L'addio del «Piccolo» a Paolo Grassi di Paolo Grassi
L'addio del «Piccolo» a Paolo Grassi Il saluto di Strehler e poi tre boccioli di rosa L'addio del «Piccolo» a Paolo Grassi DALLA REDAZIONE MILANESE MILANO — Luci dirette, come per una «chiamata», garofani rossi, e la voce di un amico, del suo compagno di strada, Giorgio Strehler. Cosi il suo teatro, il Piccolo, e con esso la gente senza nome, ha dato l'addio a Paolo Grassi. Un addio semplice sulle note di Mozart. 'Quel po'di musica tanto amata», come ha detto Strehler. Ha salutato il suo amico, gli ha indirizzato una lettera senza risposta. La figura di Grassi, di quest'uomo difficile e contraddittorio, amato e odiato in egual misura, è emersa dalle frasi di Strehler a poco a poco. L'orazione di Strehler è stata dura. E' terminata spiengando come Paolo sia morto di troppo lavoro ma anche di crepacuore. L'amico fraterno ha accusato determinati ambienti politici di avere ostacolato l'opera di Grassi. La polemica è stata condotta, mai esplicita, contro tutto il sistema delle lottizzazioni che Grassi più volte aveva condannato con parole durissime; 'Mi ha nauseato» aveva detto in parecchie occasioni. Poi Strehler è stato più esplicito e più diretto con il psi, il partito suo e dell'amico. Ricordando un episodio al Comitato Centrale che ebbe per protagonisti i due di via Rovello e Sandro Pertini ha detto: 'Quel Comitato Centrale da cui sei stato escluso non si capisce perché». Egli fu un uomo di teatro, il suo difficile mestiere di vivere, 'il divino egoismo per la sua missione»: questo è il ricordo di Paolo Grassi, che è anche ricordo di improvvise collere, di gesti non capiti, di errori e facili entusiasmi. La storia di Grassi, ha detto Strehler, è anche la storia di un teatro, quello che ieri lo ha salutato, che per lui e per i suoi compagni è stato casa e famiglia. Per questo l'ultimo incontro si è svolto qui, per questo è stato Strehler stesso a curarne la coreografia, le musiche. perché «è una cerimonia di teatranti, di gente di palco e piazza». Ma ha soprattutto parlato dell'idea del mito in cui Grassi, e lui stesso, hanno sempre creduto, quello di un teatro e di un uomo di segno diverso. Un socialista all'antica, l'ha ' definito, e perciò incompreso anche in questo. Dunque non il politico, scaltro, non il grande conoscitore di uomini che Grassi fingeva di essere, ma un teatrante innamorato di quel che faceva o forse di un suo personalissimo solitario sogno. 'Addio Paolo, non stancarti più». La voce di Strehler tace e la gente inizia ad uscire dal teatro mentre la bara viene inchiodata. Poi il corteo, tante corone, una tutta bianca di gigli e tulipani, e un solo nome: Valentina. E' anche lei 11. Valentina Cortese, mischiata alla folla, alle personalità, agli uomini di spettacolo, ai ministri Rognoni. Aniasi e Signorello, dietro la moglie e la figlia Francesca. Sono le note dello Stabat Mater di Verdi, intonate dal coro della Scala, a salutare in piazza il sovrintendente. Al cimitero monumentale, la moglie Tina, la figlia Francesca e Valentina Cortese hanno salutato Paolo Grassi ponendogli accanto tre boccioli di rosa.
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