Non è uno scandalo, ma servirà la riforma della Costituzione?

Non è uno scandalo, ma servirà la riforma della Costituzione? A colloquio con giudici, ex presidenti della Corte, esperti Non è uno scandalo, ma servirà la riforma della Costituzione? Sandulli: le modifiche sono previste dall'art. 138 - Branca: i mali derivano dagli uomini che non realizzano le norme - Bonifacio: i problemi non possono più esser elusi - Barile: applichiamo prima la Carta - La Pergola: all'estero si cambia di rado - Andrioli: si rischia un dibattito accademico ROMA — «E se prima di cambiare la Costituzione pensassimo davvero a farla camminare?». Affondato nel pomeriggio buio del Palazzo della Consulta, l'interrogativo di Virgilio Andrioli, giudice della Corte Costituzionale, raccoglie l'inquietudine e i timori che circondano la vecchia sede della Corte, nel momento in cui il problema della riforma della Costituzione ritorna a dominare il dibattito politico. E' un incubo ricorrente, e insieme uno sfogo tradizionale, per chi deve convivere con le disfunzioni del nostro sistema e con la sua democrazia inceppata. Ma mai come in questo momento, forse, l'ipotesi di una revisione costituzionale si è fatta concreta, mentre i commessi distribuiscono negli uffici del Palazzo della Consulta una rassegna stampa piena di suggerimenti, proposte, allarmi, messaggi incrociati che riguardano tutti, la questione costituzionale. Siamo dunque alla vigilia della «grande riforma»? «Se anche lo fossimo, io non griderei alla scandalo — dice Aldo Sandulli, ex presidente della Corte —. Per me, la revisione costituzionale non ha mai rappresentato un tabù, e tanto meno lo è oggi, dopo l'esperienza di questi anni. Certo, si è sempre auspicato che il problema di assicurare al sistema la necessaria governabilità potesse venir risolto nel rispetto della Costituzione attuale. Ma da anni in questo senso si predica bene, e si razzola male. Ci sono articoli della Costituzione non ancora attuati, che determinano squilibri pesanti; c'è questa eterna palla al piede del sistema che è bipartitismo imperfetto, la mancanza di un'alternativa, la democrazia zoppa- E allora, ecco che se da questa disfunzione non riusciamo a liberarci per via fisiologica, è opportuno tentare la strada del rimedio giuridico. Gridare all'attentato alla Costituzione sarebbe inutile, fuori luogo, sbagliato: possia¬ mo parlare di attentato se vengono violati i principi fondamentali di democrazia, non se si realizzano quelle modifiche previste dall'articolo 138 della Costituzione stessa». Eppure, gli inviti alla cautela e alla riflessione non mancano. 'Io dico subito che i mali di cui discutiamo non dipendono tanto dagli articoli della Costituzione, ma dagli uomini che non realizzano i principi contenuti in quegli articoli — spiega il senatore Giuseppe Branca, presidente della Corte dal 1969 al 1971 —. Anche i problemi più urgenti, come la funzionalità del Parlamento, possono essere affrontati attraverso la riforma del regolamento interno delle Camere. D'altra parte, quando c'è una volontà politica concorde, l'iter legislativo è rapido anche oggi; se questa volontà manca, l'iter si allunga naturalmente, in ogni caso, anche se le Camere da due diventano una. Insomma, è inutile illudersi che modificando alcuni articoli della Costituzione si possa risolvere il problema politico della governabilità. Quanto poi al controllo del Parlamento sui giudici questa si che sarebbe una gravissima iattura, perché colpirebbe alla testa l'autonomia della magistratura». Anche un altro ex presidente della Corte, il senatore Franco Bonifacio, suggerisce prudenza, pur dicendosi convinto che la proposta di revisione suggerita da Craxi «é degna di favorevole apprezzamento, perché pone all'ordine del giorno una serie di problemi che non possono più essere elusi». Ma il metodo da seguire, secondo Bonifacio, è quello di esplorare che cosa, nell'ambito della vigente Costituzione e di una sua lettura alla luce della cultura degli Anni '80, si può fare per rivitalizzare la democrazia». Esistono dunque ancora dei margini, dall'interno della Carta costituzionale, per rilanciare e consolidare questa democrazia bloccata? Secondo me si — risponde Paolo Barile, docente di diritto costituzionale all'Università di Firenze —. La Costituzione va applicata per intero e fedelmente, prima di pensare a modificarla. Poi, certo, è chiaro che dopo trent'anni alcune modifiche marginali s'impongono (come una nuova sistemazione del bicameralismo), senza che per attuarle sia necessario scardinare la Costituzione. Ci sono interventi urgenti, come quelli che riguardano la giustizia politica. E' ormai necessario restituire la competenza sui reati ministeriali al giudice ordinario, liberando di questa competenza Parlamento e Corte. Una riforma di maggior spicco, forse, è imposta dall'occupazione delle istituzioni da parte delle forze politiche: e allora, l'unico rimedio è un aumento del ruolo del Presidente della Repubblica». Resta un interrogativo: il dibattito sulla Costituzione è l'ultima anomalia italiana, oppure anche le altre democrazie occidentali, di fronte agli ostacoli per la funzionalità, del sistema ricorrono alla revisione della Carta fondamentale? «Questa revisione è frequente in certi sistemi di democrazia anche matura, come la Svizzera, dov'è servita ad estendere i poteri dell'autorità centrale — dice Antonio La Pergola, giudice costituzionale esperto di diritto comparato —. Non è frequente negli Usa, e in ogni caso il mancato ricorso a questa misura non dipende dalla complessità delle procedure; in Gran Bretagna, dove addirittura non esiste una Costituzione scritta, le modificazioni sono rarissime. La composizione delle esigenze di autorità e di libertà, in una democrazia, dovrebbe maturare spontaneamente nella coscienza sociale. Certamente, ci sono casi in cui una modifica della Costituzione può essere il rimedio per mali che non curati, diventerebbero gravissimi». E' il nostro caso? Virgilio Andrioli. nel suo ufficio alla Consulta, scuote il capo: -Io temo questa sorta di ebbrezza costituzionalista che si è impadronita dei politici italiani. Mi sembra che rischiamo di precipitare nel pozzo di uno dei tanti dibattiti accademici in cui si impegna mese dopo mese il nostro mondo politico: ieri la questione morale, oggi la Costituzione, domani chissà, magari i rapporti tra Stato e Chiesa Ezio Mauro

Luoghi citati: Gran Bretagna, Roma, Svizzera, Usa