Rabbia e violenza fra i detenuti a S. Vittore che sta «esplodendo» di Remo Lugli

Rabbia e violenza fra i detenuti a S. Vittore che sta «esplodendo» Aperte due inchieste sul vecchio carcere milanese Rabbia e violenza fra i detenuti a S. Vittore che sta «esplodendo» Un consigliere regionale lo ha definito «un girone dell'inferno dantesco» - Celle per 800 persone ne ospitano 1350 - Molte guardie non si riposano da due mesi DAL NOSTRO INVIATO SPECIALE MILANO — Il bubbone San Vittore sta per scoppiare. Sono state aperte due inchieste, la prima lunedi della scorsa settimana per iniziativa del procuratore della Repubblica Gresti, che l'ha affidata al pubblico ministero Bardi, la seconda ieri, da parte del ministero di Grazia e Giustizia, che ha incaricato degli accertamenti l'ispettore distrettuale Innocenti. Grosse voci di protesta s'erano levate nei giorni scorsi nel palazzo di giustizia dagli imputati a giudizio nel processo Torregiani. Un'altra era venuta, attraverso 1 giornali, dal consigliere regionale di democrazia proletaria Emilio Molinari che aveva compiuto una visita nel carcere giovedì 26 febbraio, per tutta la giornata, accompagnato anche da due medici. Molinari ha riportato di San Vittore una immagine da bolgia dantesca. Dice: 'Sembra un girone dell'inferno. E', comunque, una macchina che tende a schiacciare l'individuo con tante piccole cose. A starci dentro c'è da impazzire, letteralmente». Le cifre sono state ripetute tante volte, da sole indicano già un'assurdità, ma tutto continua a restare immutato: 1350 detenuti contro una capienza di 800, quindi sovraffollamento inumano. I carcerieri sono poco più di 300, ne mancano una sessantina, quindi orari massacranti, giovani che da uno, due mesi non fanno una giornata di riposo. Esasperati gli uni e gli altri, i custodi e i custoditi, una situazione esplosiva. Le celle sono da tre, da cinque e da sei posti. Nelle più piccole le tre brande occupano interamente i tre muri liberi, al centro resta uno spazio di due metri per due e qui i tre prigionieri dovrebbero passare le loro ore della giornata, ma in un simile spazio non può muoversi nemmeno uno solo, finisce che tutti e tre stanno sdraiati venti ore, le altre quattro sono quelle deiIlaria-, nei cortili comuni. I politici stanno da soli, uno per cella, un «braccio» che potrebbe contenere 80 persone ne contiene undici; questi politici hanno due sole ore di libertà, in una gabbia di rete creata in un cortile, di otto metri per cinque, chiusa anche di sopra. C'è ovunque una grande sporcizia. Una unica cucina deve provvedere al pasto di 1350, i cucinieri non sono cuochi, ma detenuti adibiti a questo lavoro. Per un motivo e per l'altro accade che quasi nessuno mangia il rancio e tutti s'arrangiano a farsi da mangiare da soli, con il fornello. E i cucinini improvisau, per mancanza di spazio, finiscono per essere creati nei gabinetti che sono attigui alle celle. Ogni giorno, due volte al giorno, almeno mille razioni di rancio rifiutate vengono gettate via. Non esistono infermieri, a un recente bando non s'è presentato nessun aspirante. Si è rimediato facendo fare un rapido corso a 24 guardie le qua li, oltre a svolgere il loro lavo ro, hanno anche questa fun zione, che non va poi al di là delle iniezioni. Il centro clinico è chiuso da mesi, per ristrutturazione; è stato sostituito con una parte del quarto raggio le cui celle, rimaste tali e quali hanno assunto la provvisoria denominazione di centro clinico. Nel reparto femminile ci sono 80 donne, celle stipatissime anche le loro, con servizi igienici inadeguati, mancano i bidet ad esempio. Le donne sono tutte insieme: minorenni, ladre, tossicomani, politiche, comuni. C'è, per i maschi, un centro osservazione criminologica, il Coc, che dovrebbe essere adibito ai soli tossicomani; ospita 130 detenuti dei quali venti non drogati, mentre drogati sono presenti in tutti gli altri reparti. Circola la droga abbondantemente, anche se tutti dicono di no (recentemente sono state arrestate quattro guardie responsabili di aver portato in carcere stupefacenti). Che la droga circoli nel car- cere maschile lo dimostra il fatto che nessuno grida mai per crisi di astinenza, cosa che invece accade nel reparto femminile. Un grammo di droga, dicono, si paga 80 mila lire. Un ragazzo tossicomane, in carcere da poco, s'è indebitato per quattro milioni, che i fornitori hanno poi preteso da suo padre, a casa. C'è caos, c'è disorganizzazione, e mafia, sopraffazione, intimidazione. Ci sono squadre di picchiatori che puniscono chi non si assoggetta al volere dei più prepotenti. Il clima se non è di paura è di terrore, mai sereno; la rabbia, la depressione, l'odio, covano e a volte sfociano nella pazzia, a volte nel suicidio o nel tentato suicidio. E' difficile parlare col direttore, col cappellano, con l'assistente sociale, non tanto perché si è in molti e chi sta al di fuori dei cancelli non può essere a disposizione di tutti, ma piuttosto perché, in questo generale clima di sospetto, andare a parlare con qualcuno di loro c'è poi il pericolo di tirarsi addosso da parte dei compagni l'accusa infamante di spia; L'80 per cento dei detenuti è in attesa di giudizio, taluni sembrano dimenticati, nessu¬ no se ne cura. Molinari cita, ad esempio, il caso di Franco Cocco, che secondo quanto lui stesso ha affermato, è in carcere da 14 mesi e non è ancor stato interrogato dal magistrato. Una donna, Maria Luisa Pisani, 76 anni, è in carcere da 25 giorni perché non aveva pagato il canone televisivo e quando sono andati per sequestrarle l'apparecchio si è ribellata. Una minorenne, A.P., 15 anni, ritenuta implicata in una serie di reati commessi dalla sorella, è rinchiusa in cella con due tossicomani. "Abbiamo superato ogni limite, a San Vittore — dice Molinari —, presenteremo un libro bianco su questa situazione, allargando la visuale a tutte le carceri della provincia. Abbiamo già visitato anche quelle di Monza e purtroppo s'è visto che non sono migliori: stesso sovraffollamento, ovunque muffa, umidità, anche cessi intasati, nessun servizio sanitario per 108 detenuti (che non dovrebbero essere più di 40). E manca anche il direttore, viene un vice una volta la settimana, per qualche ora. Tutti sono nelle mani degli agenti di custodia». Remo Lugli

Persone citate: Emilio Molinari, Franco Cocco, Maria Luisa Pisani, Molinari, Torregiani

Luoghi citati: Milano, Monza