Cina, il volto della religione

Cina, il volto della religione DOPO IL DISCORSO DI PAPA WOJTYLA E LA SPERANZA DI UN VIAGGIO Cina, il volto della religione Feng Youlan, filosofo contemporaneo, ha scrìtto: «Il posto occupato dalla filosofìa nella civiltà cinese è paragonabile a quello tenuto dalle religioni in altre civiltà» - Come convivono confucianesimo, taoismo e buddismo, morale laica e «dottrine della salvezza» - L'impronta razionale della società e il culto dol vivere civile - Dal marxismo al pensiero di Mao A Confucio la questione della vita ultraterrena non interessava affatto, gli bastava che i>wesse il ricordo degli antenati per garantire la tradisione. Nel VI secolo un altro filosofo, Fang Zhen, con ragionamento sottile dimostrava l'impossibilità dell'esistenza dell'anima sema il corpo: è impensabile, sosteneva, come è impensabile l'esistensa del taglio sema la layna. Un filosofo cinese contemporaneo. Feng Youlan, ha scritto che ..il posto occupato dalla filosofia nella civiltà cinese è paragonabile a quello tenuto dalle religioni in altre civiltà... Non c'è infatti termine cinese che esprima tutto il carico di significati, le sfumature, le implicazioni del nostro termine «religione-. C'è la parola Jiao che significa «insegnare, comandare» e anche «setta, chiesa»; c'è la parola Jia che significa «scuola di pensiero». Un termine è popolare, l'altro è filosofico e quelle che vengono considerate le tre grandi religioni della Cina, confucianesimo, taoismo e l'importato buddismo, si propongono alla classe colta come Jia (filosofia! al popolo come Jiao (chiesa). Praticissima bipartizione che permette a chi comanda di esserci e di non esserci, di tollerare con condiscendenza partecipe la superstizione, in definitiva di governare stando nel «giusto mezzo-. Ma ai governati offre altre possibilità: per esempio quella di attingere alle tre chiese, o fedi, sema stare a fare distinzioni, senza che si scatenino lotte di religione, estremismi sanguinari. Nella Cina arcaica il senso del sacro si estendeva al cosmo intero, considerato un sistema di comportamenti in cui i comportamenti dello spirito non si distinguevano da quelli della materia. Un animismo diffuso individuala divinità preposte a ogni luogo e a ogni evento naturale senza che fosse stabilita una scala gerarchica tra diinnità minori e maggiori. Alla domanda «chi ci ha creato?- nessun cinese avrebbe saputo rispondere, anzi, sarebbe più esatto dire che a nessun cinese sarebbe mai venuto in mente questo interrogativo. E in effetti la mitologia della Cina più che' fabulare sulla creazione dell'uomo e di tutte le cose, narra leggende sul passaggio dallo stato disorganico e selvaggio allo stato civile. Le domande a cui il mito risponde sono piuttosto: «Chi ha inventato l'agricoltura?* il re saggio Sheng Nung. «Chi ha inventato la medicina?- il re saggio Huang Ti. «Chi ha sistemato le acque?- il re saggio Ju il grande. Accanto al culto tributato a questi eroi inventori di civiltà fioriva una congerie di superstizioni e di pratiche magiche connesse soprattutto alle esigenze dell'agricoltura e della vita familiare. E' in questo contesto che si situa Confucio ma niente sarebbe più sbagliato che considerarlo come profeta fondatore di una religione organizzata. Il confucianesimo è prima di tutto una dottrina del vivere civile, un sistema di etica, non una metafisica e l'insegnamento del maestro, al quale fino al 1927 era tributato ufficialmente un «culto laico- (nelle scuole ci si inchinava prima delle lezioni davanti alla sua tavoletta sacrale), ha contribuito a indirizzare la mentalità cinese verso il razionalismo. Un razionalismo mitigato e. in certi periodi, negato dagli adepti alle altre due grandi fedi cinesi: il taoismo che prometteva una immortalità globale, cioè di corpo e anima assieme, e il buddismo che consolava gli infelici promettendo trasmigrazione di anime, inferni e paradisi. Lo stampo entro cui si è forgiata la civiltà cinese è innegabilmente confuciano, tuttavia queste «dottrine della salvezza- individuale hanno avuto i loro momenti di fulgore ma a partire dal nono secolo della nostra era (che è cristiana. E il cristianesimo in cinese è una Jiao, la setta di Gesù, non una jia. una filosofia. Per questo ha sempre attirato poco la classe colta) si sono avviate verso il declino. Esaurita la loro carica spirituale sono rimaste nello sfondo assieme alle credenze arcaiche, dando vita a quella che è la vera religione popolare della Cina in cui tutto si fonde e confonde a patto che nell'ambito «politico- ci si conformi alla morale confuciana. Un detto cinese conferma «san jiao shi yi chiao». cioè le tre religioni ne fanno una sola. Così, guai è la religione praticata dai cinesi? Tutte e tre e anche altre venute dall'esterno, purché si conformino al confucianesimo, cioè alla filosofia che legalizzava la detenzione del potere: vogliamo definirlo « temporale-? Sarebbe giusto e allo stesso tempo assurdo perché questo potere non è mai stato sfiorato dall'idea che potesse esistere un potere altro, spirituale, che lo contrastasse. La verità è che in Cina la religione non ha mai avuto un'esistenza differenziata dalla attività sociale e questo perché materia e spirito, i due grandi antagonisti del pensiero filosofico e religioso occidentale, non sono mai stati concepiti da mente cinese come poli estremi e irriconciliabili. E' per questo che i cinesi non hanno mai conosciuto il ripudio totale delle credenze precedenti e mai si sono convertiti a una religione abiurandone un'altra. La mancanza della condanna delle credenze anteriori è servita a dare loro la sensazione della continuità. Se avessero accettato il cristianesimo che oggi ancora rivolge loro un appello per bocca di papa Wojtyla che in Cina vorrebbe recarsi, la rottura sarebbe stata inevitabile. L'accettazione del marxismo (sinizzato? confucianizzato?) tutto sommato l'ha impedita. Si è affacciato in Cina come filosofia parlando alla classe colta in termini razionali e «moderni- rispetto al razionalismo confuciano: al popolo si è presentato come speranza di salvezza. Insomma, è stato recepito come Jia (filosofia) e Jiao (fede) allo stesso tempo. Il fatto che marxismo in cinese non si dica nè Jiao né Jia ma con un neologismo occidentalizzante venga definito «idea forza- (cioè ideologia) di Marx, è senza dubbio indice di una volontà di rottura ma a un certo punto, nel processo di sinizzazione, gli si è affiancata una per noi ambigua dizione: «Pensiero di Mao Tse-tung». Riduttiva rispetto all'idea forza di Marx o invece estremo tentativo di ricondurre l'ideologia importata nell'ambito tradizionale in cui si distingue tra filosofia e f-.de? Le due dizioni sono convissute, soltanto per il breve periodo della rivoluzione culturale. Oggi si avanzano dubbi sul «pensiero di Maoe il marxismo viene revisionato. Ma tra mille anni, alla domanda «chi ha riunificato la Cina?- la leggenda forse risponderà: il presidente saggio Mao Tse-tung. A meno che questa non sia davvero l'epoca che uccide i suoi eroi, prima dicendo che sono stanchi, poi che hanno mogli cattive e diabolici consiglieri. Reat Pi T Tre monaci buddisti nel tempio di Zhebang (Dal volume «Cina» del Touring Club Italiano)