Moro alte Br: «Datemi una Bibbia» di Sandra Bonsanti
Moro alte Br: «Datemi una Bibbia» Momenti inediti della prigionia nel terzo anniversario del sequestro Moro alte Br: «Datemi una Bibbia» ROMA — «Era chiuso nella prigione da poco più di mezz'ora, quando chiese che gli portassero una Bibbia. Le Brigate rosse lo accontentarono e quel libro fu di conforto ad Aldo Moro per tutti i 55 giorni* racconta il giudice Ferdinando Imposimato ricordando i primi momenti di quel sequestro del 16 marzo del '78. Tra i brigatisti che parlano c'è anche chi riferisce particolari come questo, che il giudice ha saputo solo pochi giorni fa da un personaggio non di spicco. E ricostruisce cosi una scena in cui il presidente della de, passato dal fragore improvviso di Via Fani alla penombra del covo, intravede la solitudine che lo aspetta e «domanda un libro che gli dia forza*. Fu probabilmente Mario Moretti a consegnare a Moro la Bibbia e Moro, poco prima che lo facessero salire sulla Renault rossa («Ti liberiamo* gli avevano detto), non vedendo Moretti fra gli altri, si raccomandò che gli portassero i suoi saluti. Poco alla volta, con una pazienza che spesso rasenta la curiosità e l'interesse dello storico, i magistrati romani sono riusciti a ricostruire con drammatico realismo momenti, cose e volti del sequestro di Moro, l'azione più sconvolgente delle Brigate rosse e anche quella, a giudizio di alcuni, che potrebbe aver segnato l'inizio della crisi, per i contrasti interni che generò, insieme al vuoto intorno all'organizzazione, alle defezioni, ai «pentimenti». Non è stato soltanto Patrizio Peci a parlare della strage e del rapimento, alcune cose le aveva già dette Enrico Triaca, il tipografo di via Foà. e le deposizioni di Peci e Triaca sono raccolte nella sentenza di rinvio a giudizio del processo Moro. Ci sono anche terroristi •minori» che recentemente hanno deciso di collaborare, rivelando alcuni dettagli fin'ora sconosciuti. Si è saputo cosi che quella mattina del 16 marzo, appena si accorsero dell'agguato, furono due gli agenti della scorta di Moro e non uno soltanto, che spararono contro i brigatisti. Uno con la pistola, l'altro col mitra che si inceppò quasi subito: e uno del commando se lo portò via e poi disse che era semiarrugginito. Ci fu un ferito anche fra le Br, ma si trattò di una ferita leggera che si curò da sé. La decisione di colpire la de era stata presa sei mesi prima del sequestro: «Afa l'obiettivo Aldo Moro* dice Imposimato «fu scelto soltanto due mesi prima*: avrebbe potuto essere un altro leader del partito, ad esempio Fanfani. Contemporaneamente doveva scattare il sequestro di Carli (a Roma) o di Agnelli (a Torino o a Roma). Su queste azioni, che non erano soltanto «di appoggio* al sequestro principale, avrebbe dato qualche schiarimento anche Marco DonatCattin. durante il suo incontro coi magistrati romani. Tutti i «pentiti» hanno confermato che il comportamen¬ to di Moro fu «coraggioso, anzi dignitoso» come ha detto Peci. «Gli era stato detto che se avesse denunciato gli scandali del regime sicuramente sarebbe stato liberato. L'on. Moro, pur affermando che la maggior parte degli esponenti della de erano "squali", rivendicò la funzione popolare della de, rispondeva in termini generali senza dare risposte esaurienti». Mentre all'interno della «prigione» Moretti conduceva l'interrogatorio, all'esterno era Prospero Gallinari a montare la guardia, armato di una 38 special che sparò a via Fani e a piazza Nicosia. Ma dove fosse quel covo lo sapevano in pochissimi, loro due e i gestori del negozio dietro il quale era stato allestito. I gestori erano «insospettabili» e lo sono tuttora. «La prigione è per noi il grande mistero» ammette Imposimato. che la cerca ormai da tre anni. Sandra Bonsanti
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