Alla corte di Luigi XIV il vero re è l'etichetta

Alla corte di Luigi XIV il vero re è l'etichetta Storia Alla corte di Luigi XIV il vero re è l'etichetta IL titolo può far pensare che questo libro tratti di sociologia delle corti in generale. Ma in realtà l'opera di Norbert Elias si occupa di una corte in particolare, cioè quella del Re Sole. A prima vista almeno, non si capisce bene perché proprio la corte di Luigi XIV debba essere considerata come «la corte» per antonomasia, a preferenza — che so io? — delle corti italiane dell'età di Baldassarre Castiglione, di quelle dell'imperatore della Cina, dello zar di Russia o del sultano di Costantinopoli, oppure della corte papale dell'apogeo della Controriforma. Ma forse qualche lume si può trarre dal cenno biografico su Norbert Elias, che è stampato sul retro della copertina. Si tratta di un professore tedesco, nato nel 1897, cioè formatosi negli anni dell'apogeo di Max Weber, il quale fu poi costretto dal nazismo ad esulare e si trapiantò in Inghil¬ terra. Probabilmente, gli sembrava che la corte del Re Sole avesse i requisiti per incarnare il concetto weberiano di Ideal Typus: a parte il fatto che un bravo Herr Professor tedesco di altri tempi, quando si interessava ad un determinato argomento, non si sognava' neppure di dubitare che quell'argomento fosse il più interessante in assoluto anche per il resto dell'umanità. Il richiamo a Max Weber è pertinente anche per le frequenti note a pie di pagina che a Weber si riferiscono. Ma lo è soprattutto perché l'opera ha tutta l'aria di una sorta di contrappunto de L'etica protestante e lo «spirito del capitalismo». Max Weber indaga il rapporto tra lo sviluppo dell'economia capitalistica moderna e l'ascesi intramondana del calvinismo: Norbert Elias investiga il rapporto tra la massiccia realtà della corte del Re Sole, che del¬ l'economia moderna è la negazione clamorosa, con lo «spirito» di una società fondata sul privilegio di casta, sulla gerarchia e le sue rigide regole di comportamento, sul disprezzo del lavoro a fini di profitto. La differenza tra i due sta nel fatto che Weber dice chiaro e tondo che alla radice dell'attivismo economico di stampo calvinista c'è una motivazione di carattere teologico e Norbert Elias preferisce lasciare intuire piuttosto che esplicitare il rapporto tra la Controriforma cattolica e lo stile di vita della corte del Re Sole. L'opera si apre con un capitolo molto bello sull'architettura dei palazzi parigini come specchio della mentalità aristocratica e delle gerarchie sociali delPAncien Regime. Continua con un'analisi assai seria ed approfondita di tale sistema gerarchico e delle sue scale di valori, la quale sbocca con piena coerenza nella parte centrale e più felice dell'intero libro, cioè nell'analisi dell'etichetta e del cerimoniale come elementi costitutivi e fondamentali della società di corte. Lungi dall'essere un ammasso di assurdità insensate, etichetta e cerimoniale corrispondevano ad una logica — diciamo così — «esistenziale», cui il re in persona non poteva sottrarsi. Poiché attraverso l'etichetta e il cerimoniale ciascuno aveva una sua parte di privilegi ed • ognuno viveva sotto il timore di perdere qualcosa di questa sua posizione privilegiata, ne derivava una generale tendenza all'immobilità. La pressione in senso gerarchico e immobilistico non scendeva solo dall'alto della piramide del potere verso il basso, ma saliva altresì dal basso verso l'alto. Il re e i grandi aristocratici erano altrettanto prigionieri del sistema di quanto lo fossero coloro che stavano ai gradini inferiori. Come abbiamo detto, in questi capitoli centrali che sono anche la parte più grossa materialmente del volume, Elias raggiunge i risultati migliori della sua indagine e scrive pagine indubbiamente profonde e suggestive, malgrado qualche occasionale pesantezza professionale. Un po' meno convincente sembra la parte terminale, dedicata alla rievocazione di quello che Elias chiama «romanticismo aristocratico». Non c'è dub¬ bio che certo sentimentalismo romanticheggiarne e certi vagheggiamenti di pastorellerie e di semplicità bucolica siano caratteristiche della società aristocratica francese dell'Ancien Regime. Però è piuttosto arbitrario, da parte di Elias, cercarne esempi in tempi precedenti, per esempio nell'/4strea del D'Urfé anziché tenersi con buon senso all'età del Re Sole e parlare di Fénélon, e di mademoiselle De Scudéry. A parte il fat¬ to, piuttosto sconcertante, che mai egli si accorge che certi brani di autori francesi non sono altro che ricalchi di quel Virgilio, che non era certo una componente trascurabile della «cultura» aristocratica del Seicento. In conclusione, l'opera contiene senza dubbio molte parti valide ed è di grande interesse a leggersi. Ha l'inconveniente di essere un po' «datata», cioè ferma idealmente alla Germania di Weimar, e può apparire non scevra di una certa germanica pesantezza al lettore italiano: da quel buon professore tedesco che è, Elias sembra incapace di esporre una sua idea originale, senza tornare a ripeterla almeno altre volte, sia pure con parole diverse o in contesti differenti. Però è onestà riconoscere che del bravo studioso tedesco di altri tempi l'Elias ha anche tutte le virtù, dalla indiscutibile onestà scientifica alla profondità e serietà delle indagini e alla capacità di afferrare e sviscerare un grosso e importante complesso di problemi. Si potesse dire altrettanto di tutti i libri che escono ora a cataratta, in campi storico-sociologici come questo! Giorgio Spini Norbert Elias: La società di corte, traduzione italiana con introduzione di Alberto Tenenti, Il Mulino, pagine 378, lire 20.000. Il Re Sole in una stampa di Trouvain

Luoghi citati: Cina, Costantinopoli, Germania, Russia, Trouvain, Weimar