Bonn-Washinton, pericolo di lite di Arrigo Levi

Bonn-Washinton, pericolo di lite IL CASO TEDESCO: PERDE COLPI LA «LOCOMOTP7A D'EUROPA»? Bonn-Washinton, pericolo di lite La Germania giudica positivamente Reagan e Haig - Attende però «una prova definitiva»: la ripresa di un serio negoziato militare tra Usa e Urss - Allarma i tedeschi la possibilità di un intervento armato americano nel Salvador: il contrasto è nell'aria - Ma la Repubblica Federale non «cambierà politica», sa bene che la sua sicurezza dipende dall'alleato d'oltreoceano DAL NOSTRO INVIATO SPECIALE BONN — E' reale il pericolo di una crisi nei rapporti tra la Germania e gli Stati Uniti sulla politica estera dell'Occidente, sui piani di riarmo, sulla ripresa del dialogo con l'Urss? Se ne parla dall'una come dall'altra parte dell'Atlantico; i settimanali americani preparano inchieste su questo tema e si chiedono se la Germania, già principale alleato dell'America in Europa, non stia per cedere il primato all'Inghilterra della signora Thatcher, e persino al-, la Francia di Giscard d'Estaing in attesa di rielezione. Un lungo e aspro dibattito nell'Spd, il partito del cancelliere Schmidt, ha investito tutto il quadro della politica estera e di difesa, e ha rivelato che vi è tra i socialdemocratici una combattiva minoranza di sinistra che vorrebbe ridurre le spese militari e forse tenere in sospeso la costruzione dei nuovi 'euromissili» finché non sia ripreso il negoziato tra Usa e Urss sul Salt 2, e sulle stesse "forze nucleari di teatro». E' vero che il dibattito nell'Spd si è chiuso con una serie di votazioni di tutti gli organi dirigenti del partito, e del gruppo parlamentare, che hanno confermato a grandissima maggioranza, sulla base di un documento di Willy Brandt, presidente del partito, la fiducia in Schmidt e nella sua politica. Ma rimane del malessere, mentre emergono altri contrasti con Washington sulla questione del Salvador. Per cercare di capire come stanno le cose, si può partire da una domanda preliminare: come giudica la Germania il nuovo presidente Reagan? Contrariamente a quanto ci si potrebbe attendere, la risposta a questo quesito è piuttosto positiva, anche da uomini della sinistra socialdemocratica. Mi dice uno dei consiglieri di Schmidt: «Quando il Cancelliere tornò a Bonn, dopo il suo primo incontro con Ronald Reagan, che era già stato eletto ma non ancora insediato, disse a tutti noi che dovevamo dimenticarci tutto quanto era stato detto durante la campagna presidenziale. Giudicava che il Presidente dimostrasse un notevole talento nella scelta di collaboratori altamente qualificati ed era convinto che Reagan fosse disposto a portare avanti il negoziato Salt». / tedeschi (che amavano as¬ sai poco Carter) giudicano molto favorevolmente il nuovo segretario di Stato Haig, amico di Schmidt e ritenuto «il primo segretario di Stato americano che abbia un'autentica conoscenza di prima mano delle questioni europee, che conosca i problemi dell'Spd in Germania come quelli della de in Italia». Ma i tedeschi pensano che vi siano ancora conflitti e rivalità nel nuovo vertice americano e ritengono che l'amministrazione Reagan «non sia ancora giunta a un'articolazione definitiva della sua politica estera e dei suoi metodi di lavoro». A ttendono perciò «una prova definitiva», che dovrebbe essere l'avvio dei negoziati strategici con l'Unione Sovietica. Ma l'America vorrà avviarli, senza troppi rinvìi? A questa domanda, i miei interlocutori rispondono segnalandomi un passo del messaggio economico del presidente Reagan che è sfuggito a molti e che merita d'essere citato. «Noi. ho scritto Reagan, a giustificazione dell'aumento della spesa militare, rimaniamo impegnati all'obiettivo della limitazione degli armamenti attraverso il negoziato e speriamo di poter persuadere i nostri avversari ad arrivare ad accordi realistici, equilibrati e verificabili. Ma. mentre negoziamo (as we negotiate), la nostra sicurezza deve essere interamente protetta da un programma