Adulterio, ma l'amore no di Lietta Tornabuoni

Adulterio, ma l'amore no «VIVERE IN TRE» UN LIBRO SUL TRADIMENTO OGGI Adulterio, ma l'amore no Il femminismo ha cambiato l'adulterio? E com'è oggi, sei anni dopo l'introduzione del divorzio in Italia, l'antico rapporto amoroso che da sempre èservito ad appagare la naturale poligamia di donne e uomini salvaguardando la struttura sociale della famiglia, della coppia coniugale? Il libro che Natalia Aspesi ha scrìtto per rispondere a queste domande attraverso storie d'esistenze è ancora intitolato Vivere in tre (ed. Rizzoli): ma i nuovi adulteri della borghesia medio-alta milanese, nelle generazioni dei trenta-cinquantenni, vengono vissuti in tanti. Come negli Stati Uniti o altrove, pure da noi divorzi, separazioni, seconde o terze nozze e convivenze in tutto simili a matrimoni creano nuove famiglie diffuse, tribù parentali, fitti legami intrecciati, inedite comunità domestico-sentimentali. Va meglio? Mica tanto, sembra. Se è finita l'ipocrisia del silenzio, che salvava l'etica e l'etichetta sociale, è cominciata l'ipocrisia della parola: ogni adulterio viene rivelato, esaminato, drammatizzato dai protagonisti in verbose confessioni e discussioni. Finisce per essere più detto che agito, fatto esistere attraverso la chiacchiera: inventato, non tanto per esigenza d'onesta schiettezza quanto per bisogno esibizionista, per prò-' tagonismo narcisista, anche per crudeltà, per voglia di ferire. Il femminismo, allora? Il femminismo, niente, sostiene Natalia Aspesi: «Dopo tante rivendicazioni di autonomia e indipendenza, tante analisi sulla fine della coppia e la morte della famiglia, non è cambiato l'accanimento delle donne nella caccia all'uomo di un'altra. Non s'è creata solidarietà tra le rivali. E' cambiato il giudizio sull'uomo: adesso viene considerato spesso un oggetto di consumo, di proprietà o di sfruttamento, un povero scemo, e tuttavia rincorso con sfacciataggine e ostinazione persino maggiori rispetto al passato». Il guaio, dice, è l'incapacità femminile a lasciar perdere oppure ad avere rapporti sereni, accettati per quel che sono e pacatamente vissuti. Le donne continuano ad aver bisogno di dramma, sono culturalmente condizionate a credere che una vera passione sia caratterizzata da urla e furore, gelosia e scenate, conflitti; se a un rapporto manca questo, non è una passione; se non è una passione è mortificante, non vale la pena. «Bisognerebbe riuscire invece ad avere rapporti semplici, che non fossero una trappola ansio¬ sa; oppure rinunciare ad averne, che è pure una soluzione». Come soluzione, la scelgono in pochissime. Nelle storie di vita raccontate in Vivere in tre con stile divertente e colloquiale, l'adulterio femminile appare qualcosa di molto diverso da un legame passionale: una questione d'autoaffermazione, di vanità personale, d'interessi finanziari o professionali, di autorassicurazione. Soprattutto un modo di vincere, contro una o diverse nemiche, quell'antica battaglia di conquista dell'uomo che era per le donne l'equivalente della guerra o della carriera per gli uomini. Siamo ancora li? E' diversa la società: e un gran pregio di Vivere in tre sta nel collocare le storie d'adulterio nel nostro presente, nella concreta realtà, senza isolarle con la retorica senza tempo del romanzo né agghindarle con l'astratto virtuosismo delle ultime teorizzazioni sull'amore. Purtroppo, sembra, d'amore ce n'è molto poco: «Più forti del sentimento sono la rapacità, l'aggressività, la paura». Lietta Tornabuoni

Persone citate: Natalia Aspesi

Luoghi citati: Italia, Stati Uniti