Fiat si presenta in giudizio contro i 4 operai licenziati di Francesco Bullo
Fiat si presenta in giudizio contro i 4 operai licenziati Gli episodi di violenza avvenuti nel maggio '79 Fiat si presenta in giudizio contro i 4 operai licenziati In un documento di 48 pagine è rievocato il clima «di oppressione nei confronti dei capi» che si viveva in azienda in quel periodo di grave tensione La Fiat si è costituita in giudizio nel processo di lavoro promosso da quattro operai della Carrozzeria Mirafiori (Giovanni Casciaro, Antonio Castaldo, Antonio De Lauro, Martino Masella) licenziati in seguito ai gravi episodi di violenza avvenuti il 6 giugno '79, all'epoca del rinnovo del contratto nazionale metalmeccanici. Con una memoria di 48 pagine, depositata in pretura dai suoi legali (avv. Bonamico, Borsotti, Fabbrini, Scognamiglio) l'azienda rievoca e puntualizzai fatti. Il documento ricorda il clima di conflittualità esasperato, di violenza e tensione che in quei giorni si avvertiva, tanto più negli stabilimenti dove determinava «una situazione di vera e propria oppressione, nella forma concreta di intimidazione e minaccia verso i capi». Quegli stessi capi che con migliaia di lavoratori, ma solo mesi dopo e in un ambiente mutato «per sopravvenute riflessioni del sindacato e in conseguenza di ulteriori iniziative Fiat-Auto (il licensiamento dei 61)» potevano far sentire la loro voce «con la ben nota sfilata dei 40 mila per le vie di Torino». Nel giugno '79, invece, sostiene l'azienda, la situazione era quella 'della costante mortificazione del ruolo della professionalità e anzi, nel corso delle agitazioni sindacali, della sistematica oppressione lllll lllllllIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIII1IIIIIM::lllllilMII della libertà di lavoro, di opinione e sicuressa fisica dei capi». La memoria scandisce in breve il susseguirsi degli avvenimenti. L'assemblea convocata dalla Firn in «Verniciatura» per discutere il comportamento dei lavoratori che, con scioperi di un quarto d'ora, mettevano in difficoltà la produzione a monte e a valle provocando il «senza lavoro» per altri dipendenti; la riunione che va deserta, mentre alcuni delegati decidono uno sciopero; i cortei ai quali una quarantina di capi sono costretti a partecipare sfilando in testa con bandiere rosse; le auto e i materiali danneggiati nel corso della manifestazione, vetrate spaccate, telefoni strappati. L'azienda respinge l'accusa che gli addebiti fossero «generici»: tutta Italia aveva appreso da Rai, Tv, giornali, che cosa era successo il 6 giugno '79 e non era certo opportuno indicare 'esponendoli a ulteriori pericoli, i nomi dei capi minacciati e costretti a partecipare ai cortei; o addirittura, e qui si cade nel comico, indicare i materiali utilizzati come armi improprie». E la possibilità del contraddittorio? «Se la società avesse voluto risolvere il rapporto di lavoro in via immediata, non avrebbe offerto ai dipendenti, come invece è avvenuto, la possibilità di fornire giustificazioni anche con l'assistenza di un rappresentante sindacale». Ma i ricorrenti sostengono che alla firma del contratto il ministro Scotti invitò per scritto la Fiat a risolvere il problema dei licenziamenti. 'Riguardava un generico interessamento della Federmeccanica di attivarsi perché i lavoratori interessati potessero trovare altrove occupazione». Non va invece dimenticato, concludono i legali, che l'Unione Industriale comunicò alla Firn la possibilità di trovare due posti di lavoro, ma il sindacato rispose che il problema si chiudeva solo offrendo sei posti: per i cinque licenziati della Carrozzeria e per uno allontanato dalle Presse (due di costoro hanno rinunciato a fare causa). Le rispettive posizioni delle parti sono chiare. Ciò non significa però che il pretore possa giungere a una rapida conclusione. Francesco Bullo
Persone citate: Antonio Castaldo, Antonio De Lauro, Bonamico, Borsotti, Fabbrini, Giovanni Casciaro, Martino Masella, Scognamiglio
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