Le femministe dell' Urss di Lia Wainstein

Le femministe dell' Urss FRA LE TANTE, UNA SORPRENDENTE PROTESTA Le femministe dell' Urss Un volume francese raccoglie scritti dove denunciano intollerabili condizioni di vita -1 119 «lager» per donne e bambini - LT80 per cento delle detenute ha meno di 30 anni Per anni, chi domandava ad un emigrante se nell'Urss esisteva il femminismo, si sentiva invariabilmente rispondere con irritazione: -Non ci si può occupare delle donne in un paese in cui vengono violati i diritti elementari dell'essere umano». Da sedici mesi circa, una simile formulazione non è più esatta: nel 1979 usci infatti il primo numero di Zenscina i Rossija (La donna e la Russia) a SPB. cioè San Pietroburgo (come si chiamò fino al 1914 la città che poi diventò Pietrogrado e quindi Leningrado). Questa - Rivista delle donne sulle donne», prima libera pubblicazione del genere in Urss — le 31 riviste femminili ufficiali in 25 lingue servono solo alla propaganda — si propone di unire gli sforzi per aiutare le migliaia di sorelle infelici. Una delle tredici collaboratrici, Tatjana Mamonova. fu tosto accusata dal Kbg di pubblicare una rivista -ideologica e tendenziosa al fine di trasmetterla a persone residenti in Stati capitalisti per la pubblicazione». Malgrado l'incombente incriminazione a norma dell'articolo 190/1 (-Diffusione di invenzioni ovviamente false, calunniose per l'ordinamento sovietico») nel maggio del 1980 usci l'almanacco Marija. Anche l'espulsione dall'Urss. alla vigilia dei Giochi olimpici, di quattro femministe, non valse ad arrestare un movimento che ormai otteneva ampi consensi. Furono creati i clubs Marija. «di struttura simile alla comunità cristiana», e -Dalekie i bli- zkie» (I lontani e i prossimi) orientato verso fini letterari e sociali. Le autorità, reagirono con perquisizioni, sequestri di manoscritti, alcuni arresti e l'espulsione in Occidente di Sof ija Sokolova. Recentemente usci a Parigi in francese Femmes et Russie. un volume che raccoglie i testi del primo almanacco russo, integrati da vari inediti (Editions des femmes. pag. 217). Conviene subito porre in rilievo che pur tra la diversità dei singoli contributi — rievocazioni di esperienze personali, articoli, poesie, interviste — e degli atteggiamenti — religioso, laico, critico nei confronti della Chiesa ortodossa o del dissenso, tacciato di maschilismo — è stato composto qui un implacabile atto d'accusa contro il regime e la parte maschile della società, che hanno creato condizioni di vita intollerabili per le donne. Prigione e lavoro Date le caratteristiche dell'Urss. è difficile dire se i mali ora denunciati affliggono l'intera popolazione femminile e infantile — molte decine di milioni di persone — o se ci si vuol riferire ad alcune repubbliche e alle grandi città. Ma anche se circoscritte, le zone incriminate appaiono vaste e le carenze gravi. A tutti i livelli, negli ospedali, negli asili nido, nei campeggi dei pionieri (come riferisce nell'agghiacciante racconto Infanzia dorata Vanija Pazuchin. di nove anni) regna un clima repressivo ed ostile. Di particolare interesse è il contributo inedito di Galina Grigoreva, che in una conversazione con Zoe e Valeria (Una donna in prigione) affronta un argomento ancora poco studiato, benché, secondo Avraham Shifrin. autore di una guida dei Lager sovietici (UdSSR Reisefuehrer. Stephanus Edition. Seewis), vi siano nell'Urss 119 campi di concentramento per donne e bambini. Dalle due testimonianze attuali si apprende che 1*80 per cento delle detenute hanno meno di trent'anni. Si tratta spesso di -donne delle stazioni ferroviarie» che talvolta, per sopravvivere, rimangono li a lungo. A Kresty. la principale prigione di Leningrado, si trovano anche delle donne incinte, nutrite, come le altre, con una spesa quotidiana di 37 kopeki (circa 370 lire al cambio ufficiale) fino agli ultimi mesi, quando la razione diventa un po' meno parca. Dopo il parto in un ambulatorio, tornano in prigione, poi sono trasferite con il bambino in un Lager. Eppure, solo il 15 per cento delle detenute è costituito da criminali, le altre vengono arrestate per parassitismo, chiassate, piccoli furti: confezionano abiti e biancheria, lavorando dodici ore al giorno e ricevendo il 5 per cento di quanto producono. Quest'insieme di fatti rivela un rapporto irrigidito e degradato tra il potere e le donne, costrette a lavorare sia fuori sia a casa senza adeguate strutture. -Si trattaiw di far entrare le donne nella produzione, nella vita sociale: ciò corrispondeva ai principi del maransmo. E' per ciò che la parola emancipazione ha per noi un significato completamente negativo». Nel saggio conclusivo Le donne sovietiche e l'emancipazione. Alexandra Novina-Kwiatkowska illustra con le cifre i punti salienti: le elettrici sono di venti milioni più numerose degli elettori, le donne costituiscono il 31 per cento dei deputati del Soviet supremo, quasi il 50 per cento dei Soviet locali, il quarto dei membri del pcus. il 51 per cento della popolazione attiva. Crisi demografica Non vi è nessuna donna al politburo. e l'unico ministro fu Ekaterina Furceva. Hanno tuttavia una funzione parapolitica: i due terzi degli insegnanti, il 32,5 per cento dei giudici, il 49.6 per cento degli assessori, il 75 per cento dei medici sono donne. Molte lavorano per la propaganda e per la stampa. 15 mila donne fanno parte delle Unioni degli scrittori, degli artisti, dei giornalisti, e numerose donne partecipano al dissenso. Le difficoltà della vita quotidiana, le ottanta ore lavorative alla settimana contro le cinquanta ore degli uomini, gli stipendi inferiori di un terzo, hanno causato nella Federazione russa una crisi demografica: -E' questo il solo mezzo di cui dispongono per ridurre la disuguaglianza» in una presunta società unisex, in cui -in realtà il loro sesso è un po' meno uguale di quello degli uomini». Lia Wainstein

Persone citate: Alexandra Novina-kwiatkowska, Sokolova, Tatjana Mamonova