sede nel Liechtenstein della quale erano responsabili Scarpitti e Miche¬ li). Le due società «incrociarono» le somme, e le depositarono a loro volta una nella Aminkor Bank di Zurigo e l'altra nella Finabank di Ginevra. Chiaro? ha domandato Pontello. I commissari si sono presi qualche istante per riflettere. Poi hanno capito che la de mentiva quando, riferendosi a quei soldi, sosteneva che erano «prestito» di Sindona. Non prestito, bensì «regalla», e tanto ben congegnata che non restava da nessuna parte traccia del creditore o del debitore. Quei due miliardi, ha spiegato Pontello, servivano probabilmente per la campagna contro il divorzio. Ma perché, gli è stato chiesto. Sindona era così disponibile a pagare? Qui sono state fatte diverse ipotesi, e la prima che Sindona ringraziasse per la nomina di Mario Barone alla carica di i e , a a i a i o e amministratore delegato del Banco di Roma, un posto dal quale Barone avrebbe potuto dargli una mano. La nomina era avvenuta da poche settimane. Pontello ha parlato di sé definendosi un esecutore fedele e silenzioso di ordini Quindi non in grado di conoscere le cose più segrete. Ma ha aggiunto che Scarpitti ri ceveva 15 milioni al mese per le sue prestazioni, che questi soldi arrivavano in due tranches uguali, da Banca Unione e Banca Privata Finanziaria. Ha poi raccontato dì quando Sindona, saputo che la Banca d'Italia aveva bisogno di dol lari, offrì la collaborazione della Franklin, per un totale di 100 milioni di dollari. Nel pomeriggio è toccato a Pietro Macchiarella, già am ministratore delegato della Banca dell'Agricoltura, molto vicino ad Andreotti, andato poi a finire nel gruppo delle banche di Sindona come presidente della Banca Privata Italiana. Macchiarella ha detto che accettò l'incarico per che a insistere era stato anche Guido Carli, governatore della Banca d'Italia. Lui fu «travolto» dall'ambien taccio in cui si accorse d'essere stato catapultato. Non sapeva nulla dei soldi ai partiti, se non per un versamento di 200 milioni che fu fatto all'ufficio studi di Andreotti: un episodio, questo, che risultava del tutto nuovo alla commissione. Macchiarella è stato interrogato a lungo anche dai magistrati di Milano: a loro aveva detto che il suo ingresso nel gruppo Sindona fu dovuto soprattutto a Pier Sandro Magnoni. il quale «non era uno qualsiasi e senza di lui non si muoveva una foglia». Sandra Bonsanti

Luoghi citati: Ginevra, Milano, Patti, Roma, Zurigo