difensivo equilibrato e realistico». Divergenze Commentano i miei interlocutori: «Questa è una frase precisa e importante e per questo noi ci aspettiamo che il negoziato militare tra le due superpotenze riprenderà, e che quindi anche la distensione in Europa continuerà, nei suoi contenuti militari». E concludono: «Nell'insieme, abbiamo l'impressione che la cooperazione euro-americana migliorerà, a paragone degli anni di Carter, sia nell'atmosfera che nella sostanza e nella continuità. Ci aspettiamo una stretta collaborazione e consultazioni molto intense. Questo non vuol dire che in futuro non ci saranno tra noi divergenze. Ma l'America di Reagan, anche se non sarà più facile di quella di Carter, sarà più fidata e più prevedibile». Per giudicare la credibilità di questa previsione ottimistica è necessario concentrare l'attenzione sulle divergenze, attuali o potenziali. La principale potrebbe riguardare i tempi e modi del negoziato militare con l'Urss, «che non può essere fatto dipendere da altre cose, da altri comportamenti sovietici, mi dice il politologo Richard Loewenthal, perché è di per sé nell'interesse reciproco». Ma i tedeschi, se vogliono il negoziato, non hanno alcuna intenzione di cadere nella trappola della moratoria offerta da Breznev per le -forze nucleari di teatro», in quanto essa non farebbe che rendere definitivo l'attuale squilibrio. I russi hanno infatti accelerato l'installazione dei missili SS-20, che oggi sarebbero già più di 180, per la maggioranza puntati sull'Europa. «Noi sappiamo, mi dice Horst Ehmke, »ice-leader dell'Spd al Bundestag, che vi saranno in totale 30 postazioni, ciascuna con nove lanciamissili. Poiché ogni lanciamissili può essere caricato tre volte, e ogni missile ha tre testate, si ottiene un totale di 2.430 testate, per due terzi puntate sull'Europa (le altre sulla Cina): questa sarebbe una vera e propria "capacità di primo colpo"». Già oggi i sovietici hanno dunque radicalmente cambiato, con gli SS-20, esistenti, l'equilibrio militare in Europa, e una risposta occidentale s'impone. Ma questo non toglie che convenga anche negoziare, giacché, mi dice Karsten Voigt, portavoce del gruppo Spd per la politica estera, e uno dei leaders della sinistra, «gli accordi per la limitazione degli armamenti sono anch'essi parte essenziale della politica di difesa, anche se non possono sostituirla». Voigt, che è stato da poco negli Stati Uniti, e ha trovato i reaganiani «migliori di quanto si aspettasse», ha fiducia che, dopo un franco confronto di opinioni, si realizzi un accordo, o anzi «un compromesso», tra Bonn e Washington, tra America ed Europa. Ma è chiaro che se l'America non riprendesse in tempi ragionevoli un serio negoziato militare con l'Urss, in sede Salt e sugli euromissili, sorgerebbero gravi difficoltà, sia per i rapporti UsaGermania, sia per il rapporto tra il governo tedesco e l'Spd, sia per quei governi europei che, come quello italiano, hanno condiviso la linea -duplice» tedesca: costruire gli euromissili, e insieme negoziare. Soltanto a questa condizione il programma degli euromissili è stato varato dalla Nato, anche con l'accordo americano: «La base psicologica di questo programma in Germania diverrebbe pericolosamente esile, dice Theo Sommer, direttore di Die Zeit, molto vicino a Schmidt, se gli americani non riprendessero il negoziato militare con i russi». I tedeschi non si aspettano che il negoziato dia risultati rapidi, ma che riprenda. Il principale pericolo di crisi nei rapporti tra questa Germania (e quest'Europa) e questa America potrebbe dunque venire, mi sembra, non dalla Germania, bensì dall'America, se questa decidesse di abbandonare la politica comune. Ma i governanti tedeschi sono nell'insieme convinti che questa crisi non ci sarà, «perché gli americani, mi dice Ehmke, negozieranno». Il riarmo Altre difficoltà potranno sorgere: per esempio, sul livello della spesa militare, o sull 'assunzione da parte degli europei di impegni operativi al di fuori