Guerra fra i boss di droga e bische dietro la spietata esecuzione a Roma

Guerra fra i boss di droga e bische dietro la spietata esecuzione a RomaIl capo del clan Proietti fulminato da due killer incappucciati Guerra fra i boss di droga e bische dietro la spietata esecuzione a Roma La rivalità delle due fazioni provocata dalla battaglia per la supremazia nel mondo del crimine ma, anche, da un debito di cinquanta milioni che tardava ad essere saldato ROMA — A Roma, ormai, è guerra aperta. La lotta in atto fra bande rivali per il predominio nel mondo del crimine non accenna a diminuire, anzi, di giorno in giorno diventa sempre più spietata e cruenta. La posta in palio è altissima e nessuno vuol cedere: in gioco vi sono interessi per centinaia e centinaia di milioni: Il controllo dei lucrosi traffici legati alle scommesse clandestine sul campionato di calcio, alle corse dei cavalli, allo smercio della droga (sia pesante che leggera), alle bische, fa gola a tutti. Di qui la guerra. L'ultimo atto è avvenuto lunedì sera a Monteverde: due killer incappucciati, appostati nell'androne buio di un palazzo di via Donna Olimpia, hanno atteso e ucciso uno degli esponenti più in vista del clan nemico, Maurizio Proietti, 33 anni. E' stato, senza dubbio, il regolamento di conti più clamoroso di questi ultimi tempi: oltre al morto altri cinque feriti: la moglie della vittima, Stefania Reggi, il fratello Mario e la moglie Maria Laura Vespa, Luigi Mastroianni, un agente di ps accorso fra i primi sul luogo dell'agguato. Questa volta non sono stati risparmiati nemmeno i bambini, a dimostrazione di come sia diventata ancora più crudele e spietata la faida fra gang: insieme con i fratelli Proietti c'erano anche i quattro figli delle due coppie. Con due di loro i killer si sono fatti scudo per coprirsi la fuga attraverso i tetti. Ma per loro non c'è stato scampo. Intervenuti in forze, dopo il primo allarme, carabinieri e polizia (una quarantina di autoradio) hanno letteralmente circondato l'edificio dopo di che hanno battuto palmo a palmo tutta la zona finché in un appartamento non hanno scovato e catturato i due ancora con le armi in pugno. Uno di loro, Antonio Mancini, aveva la camicia insanguinata: era stato colpito di striscio ad una spalla ed è stato accompagnato in ospedale. Negli uffici della Mobile è stato portato invece Marcello Colafigli. detto «Marcellone»: interrogato da funzionari di polizia e dal magistrato di turno, «Marcellone» non ha detto molto ma agli investigatori è stato sufficiente quel poco per inquadrare il regolamento di conti verso direzioni precise che portano da una parte alla banda del «fu Franco Giuseppucci detto «er negro» e, dall'altro, al potente clan dei fratelli Proietti. La faida fra le due gang, provocata non soltanto da motivi di vendetta e di prestigio, ma anche da enormi interessi nel campo delle scommesse clandestine e della droga, ha origine da un debito di gioco di una cinquantina di milioni contratto da Giuseppucci e che «er negro» non vuol pagare. Boss incontra- stati nel campo delle bische sono i fratelli Proietti, ufficialmente titolari, insieme all'anziano padre Giovanni, di alcuni banchi di pesce al mercato di piazza San Giovanni di Dio. Lo «sgarro» di Giuseppucci mette in discussione la supremazia del clan Proietti: la cosa non può passare. Insieme ai cinquanta milioni i Proietti rischiano di vedersi soffiare le ingenti percentuali che provengono dalle bische e dalle scommesse clandestine: tanti bei soldi «puliti» da investire nel giro della droga per centuplicarli. La sentenza è presto emessa: morte. L'esecuzione, fissata per il 13 settembre, viene portata a termine nel tardo pomeriggio: mentre Giuseppucci è seduto ad un bar di piazza San Cosimatò, in Trastevere, due killer in moto gli si avvicinano e gli scaricano addosso un intero caricatore. Ma la risposta degli uomini di «er negro» non tarda a venire. Appena sei giorni dopo l'eliminazione di Giuseppucci fallisce un primo attentato contro Enrico Proietti: al suo posto è gravemente ferita Nicoletta Marchesi, il cui unico torto è di avere una Ritmo grigia come quella del Proietti. Sempre lui, il 27 ottobre, sfugge ad un altro attentato riuscendo miracolosamente ad allontanarsi in auto. Il 12 dicembre tocca a Mario (rimasto ferito nell'agguato di lunedì): tallonato per tutta la Cristoforo Colombo, alla fine riesce miracolosamente a far perdere le proprie tracce. I Proietti, ormai, sanno di essere braccati. E «corrono ai materassi», come i protagonisti del film «Il Padrino». Ogni notte dormono in una casa diversa, ospiti di parenti e amici. Lunedì sera, dopo cena, stavano rientrando in casa del padre, Giovanni, in via Donna Olimpia. Ma i killer sono stati più svelti: li hanno preceduti e si sono appostati nell'androne. Dopo pochi minuti è scoppiato l'inferno: secondo gli inquirenti hanno sparato per lo meno sette pistole. r_ Ci

Luoghi citati: Monteverde, Roma