L'Italia è ancora grande potenza? di Arrigo Levi

L'Italia è ancora grande potenza? L'Italia è ancora grande potenza? L'Italia è o non è una gran de potenza? Deve o no essere uno degli Stati-guida dell'Alleanza Occidentale? Ci ha riproposto questi quesiti un importante rapporto sulla «sicurezza dell'Occidente», di cui sono autori i direttori (Winston Lord, David Watt, Thierry de Montbrial e Karl Kaiser) dei Quattro più autorevoli istituti i politica internazionale americano, inglese, francese e tedesco. A pochi giorni dal Consiglio europeo di Maastricht, che discuterà le grandi linee della politica estera dell'Europa tra Reagan e Breznev, i temi discussi in questo documento hanno una straordinaria attualità. Il rapporto dei Quattro, nel discutere «quello che è cambialo e quello che si dovrebbe fare» per garantire la sicurezza dell'Occidente nel mondo d'oggi, avanza una proposta che ha fatto molto scalpore: e precisamente, che si costituisca un gruppo di cinque Paesi principali i quali affrontino, con appositi comitati di lavoro, le maggiori crisi internazionali. I nuovi Cinque Grandi dovrebbero essere i Quattro tradizionali (Usa, Gran Bretagna, Francia' e Germania), più il Giappone. Si tratta, "come si vede, di una nuova versione allargata della vecchia idea dei «direttorio», cara alla Francia, e talvolta sperimentata, ma subito abbandonata, perché suscitava sempre le proteste degli assenti, a cominciare dal! Italia. Il solo «direttorio» che oggi esiste è il «Vertice dei Sette», cui partecipano, oltre ai quattro, anche l'Italia, il Giappone e il Canada, ma che ha compiti principalmente economici. Occorre invece, dice il rapporto dei quattro istituti, e con ragione, qualcosa di più, perché il mondo è diventato molto più instabile e la potenza degli Stati Uniti non è più in grado di contenere da sola le tensioni prodotte dalla spinta espansionistica sovietica e dalle instabilità del Terzo Mondo. Non basta più che gli alleati dell'America facciano la loro parte sul fronte europeo. Anche un'America che ha ritrovato, a vantaggio di tutti, la volontà di fare politica mondiale avrà pur sempre bisogno di un maggiore impegno diretto dei suoi principali alleati, anche al di fuori delle tradizionali aree d'intervento. Se tutto questo é vero, si pone però il problema di come Europei e Giapponesi possano assumersi maggiori responsabilità: facendo di più, ma anche pesando di più nella messa a punto e nell'esecuzione della politica occidentale, che deve diventare «un esercizio collettivo». E' questo il problema che i quattro istituti propongono di risolvere, oltre che mediante un rafforzamento del Vertice dei Sette, soprattutto attraverso l'istituzione dei citati gruppi di lavoro dei «Paesi Principali». Il primo di questi gruppi, da istituire subito, dovrebbe riguardare l'insieme dei problemi mediorientali; di esso farebbero parte soltanto i cinque «Paesi Principali», giudicati i soli «capaci di accettare obblighi concreti nella zona in crisi». L'Italia non è inclusa ed è soltanto menzionata nel rapporto tra le potenze che potrebbero essere chiamate a far parte di un altro possibile gruppo di lavoro, se vi fosse una crisi nel Mediterraneo. . Per il rapporto dei Quattro, dunque, l'Italia non ha diritto d'essere inclusa tra gli Stati' guida dell'Occidente. Ora, ha certamente ragione il ministro degli Esteri Emilio Colombo quando osserva che è colpa nostra se continuiamo ad offrire al mondo «il volto di un Paese perennemente in crisi». Cionon dimeno, debbo dire che trovo singolarmente scriteriata l'idea di non includere l'Italia in un ipotetico «direttorio» per il Medio Oriente, e di escluderla senza appello dal nucleo dei «Paesi Principali». I quattro autori dimenticano troppe cose. Senza la determinante decisione italiana di ac cettare i nuovi euromissili, non vi sarebbe stata alcuna risposta della Nato alla minaccia degli SS-20 sovietici. L'appoggio italiano è indispensabile per qualsiasi programma di raffor zamento della presenza aeronavale della Nato nel Mediterraneo, che è a sua volta neces sario per una nuova strategia occidentale d'impegno nel Me -1 n e i n e ei ti e a a o el » i, a n e I a, l i a o-1 aro Oriente (non a caso la Pravda attacca soprattutto l'Italia su questo punto). L'Italia ha garantito l'indipendenza di Malta. E l'Italia ha un sistema di rapporti economico-politici' con i Paesi mediorientali che è del tutto paragonabile per importanza con quelli degli altri maggiori Paesi europei. Ja par- Da un lato, dunque, tecipazione italiana è indispensabile per un nuova politica mediorientale dell'Occidente. D'altro lato, l'idea che si possa dare all'Italia, a questo Paese inevitabilmente esposto a possibili tentazioni terzomondiste terzaforziste, la sensazione di essere escluso dalle fondamentali decisioni politiche dell'Occidente, rivela una straordinaria incomprensione del fatto che, se mai l'Italia facesse una scelta tendenzialmente neutralista, l'intero equilibrio Est-Ovest in Europa andrebbe a pezzi. Il problema non è però soltanto quello della partecipazione o meno dell'Italia a un «direttorio» occidentale. Vi è un problema più generale, che é quello di come si dovrebbe coordinare l'azione dell'ipotizzato «direttorio», e dei gruppi di lavoro speciali, con la totalità dei Paesi dell'Occidente. Inspiegabilmente, il rapporto pressoché ignora questo problema, che è invece fondamentale, perché questo non è il Patto di Varsavia, dove uno comanda e gli altri obbediscono, ma un'alleanza di Paesi democratici e indipendenti. L'idea di costituire gruppi di «Paesi Principali» per certe crisi è attraente. Ma prima di fare una tale scelta bisogna comprenderne le difficoltà intrinseche ed esaminare le alternative. La principale, più volte discussa, è di istituire meccanismi di consultazione permanente, e multilaterale, ossia una sorta di «Cooperazione Politica Europea» allargata all'America e al Giappone, senza esclusione di problemi, o di Paesi. Dentro tale quadro potrebbero anche essere costituiti gruppi di lavoro più ristretti su temi specifici, senza provocare reazioni negative che, se si adottasse la proposta dei quattro così com'è, indebolirebbero l'Occidente, invece di rafforzarlo. E' sicuramente necessario che la politica estera dell'Occidente diventi un «esercizio collettivo». Ma la soluzione proposta dai quattro istituti — il «Direttorio a Cinque» — è il frutto di consultazioni incomplete e di riflessioni spicciative e non rappresenta la soluzione giusta del problema. Questo rapporto è soltanto un contributo di cui bisognerà tener conto: il punto di partenza, non certo il punto di arrivo, di una ricerca ancora tutta da intraprendere. Arrigo Levi

Persone citate: Breznev, David Watt, Emilio Colombo, Karl Kaiser, Reagan, Thierry De Montbrial, Winston Lord