Condannati a 25 anni i due fratelli killer del «boss» rivale Tomasello
Condannati a 25 anni i due fratelli killer del «boss» rivale Tomasello Concluso il processo in assise, il pm aveva chiesto l'ergastolo Condannati a 25 anni i due fratelli killer del «boss» rivale Tomasello La sentenza ieri sera dopo oltre sette ore di camera di consiglio - La corta ha escluso l'aggravante della premeditazione - 3 anni e 9 mesi di pena al nipote della vittima Condanna a 25 anni di carcere per i fratelli Antonio e Francesco Prigitano ritenuti responsabili di aver ucciso, la notte del 21 agosto '77, il «boss» Domenico Tomasello. I giudici della prima corte d'assise (pres. Cucchiara, p.m. Fassio, cane. Giannone) hanno escluso l'aggravante della premeditazione allontanando cosi lo spettro dell'ergastolo chiesto dal p.m. per entrambi. La sentenza è stata emessa alle 19,30 di ieri dopo sette ore e mezzo di camera di consiglio. I fratelli hanno accolto la condanna in silenzio. Il pubblico, formato in gran parte da parenti e amici della vittima, non ha fiatato. Prima che i giudici si ritirassero in camera di consiglio, poco dopo mezzogiorno, da dietro le transenne erano partite urla, invettive contro gli imputati: ieri sera invece il silenzio, anche se carico di tensione, era completo. Demetrio Vazzana. nipote della vittima, imputato di detenzione d'arma e lesioni è stato condannato a 3 anni e 9 mesi. Un anno è stato inflitto ad un suo amico, Giuseppe De Monte, per porto abusivo di coltello. Per gli ultimi due il p.m. aveva chiesto rispettivamente 8 e 3 anni. Condonati a tutti 2 anni. La vicenda risale all'agosto '77. Due gruppi si contendono il controllo della prostituzione nella zona tra Stupinigi e Pinerolo. Sono i Tomasello e i Prigitano. Tra le due bande avvengono intimidazioni, minacce, ferimenti. La resa dei conti arriva davanti al bar «Astor» di via Berthollet angolo via Saluzzo la sera del 21 agosto. Nel locale si trovano Domenico Tomasello e il nipote Demetrio Vazzana. Qualcuno chiama fuori dal bar il Tomasello. Il «boss» esce e scatta la trappola: due colpi lo raggiungono al torace, muore poco dopo in ospedale. Il nipote, che ha assistito alla scena, spara alcuni colpi contro i killer in fuga. Al magistrato indica nei fratelli Prigitano gli assassini, anche se poi in aula farà marcia indietro. Vazzana e l'amico De Monte avrebbero aggredito i Frigitano una settimana prima dell'omicidio: da qui sarebbe scattata la vendetta contro il «clan» Tomasello. Difficile il compito dei di¬ fensori, avvocati Gallo. Musumeci, Bernardo e Fantini (per i Prigitano), Dal Piaz per Vazzana e Mirate di Asti per De Monte. Parte civile l'avv. Ielasi. Questa in sintesi la linea difensiva. L'accusa aveva come pilastro la deposizione del Vazzana che poi ha ritrattato, non esistono quindi prove certe. In una lettera scritta dal Vezzana in carcere si legge: «I Prigitano sanno chi ha sparato, lo dicano». La missiva è stata presentata ieri ai giudici. Ma c'è di più. Uno dei difensori, l'avv. Bernardo di Messina ha detto: «Ho parlato per telefono con l'assassino, ma non posso fare il nome, c'è il segreto professionale». Una pressione sleale sui giudici, come ha sostenuto il p.m. Fassio o la verità? Il prof. Marcello Gallo si è soffermato in particolare sulla mancanza di prove sicure per condannare i Prigitano, sul carattere «indiziario» assunto dal processo dopo la ritrattazione del Vazzana. «Nessuno può sostenere che gli imputati abbiano agito con premeditazione, erano lì per caso» hanno ribadito i difensori. E i giudici dopo una lunga camera di consiglio hanno accolto questa tesi, ma è l'unica concessione fatta alla difesa. Una quindicina di giorni fa i fratelli Prigitano sono stati condannati a 18 anni per il sequestro di Stefania Rivoira. n. piet.
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