«Le assunzioni all'Alfa non furono irregolari»
«Le assunzioni all'Alfa non furono irregolari» La sentenza emessa dalla Cassazione «Le assunzioni all'Alfa non furono irregolari» Annullata la condanna a Cortesi (per protesta si dimise da presidente) - «Il sindacato non può costituirsi parte civile solo in quanto associazione che tutela il lavoratore» ROMA — Gaetano Cortesi, ex presidente dell'Alfa Romeo, non è stato responsabile di alcuna violazione alla legge per le 700 assunzioni compiute nel '76 a Milano dall'azienda: la Cassazione lo ha stabilito l'altro ieri, annullando la condanna subita da Cortesi in primo grado e che due anni fa aveva spinto il presidente dell'Alfa a dimettersi, in un clamoroso gesto di protesta. Con la stessa sentenza, la Corte ha ribadito anche un principio che era stato già affermato in una recente decisione: il sindacato non può costituirsi parte civile in un processo solo in quanto associazione che tutela il lavoratore. Per poter partecipare al giudizio, deve dimostrare in concreto l'esistenza di un •danno diretto e immediato*, cosi come la legge impone. La vicenda era esplosa ai primi del '76, quando a Milano il mercato del lavoro era appena stato sconvolto dal fallimento della Unidal. Accogliendo l'invito dei sindacati, l'Alfa aveva deciso l'assunzione di 700 lavoratori rimasti disoccupati. Il processo nacque dal fatto che, nelle nuove assunzioni, l'azienda non passò attraverso l'ufficio di collocamento, ma utilizzò un elenco di operai dell'Unidal rimasti disoccupati. Pochi mesi dopo, sull'inchiesta aperta dai pretori Di Lecce, Costagliola e Culotta se ne innestò una seconda, partita da una denuncia del Movimento lavoratori per il socialismo. Prendendo spunto dalla vicenda di un operaio, l'Mls accusò l'Alfa di essersi servita di un'agenzia di investigazioni private («La segreta») per •schedare* i lavoratori compiendo prima dell'assunzione indagini sulla loro vita privata. In primo grado, il 27 maggio del '78, il pretore Culotta aveva condannato Cortesi, altri tre dirigenti dell'Alfa (Roberto Caravaggi, Domenico Segala e Luigi Pierani) e due-funzionari del collocamento, Mauro Binda e Rosario Loiacono, a un mese di reclusione e a un'ammenda. Cortesi si era dimesso per protesta subito dopo. In secondo grado, il 7 maggio del '79, il tribunale di Milano aveva risolto la questione applicando l'amnistia. Cortesi e gli altri erano ricorsi in Cassazione attraverso il professor Giandomenico Pisapia. La sentenza dell'altro ieri ha accolto in pieno le loro ragioni, eccettuate quelle di Domenico Segala, un funzionario dell'ufficio personale. In attesa della motivazione, sui ragionamenti che hanno condotto a questa decisione si possono solo avanzare delle ipotesi, ma alcuni dati appaiono già piuttosto chiari. La Cassazione ha accolto le tesi già prospettate durante il giudizio di appello: da una parte, Cortesi, Caravaggi e Pierani per le funzioni che ricoprivano nell'Alfa Romeo non potevano interessarsi direttamente (e quindi esser ritenuti responsabili) della procedura seguita nelle assunzioni; dall'altra le disfunzioni dell'ufficio di collocamento (assolutamente non in «rado di svolgere i suoi compii. con la necessaria rapidità) avevano reso indispensabile, per non protrarre l'attesa di 700 disoccupati, il ricorso a elenchi nominativi. Il professor Pisapia aveva riproposto anche un'eccezione di illegittimità costituzionale: a suo giudizio, la norma che impone le assunzioni numeriche solo per gli operai è discriminatoria. La Cassazione però non ha affrontato questo tema. In ultimo, la questione dei sindacati: secondo la Suprema corte, nel processo Alfa Romeo le confederazioni non avevano alcun titolo per comparire. Sarà interessante, nella motivazione, seguire più in dettaglio il ragionamento della Corte: è già evidente però il richiamo a un'applicazione più restrittiva della norma che condiziona la partecipazione di un terzo danneggiato al processo al fatto che il torto subito sia •diratto e immediato*. Fra gli imputati, solo Domenico Segala — il dirigente più direttamente coinvolto nella vicenda delle -schedature» — ha visto respinto il suo ricorso. Nel '78, era stato ferito alle gambe in un attentato dalle «Unità combattenti comuniste», jt. Zi
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