dell'area Nato. Sul primo punto i contrasti saranno però sicuramente negoziabili. Sul secondo, mi dice ancora Ehmke, vi è già una tacita intesa sul fatto che, mentre Gran Bretagna e Francia potranno intensificare la loro presenza militare -ad Est di Suez», la Germania potrà fare la sua parte diversamente. Impedita dalla sua Costituzione a fare altro che una politica -difensiva» (ciò mal giustificherebbe una presenza militare nel Golfo Persico), potrà però riempire i vuoti lasciati dalle forze Usa sul fronte europeo e rafforzare in Europa le costose infrastrutture necessarie per accrescere la mobilità delle forze americane di rapido impiego, anche in funzione extra-europea. E' prevedibile anche un rafforzamento della presenza navale tedesca nell'Atlantico, specie nel settore delle forze antisottomarini. Va ricordato che il trattato dell'Unione dell'Europa Occidentale poneva dei limiti al riarmo navale tedesco: mi dicono a Bonn che questi limiti sono stati o stanno per essere tolti dai governi interessati (la questione è circondata da una certa segretezza). Su tutti questi problemi, e su altri analoghi, sì prevedono -delle difficoltà», ma nulla d'insuperabile. Altre tensioni potranno riguardare il terzo mondo. I tedeschi sono molto allarmati dalla possibilità di un intervento militare americano nel Salvador: esso potrebbe servire da pretesto e copertura per i russi in zone ben più. importanti (la Polonia), mentre scatenerebbe in Europa un grande movimento di sinistra antiamericano. L'Spd si sta perciò sforzando, d'accordo con gli altri partiti socialisti europei, e con utili appoggi anche democristiani (da parte italiana sono intervenuti in questa complessa impresa sia Craxi sia Rumor), di promuovere un accordo politico tra governo e ribelli nel Salvador: è ritenuto non impossibile, se l'America non prenderà una posizione definitivamente negativa. Per Horst Ehmke, questo è il problema più pericoloso di tutti per il futuro dei rapporti Germania-Usa. Altri osservatori, come Richard Loewenthal, non credono che il Salvador possa diventare una causa di rottura. Persone vicine a Schmidt mi dicono: «Non vogliamo litigare cosi presto e per una questione simile con la nuova Amministrazione». Ma il litigio è nell'aria e potrebbe esplodere, con pericolose ripercussioni su tutto l'insieme dei rapporti tedesco-americani. Si aggiunga che vi sono anche altri contrasti, per esempio in materia di politica economica (i tassi d'interesse); o sull'opportunità del previsto accordo tra europei e russi per il gigantesco gasdotto siberiano. I tedeschi sono convinti che non renderebbe l'Europa politicamente ed economicamente dipendente dall'energia sovietica, e lo ritengono utile per aiutare i sovietici a produrre energia, «senza la quale potrebbero tentare un giorno di prendersi il petrolio del Medio Oriente». Ma gli americani hanno molti dubbi. Vi saranno quindi non poche occasioni di contrasti tra Germania e America. Ma tutto ciò, a mio parere, non giustifica in alcun modo il timore che la Germania possa -cambiare politica», in senso neutralista. I tedeschi sanno troppo bene che la loro sicurezza dipende dall'alleanza americana. La tradizionale politica -atlantica» della Germania ha del resto l'appoggio, non soltanto della grande maggioranza dei socialdemocratici e dei liberali, ma anche dei democristiani. «Siamo noi democristiani, mi ha detto al Bundestag Alois Mertes, deputato e portavoce della Cdu per la politica estera, la vera garanzia che la Germania non cambierà politica. E' anzi grazie a noi che Schmidt ha superato i suoi problemi di partito ed è ancora Cancelliere». In questa affermazione, con qualche esagerazione, vi è anche una parte di verità. Va osservato però che la stessa politica estera, se proposta da un governo democristiano, anziché da un governo socialdemocratico-liberale, avrebbe minor seguito in Europa: per esempio, tra i socialisti (e i comunisti) italiani. Sarebbe bene che questo l'America non lo dimenticasse. Arrigo Levi