Il gioielliere ripete sconvolto «Ho difeso la mia vite, il lavoro» di Renato Rizzo
Il gioielliere ripete sconvolto «Ho difeso la mia vite, il lavoro» Il gioielliere ripete sconvolto «Ho difeso la mia vite, il lavoro» «Qualche tempo fa alcuni colleghi gioiellieri avevano pregato mio padre di dar loro lezioni di tiro con la pistola per potersi difendere in caso d'aggressione. Allora certi giornali uscirono con titoli di questo tenore: "A Torino c'è lo sceriffo con le scarpe lucide". "Il killer dietro il bancone". Etichette vergognose ed ingiuste per un uomo mite e sereno che vive per la propria famiglia ed il proprio lavoro e non toccherebbe l'ala di una mosca». Patrizia Cortevesio, giovane figlia dell'orefice che ieri mattina ha ucciso in piazza Statuto ha la voce bassa ed accorata: «Mio padre è sconvolto e addolorato, non se la sente di parlare con nessuno. Stamani quando sono arrivata in negozio, dopo la sparatoria, non ha neppure detto nulla a me: si è limitato ad abbracciarmi». Edoardo Cortevesio, «Dino» per gli amici che lo definiscono «un monumento di altruismo e disponibilità, sempre pronto allo scherzo e alla battuta», ha detto soltanto: «Ho difeso la mia vita ed il mio lavoro. Un lavoro disgraziato perché, purtroppo, non ci sono altri modi, se non questo, per tutelarlo oggi». Chi è quest'uomo mite che ieri alle 9,45 ha esploso quattro colpi, tutti micidiali, dalla sua Beretta 7,65? E' stato, alcuni anni fa, campione di tiro con pistola automatica e carabina sportiva (3" in campo nazionale): «Un appassionato di questo sport — dicono gli amici —. Si teneva in costante allenamento». Titolare d'una delle più vecchie gioiellerie di Torino — il negozio di piazza Statuto 14 ha 86 anni ed era già dei suoi bisnonni — Dino Cortevesio è molto conosciuto tra gli orefi¬ ci torinesi: alcuni di loro gli avevano rinnovato l'invito ad addestrarli all'uso d'una pistola dopo l'assassinio dell'orologiaio Albino Allena, trucidato il 7 gennaio in via Monastir da una banda di adolescenti drogati. «Mio padre — prosegue Patrizia — è stato costretto dal destino a fare quello che sapeva fare cosi bene. Un'esperienza che lo ha annientato: proprio lui, così nemico d'ogni forma di violenza, ha dovuto servirsi delle proprie capacità di tiratore scelto per uno scopo tanto orribile». E la giovane si pone una catena di perché cui non sa dare risposta: «Perché proprio a noi? Perché devono capitare queste cose a persone che non hanno mai fatto male a nessuno?». Parole di pietà per l'innocente vittima di quest'agguato tragico: «Il signor Canavesio era un cliente. Non sappiamo se stesse passando per caso o volesse entrare in negozio. Un maledetto caso ha voluto che si trovasse lì proprio in quel momento. Ma perché è dovuto succedere?». Patrizia Cortevesio non ha il porto d'armi, ma sa sparare. «E bene — precisa —. Né potrebbe essere altrimenti visto che papà coltiva l'hobby del tiro a segno da quando avevo 3 anni». Le domandiamo che cosa avrebbe fatto lei, ieri mattina, se si fosse trovata in negozio di fronte a due banditi armati. L'interrogativo cade nel vuoto: la giovane, prima ancora che le giunga la frase, chiude la comunicazione con un educato e dolente: «Buonasera». Renato Rizzo
Persone citate: Beretta, Canavesio, Dino Cortevesio, Edoardo Cortevesio, Patrizia Cortevesio
Luoghi citati: Torino
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