Il governo dovrà farsi carico dei vincoli imposti dalla Cee

Il governo dovrà farsi carico dei vincoli imposti dalla Cee Un intervento del presidente della Coldiretti Lobianco Il governo dovrà farsi carico dei vincoli imposti dalla Cee Dopo anni d'immobilismo, la Coldiretti, la maggiore organizzazione agricola italiana, ha trovato un presidente dinamico e deciso a battersi per l'agricoltura italiana. Chiediamo a Arcangelo Lobianco, che della battaglia sulla Cee ha fatto la sua battaglia, se il governo italiano dovrà accettare le imposizioni di Bruxelles in materia agricola. R — Ho avuto modo di sottolineare in numerose occasioni come sia politicamente .inaccettabile la pretesa che 'gli agricoltori europei — in particolare, i coltivatori italiani — paghino il costo della mancata integrazione comunitaria: la nostra partecipazione alla Pac (politica agricola comune) rischia di farsi sempre più penalizzante. Riteniamo dunque indispensabile che il governo si faccia pieno carico degli oneri finanziari derivanti all'agricoltura italiana dal vincolo comunitario. La proposta della commissione in merito ai prezzi 1981-82 ci preoccupa per due motivi. Anzitutto, in quanto il blocco della spesa agricola costituirà un ostacolo per qualsiasi tentativo di riequilibrio territoriale e per il prodotto delle spese di mercato. Non secondariamente, in quanto non sarà consentito il riequilibrio dei costi economici indotti sulle differenti agricolture Cee da alcune significative decisioni politiche, quali l'adesione di Spagna e Portogallo, nonché l'obbligo di rinnovare — in tempi brevi — gli accordi commerciali con gli Stati del bacino mediterraneo. Non possiamo dimenticare che la nostra agricoltura si troverà di fronte ad una necessaria opera di ristrutturazione in settori-chiave come l'olio, gli agrumi, l'ortofrutta, dunque avrà bisogno della solidarietà finanziaria comunitaria per queste misure. L'attuale proposta della commissione, inoltre, tende ad inserire nella gestione della politica agricola comune il principio della corresponsione finanziaria. D — Quali sono le colpe e i meriti della Cee agricola? R — La politica agricola comune è stata indubbiamente il motore del processo di integrazione europea: nel corso degli ultimi vent'anni, tale politica ha contrassegnato i più importanti momenti della vita comunitaria. Proprio con essa, a nostro avviso, è passata l'introduzione del regime delle risorse proprie e la concessione al Parlamento europeo del potere di bilancio, sino allo storico evento dell'elezione a suffragio universale diretto. Da rilevare, poi, che la politica agricola ha rappresentato e rappresenta tuttora il collante della solidarietà finanziaria comunitaria. Dobbiamo, tuttavia, rilevare che l'integrazione delle diverse agricolture ha sofferto di notevoli squilibri sotto l'aspetto dei vantaggi economici territoriali; avvantaggiando, è noto, le regioni più ricche. Non solo: essa ha favorito le aziende di maggiori dimensioni D — In particolare, quali sono le richieste dell'Italia alla Cee? R — Per quanto concerne le nostre considerazioni tecniche, confermiamo la posizione unitariamente assunta dal Copa (l'organizzazione europea dei coltivatori, n.d.r.), con la richiesta di aumento dei prezzi '81-82 pari al 15,3 per cento, come risulta dall'applicazione del metodo obiettivo, con contestuale, pratico abbattimento dei montanti compensativi positivi di cui beneficiano i Paesi a moneta forte. In merito al controllo generalizzato della spesa, la Coldiretti ritiene inaccettabile la corresponsabilità finanziaria per i produttori dei settori non eccedentari: sosteniamo, comunque, che in taluni settori sia possibile aumentare l'efficienza della spesa, tenendo conto delle diverse istanze dei vari tipi di impresa, ma anche alla luce dei principi sanciti dal trattato di Roma, riteniamo che nelle eventualità dell'applicazione del principio della corresponsabilità in qualche settore, il prelievo debba essere progressivo e socialmente selettivo. Mentre la Pac esclude prezzi regionali o nazionali diversi, in un sistema unitario dei prezzi, la garanzia comunitaria nei confronti dei singoli produttori all'interno dell'unico mercato deve essere opportunamente modulata. Infine, sul trasferimento del volume di spesa dal Feoga (il fondo finanziario della Cee. n.d.r.) come garanzia ai fondi strutturali, voglio ricordare che abbiamo sempre considerato le azioni strutturali come uno strumento decisivo per il riequilibrio territoriale ed aziendale della spesa agricola: a questo proposito, auspi¬ cela chiamo che il fondo regionale e quello sociale accrescano l'impegno di spesa verso le aree rurali. D — La Coldiretti protesta e si batte: e il nostro governo che cosa fa? R — Tutte queste considerazioni, che sintetizzano e motivano le nostre preoccupazioni, sono state oggetto di una mia lettera al governo, nella certezza che oggi sia quanto mai necessario impegnare l'esecutivo italiano nel suo complesso ad una vigorosa azione di tutela in sede comunitaria. Mi recherò personalmente a Bruxelles per rappresentare il nostro punto di vista. Se le motivate esigenze dei lavoratori della terra dovessero ancora una volta restare mortificate, non dubito sulla necessità di un nuovo, massiccio ricorso a forme di protesta capaci di aggredire e coinvolgere l'intera opinione pubblica nella soluzione di problemi che appartengono all'intera collettività: la vertenza aperta lo scorso anno a piazza San Giovanni troverebbe ulteriori, fondate punte rivendicative. La tanto conclamata centralità non trova, purtroppo, riscontro nei fatti concreti: la Coldiretti non può evitare una nuova denuncia della scarsa considerazione in cui sono tenuti l'agricoltura ed il mondo rurale, anche se una notazione positiva merita il riconoscimento della priorità del settore primario, subito dopo l'approvvigionamento energetico, nel piano a medio termine tutt'ora in gestazione. D — Ma la gente dei campi, come reagisce a questa situazione? R — E' improrogabile l'avvio di un nuovo discorso di integrazione che porti i nostri 3 milioni di addetti al contatto con la realtà del restante sociale. Ricordo, per quantificare il nostro apporto, che ben l'ottanta per cento delle giornate lavorative in agricoltura è prestato dai coltivatori diretti. Un nuovo discorso deve coinvolgere anche i grandi canali di informazione, usi a privilegiare i giganti del commercio e dell'industria: l'agricoltura vuole svestirsi dei panni di Cenerentola della politica economica, né i lavoratori dei campi sono disposti ad avallare politiche che li vedono succubi di un secondario quotidianamente ossigenato per meri fini assistenzialistici. All'insensibilità i coltivatori rispondono con il vigore di chi sa che nella riconquista di spazi e ruoli protagonisti è la sola possibilità di sopravvivenza. Prima delle consuete diagnosi e della ricerca di stantie terapie, è necessario ricordare clie l'agricoltura non può essere relegata a visioni residuali, bensì è chiamata ad esprimere la sua identità nel generale contesto economico: la gente dei campi conferma, giorno per giorno, con il suo lavoro, la sua disponibilità ad assumere impegni per uno sviluppo programmatico che superi il groviglio di particolari interessi. Né va dimenticato che il reddito medio del settore, come sottolineano le ultime due relazioni annuali della Banca d'Italia, è ancor oggi pari a poco più della metà rispetto alla media nazionale.

Persone citate: Arcangelo Lobianco, Copa, Lobianco

Luoghi citati: Bruxelles, Italia, Portogallo, Roma, Spagna