Crescono le violenze contro bimbi e ragazzi
Crescono le violenze contro bimbi e ragazzi Crescono le violenze contro bimbi e ragazzi ROMA — Sono oltre duemila i provvedimenti del giudice adottati negli ultimi sei mesi dello scorso anno per allontanare i ragazzi da genitori «indegni» o far decadere la patria potestà. E' di questi giorni la notizia proveniente dalla Francia di centinaia di bambini morti ogni anno per percosse, torture, sevizie, inflitte loro dai genitori. Anche in Italia il mito dei bambini amati, vezzeggiati, adulati da genitori felici di essere loro «schiavi» sta per tramontare. «Ho diretto un ospedale pediatrico per oltre venticinque anni — dice il prof. Camillo Ungari di Roma — ed ho sempre visto bambini accompagnati al pronto soccorso per leggere ecchimosi, causate evidentemente da qualche scapaccione dato in un momento d'ira. E sempre i medici fingevano di non capire tenuto conto della lievità del- le lesioni e dell'angoscia dei genitori. Da qualche anno però le cose sono cambiate, le lesioni si vanno facendo sempre più gravi e il medico quasi sempre si vede costretto a denunciare il fatto». Il concetto di maltrattamento non è ancora acquisito dalla coscienza degli italiani. Lo si identifica per lo più con la violenza fisica o con un eccesso di mezzi di correzione, mentre esistono ben altre crudeltà che è possibile commettere contro i ragazzi: i maltrattamenti verbali o di tipo psicologico ad esempio, l'abbandono affettivo ed educativo, le crudeltà mentali, la frustrazione continua, ecc. •Da quando presto servizio in ospedale pediatrico e sono molti anni — dice suor Maria R., dell'ordine di San Vincenzo de' Paoli, in servizio presso un grande ospedale romano — ne ho viste di tutti i colori. A volte ho anche fatto battaglie memorabili per difendere qualche povera creatura dalla prepotenza o dall'abbandono e salvo rare eccezioni ho sempre perduto». • Ricordo un bambino di dieci anni ricoverato al reparto di otorinolaringoiatria per oltre cinque anni per una malformazione grave — prosegue suor Maria—ha subito undici interventi chirurgici e mai, ad eccezione di una sola volta, i genitori sono venuti a trovarlo dopo l'intervento. Quando si risvegliava dall'anestesia piangeva sempre per ore». In cinque anni i genitori — che vivevano a 30 km da Roma — saranno venuti a trovarlo tre volte. Avevano altri 4 figli e si vergognavano di quella povera creatura. Rita S., assistente sociale in una delle più popolose borgate romane, racconta che ogni anno in prossimità delle vacanze estive, e qualche volta anche di quelle natalizie, riceve numerose richieste di ricovero in istituti per bambini da parte di madri le quali debbono fare un viaggio con il marito o l'amante, andare in vacanza. »Mio marito è stanco — dicono — e non ha pazienza». •Aderisco sempre a queste richieste — dice Rita S. — perché so che quei bambini finirebbero in ospedale con un pretesto qualsiasi». •Anche gli zingari — dice il prof. Ungari — portano i loro figli più piccoli in ospedale durante l'inverno e poi passano a riprenderli dopo tre o quattro mesi, ma in questi casi — dice il vecchio pediatra — si tratta di un gesto di amore: vogliono proteggere i bambini troppo piccoli dai disagi della vita nomade.
Persone citate: Camillo Ungari, Maria R., Paoli, Rita S., Ungari
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