Le rarità nascoste tra i filari di Edoardo Ballone

Le rarità nascoste tra i filari Quelle bottiglie riservate un tempo all'ospite d'onore Le rarità nascoste tra i filari Oggi certe produzioni di entità limitata sono state dimenticate, messe in ombra dalla doc Un tempo il contadino-anfitrione li chiamava «vin particolar». Li andava a prendere con segretezza in cantina e con religioso orgoglio li proponeva all'ospite. Erano vini •particolari* perché fuori del circuito normale di bevuta. Si offrivano appunto all'ospite gradito, a un amico, o in occasione di un evento degno d'essere ricordato. Con l'arrivo della doc molti di questi vini, simpatici ma ii limitata produzione, sono scomparsi oppure sono scaduti, ingiustamente, nell'apprezzamento. Nel Roero, sulla sinistra del Tanaro, e nel Saluzzese, alle porte delle grandi montagne, esistono ancora questi vini Gradevoli, ma poco conosciuti, non nobili da entrare nel Gotha vinicolo, ma degni d'essere bevuti Vini, insomma, che i « testi sacri» dell'enologia liquidano in poche rigìie fugaci Nel Roero, dalla terra calcarea di Santo Stefano, si sprigiona l'Arneis, vino bianco di sapore nobile e di profumo giusto. Amico dell'estate per una bevuta in una fresca osteria. Ma l'Arneis, che il Di Rovasenda chiamò •nebbiolo bianco» ha una grossa particolarità: è uno dei pochi vini bianchi che ben si sposano con un arrosto. Meno signorile e più leggero è la Favorita, altro bianco del Roero, in territorio di Vezza d'Alba e di Borbore. E' un «vino da discorso», nel senso che è piacevole degustarlo mentre si conversa con amici ma fa pure bella figura in un pranzo a fianco di piatti non impegnativi. Vini di matrice •forestiera-' (dalle loro parti hanno la doc, qui no) sono la Freisa (tipica dell'Astigiano) e il Brachetto (vino di lignaggio nell'Acquese). Questi due rossi, sui bricchi del Roero, diventano invece •vini diversi*, patrimonio di qualche cascina che li produce da pochi filari. Insomma una curiosità per una bevuta divertente. Né si devono confrontare con i •cugini» della loro vera sona di produzione. Sarebbe come pretendere un Riesling secco da una vigna di Marsala Anche il Saluzzese ha i suoi •vini da discorso». O meglio, Pelaverga, Quagliano e Carica l'asino si possono bere, ma sempre più raramente, su alcune collinette di Costigliole di Saluzzo. Il Pelaverga, rosso sapido degno per arrosti fu grande vino nel tardo '800. Nel Saluzzese nasceva la grande industria del mobile e parec| chie aziende furono inaugura¬ te con bicchieri colmi di Pelaverga. Poi questo vino, per i ciechi giochi del destino, scivolò d'importanza e oggi lo si può trovare soltanto in pochi posti fidati. Qualche anno fa si tentò il suo rilancio bisbigliando che il Pelaverga aveva indiscutibili poteri afrodisiaci Mai ci fu testimonianza di ciò e chi lo ha verificato forse preferisce tacere. Anche il Quagliano è un buon rosso, ma reperirlo è ancora più difficile che per il Pelaverga. Infine il Carica l'asino. Nome misterioso per un vino rosso che è ormai quasi introvabile. Si dice che piacesse tanto ai liguri dell'Imperiese che tempo fa portavano olio' nel Saluzzese a dorso d'asino. Al loro ritorno, partendo dal Piemonte, dicevano al contadino: «Carica l'asino». Ovviamente, di vino. Edoardo Ballone

Persone citate: Brachetto, Di Rovasenda, Freisa, Quagliano, Vezza

Luoghi citati: Marsala, Piemonte, Saluzzo