Centoquindici ostaggi stremati sul Boeing atterrato a Damasco

Centoquindici ostaggi stremati sul Boeing atterrato a Damasco Il dirottamento dell'aereo è giunto ormai al nono giorno Centoquindici ostaggi stremati sul Boeing atterrato a Damasco DAMASCO — Il Boeing 720 delle linee aeree pakistane, dirottato nove giorni fa su Kabul da tre oppositori al regime di Zia Ul Haq, è fermo da ieri su una pista secondaria dell'aeroporto internazionale di Damasco. Lo scalo nella capitale siriana appare giustificato, oltre che da motivi tecnici, anche da ragioni politiche. Le trattative, infatti, che nella capitale afghana si erano completamente arenate, potrebbero registrare con la mediazione di Assad, nuovi, importanti sviluppi. Il governo pakistano — ha ricordato in un messaggio il generale Zia — nutre infatti piena fiducia nelle iniziative siriane per la liberazione degli ostaggi e non cercherà di intervenire militarmente se non "chiamato" da Damasco. Che le vicende dell'aereo e dei suoi oltre cento passeggeri siano risolvibili con un intervento esterno trova pure conferma negli appelli che il presidente ha rivolto da Islamabad a Breznev, Reagan, Indirà Ghandi e Valéry Giscard d'Estaing. Le difficoltà, tuttavia, sono notevoli. Innanzi tutto, pesa¬ no sul tavolo delle trattative le richieste che i dirottatori hanno nuovamente avanzato dalla Siria, richieste giudicate finora inaccettabili dalle autorità pakistane. In particolare, sembra per il momento improbabile la scarcerazione dei militanti «Sulfikar» — se¬ guaci dell'ex primo ministro Ali Bhutto, «giustiziato» due anni fa. All'ultimo momento i dirottatori hanno aggiunto altri 42 nomi alla lista dei detenuti (92) di cui già avevano chiesto la liberazione. Si è intanto diffusa la notizia, ufficiosamente confer- mata dal ministro della Difesa pakistano, Rahim Khan, che fra i pirati possa esserci un figlio dello sf,atista ucciso, Murtaza Bhutto. reduce da un incontro a Tripoli con il terrorista venezuelano «Carlos». Forse sono da porre in relazione a questa voce gli arresti — domenica sera — della Begum Nusrat, presidente del Partito Popolare Pakistano, vedova dell'ex premier e di 120 oppositori al regime di Zia. Nella serata di ieri, la donna è uscita dal carcere, ma si trova tuttora agli arresti domiciliari. Quanto alla polemica fra Islamabad e Kabul, divampata nei giorni scorsi, Rahim Khan ha lanciato ai filoterroristi «afghani» una nuova accusa: quella di avere armato di mitra e bombe a mano i dirottatori, rimasti a corto di munizioni. Le autorità di Kabul replicano di avere concesso unicamente «aiuti umanitari, (viveri e generi di conforto) e di essersi decise a rifornire di carburante il Boeing solo per il timore che la vita degli ostaggi fosse decisamente in pericolo. Intanto l'apparecchio resta sulla pista di Damasco e non si riesce ad avere notizia delle condizioni dei passeggeri, che dovrebbero essere allo stremo. Un funzionario dei servizi di sicurezza siriani ha cercato di avere un colloquio con le persone a bordo, ma senza successo. I contatti vengono tenuti esclusivamente tramite la torre di controllo. Via ra dio i dirottatori hanno chiesto che venissero effettuate al cu ne riparazioni al carrello an teriore, rimasto lievemente danneggiato nell'atterraggio Non sembra però che i «pirati» per ora vogliano ripartire. Per farlo, del resto, avrebbero bisogno di un nuovo pieno, che non è stato ancora effettuato. Mentre si incrociano iniziative diplomatiche per arrivare alla liberazione degli ostaggi, da Islamabad giunge notizia che il generale Zia ha deciso un ampio rimpasto governativo. Nel nuovo gabinetto, formato da 23 responsabili, figurano solo otto ministri del precedente, tra cui quelli chiave: Esteri, Difesa e Interni. Si avanza l'ipotesi di una coalizione rafforzata per far fronte in modo compatto alle richieste dei dirottatori.