Verranno staccati gli affreschi dalla cupola del Brunelleschi?

Verranno staccati gli affreschi dalla cupola del Brunelleschi? Una proposta destinata a suscitare un ampio dibattito Verranno staccati gli affreschi dalla cupola del Brunelleschi? Secondo lo storico dell'arte Carlo Ludovico Ragghianti, liberandola dai dipinti (non eccezionali), la famosa cupola sarebbe recuperata alla forma originale come fu vista da Leonardo, Raffaello e Michelangelo FIRENZE — Restituire l'interno della cupola del Brunelleschi alla sua bellezza architettonica liberandola dagli affreschi del «giudizio finale» iniziati dal Vasari e continuati dallo Zuccari, oppure restaurare compiutamente gli affreschi senza «staccarli»? Questo l'interrogativo che assilla scienziati e studiosi in questi tempi per i lavori di restauro in corso nella cupola del Duomo di Firenze (diametro metri 45,52, altezza senza la lanterna metri 91) eretta da «ser» Filippo Brunelleschi fra il 1420 e il 1436 con ardite innovazioni rispetto ai tradizionali sistemi di costruzione Nella parte interna che, inizialmente, avrebbe dovuto essere rivestita di mosaico come il battistero antistante il Duomo, la cupola è completamente decorata col grande affresco del «giudizio finale» iniziato dal Vasari (1572-'74) e continuato da Federico Zuccari (1578-79): si tratta di scene popolatissime di figure che ricorrono all'interno su quattro zone sovrapposte e un quinto giro formato da gigantesche figure di profeti. I grandi affreschi, a parte la problematica della staticità, della cupola che ha quasi sei secoli, hanno provocato appunto vivaci discussioni. Le ha introdotte lo storico prof. Carlo Ludovico Ragghianti il quale sostiene, senza perifrasi, che le capacità e risorse tecniche attuali consentono di staccare gli affreschi sovrapposti all'architettura e di rimontarli altrove utilizzando la stessa cupola metallica allestita anche per i controlli statici; in tal modo la cupola del Brunelleschi — egli afferma — liberata da affreschi non propriamente eccezionali, anzi mediocri, sarebbe recuperata alla forma originale come fu vista da Leonardo, da Raffaello e da Michelangelo. Questa soluzione, sostiene Ragghianti, obbedirebbe alla norma fondamentale del restauro moderno, di «riconsegnare», cioè alla vista, ogni originale che esista conservando, separatamente, ogni sovrapposizione avvenuta nella storia. «Fra il 1420 e il 1436 Filippo Brunelleschi — ricorda Ragghianti — eresse la cupola. Né durante, né dopo la costruzione l'interno fu decorato con pitture o mosaici. Centocinquanta anni dopo però il granduca Cosimo I decise di sovrapporre al puro e cristallino poliedro dell'architettura brunelleschiana una decorazione a fresco con centinaia di figure che, in contrasto con lo slancio ascensionale della cupola archiacuta, furono dipinte, su cinque anelli orizzontali affollati e gesticolanti, dal Vasari e dallo Zuccari». 'La cultura e l'opinione pubblica fiorentina contemporanea — continua Ragghianti — espresse giudizi severissimi sull'impresa che impediva la visione della mole brunelleschiana. La tradizione critica è stata sempre sostanzialmente negativa o fortemente limitativa verso "l'invasione di affreschi"-. Nella scia delle parole di Ragghianti il sovrintendente per i Beni architettonici, Nello Bemporad, che dirìge i lavori, ricorda che il gigantesco traliccio all'interno del «cupo¬ lone» (come i fiorentini chiamano la cupola del Brunelleschi) è stato fatto per ripulire e restaurare gli affreschi oltre che per consentire accertamenti su tutta la cupola e salvaguardarne la staticità. Vi sono stati inseriti sofisticati termometri e la cupola è sotto il controllo di computers. Bemporad ritiene che i restauri degli affreschi (a parte il loro valore artistico che taluni definiscono mediocre) debbano esser fatti e i dipinti restare dove sono. Anche una commissione stabili a suo tempo — obiettivo primario la staticità della cupola — che il loro «recupero» era giusto. Bemporad condivide l'idea di Ragghianti che gli affreschi tolgano snellezza alla cupola; però non gli sembra realizzabile l'idea di staccarli e rimontarli in altra sede.