Cagliari: anche il turacciolo è in crisi e piccole aziende rischiano di chiudere di Mario Guerrini
Cagliari: anche il turacciolo è in crisi e piccole aziende rischiano di chiudere Preferito il sughero agglomerato che è prodotto in continente Cagliari: anche il turacciolo è in crisi e piccole aziende rischiano di chiudere CAGLIARI — Crolla la vendita di turaccioli e va in difficoltà una delle industrie tradizionali della Sardegna settentrionale, quella del sughero. E' una industria secolare che dà lavoro a molte centinaia dì persone, ma ora per una crisi di mercato alcune fabbriche rischiano di chiudere. Sono in difficoltà sia i piccoli artigiani che gli industriali i quali hanno una giacenza di migliaia di quintali di sughero lavorato. Secondo i primi calcoli, il valore della merce invenduta nella sola cittadina di Calangianus — considerata la capitale del sughero — sarebbe superiore al mezzo miliardo di lire. Non si tratta dunque di una delle solite crisi di avvio di stagione; si paventa il pericolo della chiusura di diversi stabilimenti almeno per qualche settimana, il che vuol dire che parecchie decine di lavoratori, forse 2-300 dovranno essere messi in cassa integrazione. «Di questi tempi nel 1980 — dice l'industriale Antonio Sotgia — avevamo già liberato i nostri magazzini e si predisponeva il lavoro per le richieste che sul finire dell'inverne si concretizzavano in ordini ben precisi. Ora si lavora sema programmazione di vendita e questa situazione crea una notevole precarietà nelle aziende'. Non si vende la «soletta» ampiamente sfruttata negli anni passati, ma che va sog- getta a crisi cicliche legata com'è alla moda e al mercato ancor più instabile delle calzature; barcolla anche la colonna portante delle vendite dell'industria sugheriera e cioè il turacciolo. «La crisi — afferma l'artigiano Giovanni Mariotti Turchi — è soprattutto nel settore vinicolo. L'esportazione è bloccata, il vino italiano non è più competitivo e le cantine sociali della Sardegna, grazie alle buone annate, si trovano ad avere oltre le normali scorte già imbottigliate, cisterne di vino da smaltire e quindi si guardano bene dall 'approvvigionarsi di nuovi turaccioli e bottiglie. Le ordinazioni vengono dunque fatte alla giornata: chi ieri ordinava 100 mila pezzi, oggi ne ordina 10 mila, cioè io stretto necessario'. Un grave pericolo viene dal tappo di sughero agglomerato che è prodotto negli stabilimenti del continente con gli scarti della produzione; questo tappo sta coprendo buona parte del mercato e dalla Sardegna si richiede solo quello di prima e seconda qualità. «Per i piccoli artigiani — sostiene l'assessore comunale all'Industria — cominciano le prime difficoltà. Il costo del denaro e la stretta creditizia non poteva non farsi sentire anche in Gallura e Calangia¬ nus non è certo rimasta al di fuori di questa situazione. Il piccolo e medio imprenditore ne risente più degli altri poiché un certo capitale è stato comunque investito. Ora occorre più tempo per ammortizzare le spese e se si pensa che mesi fa fu fatta incetta di sughero, ora la mancanza di sbocchi nel mercato rende la situazione assai più precaria'. In una fabbrica si sono prolungate le ferie di fine d'anno, in qualche altra si minaccia continuamente la cassa integrazione e appena qualche operaio chiede aumenti si sente rispondere che dai paesi vicini giungono richieste di lavoratori che vorrebbero essere occupati per paghe anche inferiori a quelle attuali. La crisi non mancherà infine di far sentire il suo peso in quella economia legata ai proprietari di foreste da sughero delle zone più interne della Sardegna; d'estate queste località vengono raggiunte dagli industriali di Calangianus per provvedere alle scorte. Di sughero non lavorato sono praticamente pieni tutti i cortili della Gallura. La decortica della stagione 1981 è quindi molto incerta. Le previsioni — secondo ì sugherieri — sono pessimistiche e si guarda con molta preoccupazione al tu- Mario Guerrini
Persone citate: Antonio Sotgia, Giovanni Mariotti
Luoghi citati: Cagliari, Calangianus, Sardegna
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