Con una «terza forza» si controllano le calamità di Marco Tosatti

Con una «terza forza» si controllano le calamità Dovrebbe essere formata da 500 mila volontari Con una «terza forza» si controllano le calamità Scuole e fabbriche potrebbero fornire giovani pronti a intervenire per la difesa civile - A fianco di pompieri e esercito ROMA — Il terremoto in Irpinia ha rivelato, al di là di ogni possibile dubbio, l'inefficienza e la debolezza delle varie amministrazioni, e in particolare di quella statale, di fronte alla catastrofe. A quasi cinque mesi da quel tragico 23 novembre, si sta facendo qualcosa per creare un servizio di protezione civile nel nostro Paese, o le promesse fatte sulle macerie sono destinate a restare irrealizzate? L'abbiamo chiesto ad alcuni degli uomini che, per la posizione che occupano nell'apparato statale, o per la loro esperienza nel settore, possono considerarsi interlocutori di primo piano in un dibattito sull'argomento. La protezione civile è affidata per legge (dal '70) al ministero dell'Interno. La prima tappa del nostro viaggio è proprio il Viminale, dove il sottosegretario Giuseppe Di Vagno è delegato dal ministro a seguire il problema. «La protezione civile — dice Di Vagno — è una specie di assicurazione che il cittadino ha da parte dello Stato per la sal•vaguardia della sua vita e dei suoi beni. Ne è responsabile in primo luogo il ministero dell'Interno, con la possibile chiamata in causa delle Regioni, dei prefetti e dei commissari eventualmente nominati dal governo. Da un punto di vista operativo vi devono concorrere tutte le forze a disposizione delle autorità centrali e locali, dalle forze armate fino ai vigili urbani». • Tutte le forze», però, si riducono in pratica a due strumenti: i vigili del fuoco e l'esercito. Ci occuperemo in un articolo successivo dei preparativi che i militari stanno compiendo per una eventuale futura catastrofe. Di Vagno ritiene però che i vigili del fuoco siano i più idonei, per professionalità e addestramento, a fronteggiare disastri tipo Friuli o Irpinia. 'L'organico è salito a 18.500 unità, e un ulteriore rafforzamento lo porterà a 20-21 mila. Ne saranno necessari però non meno di 25 mila, con un potenziamento dei mezzi a disposizione'. 300 miliardi stanno per essere stanziati, ma ce ne vorranno almeno altrettanti, e un addestramento più sofisticato. -Bisogna dotarli di tutti quei mezzi che sono mancati in Irpinia, come tutti hanno potuto constatare: ruspe, apparecchi di rilevamento sotto le macerie, sonde, elicotteri. Ora ne dispongono di quattro o cinque, ma stiamo per comprarne altri, sia leggeri, per il trasporto feriti, che pesanti, peri materiali'. Di Vagno pensa anche a una «terza forza»: 500 mila volontari, da reclutare nelle università, nelle scuole o nelle fabbriche, da addestrare periodicamente (e se ne dovrebbero occupare soprattutto i pompieri), e da «armare», in caso di bisogno, con i materiali custoditi in depositi dislocati strategicamente. •Qualche migliaio di volontari esiste già, in gran parte ex vigili del fuoco; ma non sono sufficienti. Se riusciamo a creare una struttura, adesso, fra cinque anni si può arrivare a un discreto livello di efficienza. E' uno spirito di solidarietà da creare nei giovani, non solo con la propaganda, ma con punti di raccordo, operativi, in modo che l'entusiasmo possa tradursi in fatti concreti'. Ma chi dovrà coordinare tutte le componenti della protezione civile? La presidenza del Consiglio, la Difesa o gli Interni? Di Vagno non ha dubbi: •Ritengo che il coordinamento debba spettare al ministero dell'Interno. Molti di questi settori vanno per proprio conto, come tutti hanno potuto constatare di recente, con il desiderio di dimostrare la propria bravura ri- spetto agli altri.. La proposta del commissario straordinario in Irpinia lo lascia perplesso: 'Zamberletti ha parlato della fondazione di agenzie, o commissariati, addetti alla protezione civile. Si tratta di fughe in avanti. Il problema è quello di creare collegamenti non aleatori fra tutte le forze interessate al problema e mettere in piedi la struttura dei volontari*. Al Viminale le buone intenzioni ci sono: •Creeremo sei divisioni della protezione civile, che finora è andata avanti con quattro o cinque uomini*. E si stanno predisponendo gruppi di lavoro, per il censimento delle risorse sul piano scientifico. 'Esistono oggi strumenti attendibili per prevedere alcuni fenomeni naturali, specie i terremoti, e per influire sulla politica del suolo, sulla sistemazione idrogeologica. E' un lavoro che deve ovviare alla noncuranza di almeno 30 anni, se non di più*. Ma l'ottimismo si scontra con la realtà consolidata: «Per il coordinamento a livello centrale, — conclude Di Vagno — in un Paese di tempi lunghi come il nostro, credo che passeranno almeno un paio di anni prima di vedere delinearsi qualcosa». Marco Tosatti

Persone citate: Di Vagno, Giuseppe Di Vagno, Zamberletti

Luoghi citati: Friuli, Roma