Wodehouse: tutto mi fa ridere anche i guai del mondo

Wodehouse: tutto mi fa ridere anche i guai del mondo Un'autobiografia dello scrittore Wodehouse: tutto mi fa ridere anche i guai del mondo TI spedisco, con una spesa non indifferente (4 dollari) il romanzo di Norman Mailer "Il nudo e il morto". Non ti posso spiegare meglio quanto le cose qui (in America; siano cambiate se non raccomandandoti di leggere questo libro che è in testa a tutte le classifiche. E' un buon romanzo, appassionante. Ma non è forse incredibile che oggi sì possano stampare in un libro le cose che quando noi eravamo giovani si trovavano scritte solo sui muri dei cessi?». La lettera, scritta ad un amico, è del 1948. Due guerre mondiali hanno cambiato la faccia del mondo, ma non quella di Pelham Grenville Wodehouse e dei suoi personaggi. Anche loro, dal lontano 1902, anno del suo primo romanzo, non hanno mai smesso di bere una tazza di tè «non troppo calda, non troppo dolce, non troppo debole, non troppo forte, sema troppo latte: Non hanno mai smesso di chiamarsi Bertie Wooster e Jeeves, Bingo Little e TJkridge, di correre dietro a ragazze pallide e vanesie, di entrare ed uscire dal portone di un castello. Per ben 96 romanzi, autore, personaggi, lune, letti e polvere sono stati gli stessi, fino al febbraio del 1975, anno della sua morte a Long Island. L'umorismo di Wodehouse aveva bisogno della immobilità delle situazioni, di un mondo di abitudini, della rassicurazione che dà la ripetitività per offrire a se stesso e ai suoi lettori gags e battute che nascevano dallo spostamento «innocente» di un particolare, da un malinteso, dall'incrinatura, apparente, dell'ordine. La sua autobiografia resta in questo senso esemplare di un modo di essere e di lavorare intorno ad una boutade, a una parola, e mantenendo nei confronti dei ricordi non la profondità del passato ma un presente continuo. Wodehouse on Wodehouse è stata da poco pubblicata dalla Hutchinson (pagine 655, L. 9.95) e raccoglie i tre libri di memorie dello scrittore inglese ormai introvabili: Fuori le ragazze, scritto in collaborazione con il commediografo Guy Bolton, una storia della commedia musicale sui due continenti, La pulce che recita, un autoritratto, fra il 1920 e il 1952, sotto forma di lettere e Sopra i settanta, una lunga chiacchierata autobiografica che prende l'avvio da una notissima trasmissione televisiva americana. Nato il 15 giugno del 1881 a Guildf ord, in Inghilterra, terzogenito di un magistrato che lavorava ad Hong-Kong, Wodehouse studia al Dulwich College e raggiunge il padre che lo fa assumere nella Hong-Kong & Shangai Bank. Ne esce prestissimo, dopo aver scritto uno spiritoso commento per la visita dei Sovrani alla banca sul frontespizio del suo libro contabile. Scriverà: .E' stata l'unica volta che abbia scritto una cosa intelligente». Dopo questo episodio il quotidiano «Globe» lo inviterà a redigere una rubrica umoristica. Ma come ricorda in Fuori le ragazze la sua grande passione è quella del teatro, la commedia musicale, quella che vedrà nei teatri di Broadway, in America dopo il 1904: » La commedia musicale è il mio piatto favorito, è la mia chiesa. Avrei preferito scrivere Oklahoma! che Amleto». E più tardi: «Aron ho mai rimpianto i miei flirts col teatro anche se mi sono costati forti angosce mentali Per non parlare dei capelli che ho perso, tanto che oggi, quando sono in penombra, mi si scambia per Yul Brynner». Sono gli anni di grande collaborazione con il commediografo Guy Bolton e Jerome Kern, il favoloso Ziegfeld e il giovanottino Gershwin (dirà di lui: 'Suona da solo come un'intera orchestra»). Insieme riescono a tenere contemporaneamente cinque spettacoli a Broadway e dodici compagnie in provincia. Ma la febbrile attività di canzonettista e commediografo, se non gli permette di arredare le case in cui abita e di comprarsi una macchina da scrivere decente, non gli impedisce di raccogliere, a ritmo vertiginoso, cani e gatti, e di scrivere due romanzi l'anno, con e senza Jeeves. E trova anche il tempo per leggere. Wodehouse è un lettore raffinato e at¬ tento, anche se preferisce nascondere i suoi interessi per i classici e infierire sui contemporanei con boutades: «Ho comprato "Il mondo nuovo" di Huxley, che noia sono le storie del futuro. Non riesco a leggerlo. Lui crede di essere il più bravo a scrivere sulla vita moderna descrivendo il futuro. Al diavolo Huxley!». Gli interessa la narrativa popolare, il genere di giallo nuovo che si fa in America, Raymond Chandler: .Ho appena finito di leggere "Addio mia amata". E' un buon romanzo, ma c'è una cosa che non sono mai riuscito a capire: come sia possibile che nei romanzi i detectives possano bere così tanto e rimanere lucidi. Quelli di Peter Cheyney poi riescono a trovare il whisky nella Londra anteguerra, quando una bottiglia costava 4 sterline! Mi sembra più accorto e bravo Rex Stout che fa bere a Nero Wolfe solo latte». Wodehouse conosce il pubblico, soprattutto quello inglese, sa quanto sia permaloso e nei suoi romanzi del dopoguerra eliminerà accuratamente le bistecche per sostituirle con uova fritte e sardine. Non commette gli errori di Agatha Christie, che in un suo romanzo del '46 serve in pagina anatre, arrosti e soufflé, in un andare su e giù di frotte di domestici. Dirà: 'Agatha è ignara della situazione economica inglese». Ma l'unica realtà che lo avvince, sulla quale è attento, sono le pagine dei libri, gli spartiti musicali, le tavole del palcoscenico, il mondo della finzione. Storia e realtà sono universi lontani, poco attraenti, pretesti per burle. Nel '36 scrive ad un amico: 'Tifami una risata». E gli spedisce la mozione del premio Mark Twain, che aveva ricevuto insieme con Mussolini. Nel '41, durante la seconda guerra mondiale, viene internato dai nazisti nell'Alta Slesia, a Tost, in un centro di raccolta per «persone non gradite». Anche 11 fa lo spiritoso e l'assente: rilascia alla CBS alcune conversazioni paradossali sulla vita quotidiana nel campo. I tedeschi le trasmettono come propaganda in loro favore: Wodehouse è accusato di filonazismo. «Test insostenibile e persino ridicola» dichiara George Orwell che lo difende con Evelyn Waugh, ma gli inglesi si offendono e i suoi libri finiscono sottobanco. Anche Wodehouse farà l'offeso e non tornerà più in Inghilterra, neppure quando la Regina Elisabetta, nel 1975, lo nominerà insieme a Charlie Chaplin (per «Il Dittatore»), baronetto del Regno Unito. A distanza di anni, ripensando a quell'episodio, forse un dubbio e anche un suggerimento del diplomatico Jeeves, Wodehouse deve averlo avuto sulla sua tragica condanna allo scherzo e alla risata continua, perché nelle pagine de La pulce che recita lascia spazio alle voci che possono difenderlo nella memoria delle immancabili future generazioni di le t- torL NicoOrengo Un'immagine di P. G. Wodehouse. scomparso sei anni fa Raccolte le memorie postume del celebre umorista inglese. «Avrei preferito scrivere "Oklahoma!" che "Amleto"». «Gershwin da solo suona come un'intera orchestra». «"Il mondo nuovo" di Huxley è una noia. Non riesco a leggerlo»