E se un giorno l'imprenditore si stufasse di lavorare in uno stato che lo boicotta?

E se un giorno l'imprenditore si stufasse di lavorare in uno stato che lo boicotta? Intervista a Piero Bassetti sui mali dell'economia italiana E se un giorno l'imprenditore si stufasse di lavorare in uno stato che lo boicotta? Servizi insufficienti e fisco esoso -1 contrasti fra i politici creano situazioni di grave disagio MILANO — «Sciur Brambilla» è con La Malfa. E' per lo sviluppo: gli investimenti devono continuare. «Se mancano soldi si contenga la spesa pubblica oppure si riducano le sovvenzioni alle Partecipazioni Statali; ma non si tagli il credito all'industria produttiva». Questa la risposta del piccolo imprenditore, il pilastro più sano dell'economia italiana, ad Andreatta, il ministro che ha deciso la «stretta creditizia». Del futuro del Brambilla, della crisi industriale, delle colpe del governo per questa situazione, dei rischi del dilagare dell'assistenzialismo, delle troppe tasse che disincentivano, ecco che cosa pensa Piero Bassetti, industriale e deputato della de, esperto economico e «padre» dello Sciur Brambilla. — Bassetti, quante e quali responsabilità ha la classe politica italiana per l'attuale situazione economica del Paese? «Le sue responsabilità sono non trascurabili, ma anche parziali: gran parte dei problemi economici dipendono da fattori esterni, basti pensare ai prezzi dell'energia, delle materie prime, alle conseguenze delle fluttuazioni delle monete. Comunque la classe politica ha tante responsabiliti e non sono soltanto quelle che derivano da una carenza di leadership nei riguardi delle forze sociali». — Un esempio? «L'incapacità di far funzionare quei servizi, soprattutto pubblici, che hanno un'importanza enorme per il sistema economico: le poste, i trasporti, i telefoni, la scuola, la saniti. E' uno spreco di risorse che danneggia moltissimo l'attiviti imprenditoriale e lavorativa». — Dopo la «stretta creditizia', gli imprenditori accusano il governo di voler far morire l'industria privata; i sindacati lo accusano di provocare la nascita di altri milioni di disoccupati. Che cosa ne pensa? «Credo che nessuno voglia esplicitamente far morire l'impresa privata e creare disoccupazione. Bisogna vedere, però, se la preoccupazione di non creare disoccupati non finisce con il voler tenere in vita imprese malate, il cui costo ricade sull'impresa sana. Bisogna vedere anche se il comportamento dell'impresa privata a volte non mette in moto un tipo d'intervento dello Stato che finisce con il distruggere la stessa impresa privata». — Si ha la sensazione che il governo voglia che l'impresa faccia da castigamatti del sindacato e si arrangi ad uscire dalla crisi da sola, tuttavia sema lasciare ad essa piena libertà d'azione... «Sono dell'idea che il buon governo consista nell'attribuire il massimo delle responsabilità a ciascuno. Se le risorse creditizie sono scarse, costringere le imprese a far la propria parte in sé non è sbagliato. TI problema è non sottrarre risorse a quanti fanno gii la loro parte, cioè alla piccola e media impresa, per dare miliardi a quelle aziende che sono sul punto di cadere». — Le ultime « beghe' di governo fanno sospettare che in Italia con l'economia si giochi Non crede? «La tendenza del mondo accademico a vedere i problemi "in vitro" è un rischio sempre presente. Per il caso La Malfa-Andreatta, in fattispecie, credo che al di li delle apparenze le ragioni del dissidio siano serie». — Non è ormai indispensabile un ministero economico unico? «Un super ministero diviso al suo interno lascerebbe la situazione com'è; sarebbe importante, invece, una politica unitaria». — La grande industria pubblica sta agonizzando, quella privata sembra la si voglia piegare. Perché? Dietro, forse, c'è un disegno? «Non credo. E' l'evoluzione che impone cambiamenti. La grande industria deve o assumere gli aspetti della multinazionale o decentrarsi diventando un'aggregazione di uniti medie e piccole. La grande industria pubblica nazionale, tipica delle Partecipazioni Statali, dopo la fine dell'autarchia non ha più spazio. Quanto alle piccole e medie imprese, esse devono poter continuare a godere di f lessibilit* ». — In Italia abbiamo lo spettro dell'assistenzialismo dilagante. Come fermarlo? «A bloccarlo ci penserà la mancanza di risorse. Nel nostro Paese succeder?» quello che sta succedendo negli Stati Uniti. La scarsità delle risorse mette in evidenza la necessiti di fare delle scelte. TI problema è indifferibile». — Il non-governo provoca le contìnue rincorse agli aumenti salariali, provoca l'esplosione degli scioperi. Come giudica questo fenomeno lei, che milita in un partito della maggioranza? «Ritengo sia un errore pensare che questi fatti abbiano origine soltanto negli atteggiamenti del nostro governo. Quello che manca è una capacitA di guida politica più che un esercizio del potere. Sono convinto che non usciremo da questa fase fino a quando non riusciremo ad avere una maggioranza omogenea e le possibiliti di un ricambio all'interno del sistema. Ti problema,infatti, sostanzialmente è politico». — Secondo lei, «il signor Brambilla' riuscirà a salvarci anche questa volta? «Quasi sicuramente continuerà a fare la sua parte, però siamo arrivati al punto che se anche le grandi organizzazioni non fanno la loro, allora la capaciti di tenuta del Brambilla potrebbe essere compromessa. E sarebbe un grosso rischio». — Come si può uscire dal tunnel della crisi? «Questa non è una crisi della societi italiana, che è viva e dinamica: questa è una crisi della sovrastruttura: la pubblica amministrazione, l'inefficienza della grande industria... Se ne esce impegnandosi a fondo su questi problemi che, se non verranno risolti, strozzeranno la societi civile». r. bo. Piero Bassetti

Persone citate: Andreatta, Brambilla, La Malfa, Piero Bassetti

Luoghi citati: Italia, Milano, Stati Uniti