Il papà di sor Pampurio all'ospizio di Luciano Curino

Il papà di sor Pampurio all'ospizio A Reggio Emilia, vicino al paese natale, vecchio, malato e dimenticato Il papà di sor Pampurio all'ospizio Il pittore Carlo Bisi, che inventò il celebre personaggio del «Corrierino», sempre scontento di tutto e di tutti, ha compiuto 90 anni - Le sue storie furono seguite da tre generazioni di piccoli lettori DAL NOSTRO INVIATO SPECIALE REGGIO EMILIA — Dimenticato per tanto tempo, ci si è improvvisamente ricordati del pittore Carlo Bisi, ora che ha 90 anni ed è in un letto dell'ospizio di Reggio. Nella sua cartella di ricoverato è scritto che Bisi è nato da queste parti, a Brescello nella Bassa, si è diplomato all'Istituto Belle Arti di Parma, la sua ultima attività lavorativa è stata -giornalista e maestro d'arte*. Nessun accenno al Sor Pampurio. Certo, non ci si aspetta di trovare questo pupazzo menzionato nella cartella di un ospizio. Ma è proprio per lui che Bisi è stato famoso e adesso è ricordato. Il nevrotico e rissoso Pampurio è stato uno dei personaggi più popolari di due, tre generazioni di bimbi. Milioni di bambini. Per quasi quarantanni protagonista fisso del Corriere dei Piccoli, con il fortunatissimo Bonaventura di Sto (Sergio Tofano), i catastrofici ragazzini Bibì e Bibò venuti dall'America con il capitano Cocoricò e la Tordella, lo scalcagnato soldato Marmittone di Angoletta e il professor Pier Cloruro dei Lambicchi di Manca. Faceva pensare ai pupazzi disegnati dai bambini. Un triste volto ovale con ai lati due grossi grumi di capelli, il lungo naso sghembo, il pizzetto, gli occhi erano due puntini. Livido. Non era simpatico e le sue settimanali miserevoli sventure non trovavano solidarietà. Il bello di quelle sto¬ rielle, anzi, era che finivano sempre male per il Sor Pampurio. Semmai un poco di simpatia si aveva per la moglie, la Pampuria, e per il figliolo, Pampurino, la cui vita era tribolata a causa di quell'uomo iracondo. Il personaggio è nato nel 1929. Bisi non ricorda dove ha trovato, come gli è venuto questo nome: Pampurio. (Nome diventato emblematico negli Anni Trenta: dire «non fa¬ re il pampurio* significava: calmati, non essere nevrastenico). Ma ricorda che si fece vivo un signor Pampurio, operaio della Meccanica di Sesto San Giovanni, protestando per l'omonimia, e si dovette trattarlo con le buone. Nato in epoca fascista, Pampurio è un borghese, borghesissimo personaggio immerso in un mondo banale, vive mediocri avventure in desolanti atmosfere, maniaco della rispettabilità e del bilancio domestico. Niente di «eroico* e di -virile*, come vuole la mistica del tempo. E' sempre alla ricerca di una nuova casa, di una nuova domestica, sempre insoddisfatto, è la caricatura dell'italiano medio con piccoli problemi quotidiani, oltre i quali non sa andare. «Sor Pampurio è arcicontento i del suo nuovo appartamento* incominciano le storielle. Ma poi capita che c'è un vicino che suona il trombone o un altro con cani vivaci, c'è sempre qualcosa che non va e finisce che Pampurio -seccato e arciscontento i cambia in fretta appartamento*. Non è mai contento di nulla e nell'ultimo quadretto cambia appartamento, cambia luogo di villeggiatura, cambia amici, cambia la poltrona della quale poco prima era -arcicontento*. Irrequieto, collerico e sbraitone, continuamente cambia domestica. (-Sor Pampurio a dar s'affretta i gli otto giorni alla servetta*). La licenzia per scioccheeze (per esempio, nel '40 la licenzia perché si ostina a usare il - lei* invece del -voi*), perché è isterico, un un autentico -pampurio*. Le sue disavventure divertono, e ciò può sembrare sottile crudeltà. Va detto, però, che Pampurio è sì perseguitato da un fato avverso, ma soprattutto è vittima della sua intolleranza e incapacità di vivere tra la gente, comprenderla e pazientare. Bonaventura è l'ottimismo, con il milione che riceve in premio alla fine di ogni avventura rappresenta l'evasione nel sogno, nell'illusione. Pampurio è il pessimismo, è il risvolto più emblematico della mediocrità, che istintivamente i bambini rifiutano e delle sue sventure ridono. -Sor Pampurio sviluppa, in un'impietosa teoria di piccoli fatti, di tragedie domestiche, di lividi "inconvenienti", tutta l'alienata epopea dell'uomo medio italiano*, osset-va il pedagogo Antonio Faeti in un'analisi degli illustratori per l'infanzia. -Egli è vittima di ciò che gli accade, ma è anche un nevrotico protagonista di sempre nuove svolte esistenziali, nelle quali si immerge, con piena partecipazione, subendo meccanicamente il peso di un fato, casalingo e borghese, ma assoluto padrone di ogni cosa*. E Carlo Della Corte, autore del primo libro sui fumetti uscito in Italia, ricorda Pampurio -padre di famiglia vecchio stile, severo con i subordinati (licenzia ogni volta una servetta in lacrime) che rappresenta durante il fascismo un certo rapporto tra la borghesia del regime e i sottomessi. Non a caso sparisce nel '65, alla vigilia della contestazione. Il meccanismo ideologico che animava le sue avventure si era per sempre scaricato*. Dopo aver concluso la storia di Pampurio, Bisi ha cominciato a raccontare le vicende della famiglia Doggidi, in concorrenza sempre più difficile con gli eroi dei fumetti. E ha anche continuato il suo lavoro di -maestro d'arte*, a dipingere paesaggi. Ha lavorato fino a quattro anni fa, quando ha dovuto abbandonare i pennelli perché la vista gli si era indebolita. Ma già da tempo era dimenticato (soltanto adesso, d'improvviso, ci si ricorda di lui). Non hanno dimenticato, invece, il suo personaggio milioni di italiani cresciuti con il -corrierino». Che hanno riso del Sor Pampurio: eppure quanti di loro sono diventati anch'essi -pampuri*. Luciano Curino IIIIIIIMIIIB aBSe* ■ Reggio Emilia. Carlo Bisi, i «padre» di Sor Pampurio

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