C'è un ingorgo sul Canal Grande
C'è un ingorgo sul Canal Grande VENEZIA: TRAFFICO E AMBIENTE C'è un ingorgo sul Canal Grande Il traffico motorizzato ha raggiunto anche a Venezia un'intensità preoccupante: il caro-benzina, anche sull'acqua, ha poco effetto. Motoscafi, vaporini, barche a motore d'ogni tipo e dimensione sconvolgono senza tregua canali grandi e «minori», nel cuore del centro storico come nelle distese lagunari. Le imbarcazioni a remi non sono scomparse: il loro numero, grandemente diminuito negli ultimi vent'anni, è di nuovo in ripresa; ma il loro uso è limitato a qualche occasione di festa o di manifestazioni sportive. Le gondole, che un tempo assommavano a parecchie migliaia, sono ormai ridotte a poche decine. Quella che fino a ieri era una citta dai quieti canali e dalle acque immobili, è ormai solo un ricordo: sparita l'immagine straordinariamente «speculare» di Venezia che ha ispirato per secoli tanta pittura, con le facciate dei palazzi quietamente riflesse e magicamente moltiplicate dagli specchi limpidi della laguna, in contrasto con l'immagine di tante altre città marine battute dalle onde o percorse dalle correnti. La realtà oggi è quella del boom motoristico: la diffusione del motore marino è tra i consumi di massa. Ne consegue il traffico crescente, in certi casi pauroso, sempre dannoso. La situazione è'forse peggiore che in qualunque cittàdi terraferma: c'è anche altro¬ ve l'onda sonora, l'inquinamento dell'aria, la frenesia del motore; qui c'è in più l'onda d'acqua, il moto continuo che squassa le rive, sposta blocchi di pietra, aggredisce le fondazioni, scardina i muri, asporta il poco terreno su cui è fondata la città. Si aggiunga l'inquinamento dell'acqua, che aggredisce a sua volta in vari modi il costruito: anzitutto attaccando direttamente la pietra, deturpandola e corrodendola; poi contribuendo alla distruzione di alcune specie di organismi marini e sviluppandone altre in modo anomalo. L'«acqua alta», ovvero le alte e le basse maree, sempre più frequenti e <gravi, fanno il resto. Tutto questo è stato messo in evidenza da una recente mostra fotografica organizzata dalle Associazioni «Italia Nostra» e «Estuario», e da una tavola rotonda di esperti nell'antica «scuola», o corporazione, di S. Teodoro. Si è trattato d'una mostra dalla ricca documentazione; presentata con i mezzi più semplici, ma anche più efficaci. Spesso su precisi temi di confronto: lo stato di certe fondazioni ieri e oggi; le rive di pietra com'erano e come sono. Basta uno sguardo alle due situazioni per rendersi conto del disastro. Si prevede ora l'allestimento in altre sedi, in Italia e all'estero. Il fatto è che i danni più gravi spesso non si vedono, o si vedono molto meno di quanto non siano in realtà: non ci si può render conto appieno dei dissesti nascosti, prima di eseguire assaggi e ispezioni; ma solo dedurre da quanto si vede: dagli squarci, dalle caverne, dalle ferite visibili. Da aggiungere che anche dei danni visibili ci si può accorgere di solito solo in determinati punti della circolazione cittadina. La ragione è che a Venezia esistono due sistemi di circolazione completamente indipendenti: quello pedonale e quello dei trasporti. Il traffico motorizzato segue regolarmente le sue vie, inoltrandosi tra le case, lontano dall'occhio del pedone; mentre i percorsi pedonali, tra piazze, ponti, vicoli, seguono altre direttrici: è il doppio sistema viario, tanto lodato da Le Corbusier, imitato nelle più moderne «new towns». Ne consegue che solo in alcuni punti, lungo certe «fondamente», su qualche riva o da qualche ponte, il pedone si rende conto dello stato dei canali e delle fondazioni delle case; e solo in bassa marea. Si tratta d'uno stato gravemente preoccupante, che peggiora di giorno in giorno: la rassegna ha mostrato visioni letteralmente da incubo. Dalla Ca' d'Oro all'Abbazia di S. Gregorio, non c'è una riva in Canal Grande che non sia crollante; in tutta la città splendide architetture sono ormai fondate sul nulla, i punti di appoggio che restano sono al limite di rottura, la statica si affida ormai al miracolo. In piena laguna, isole e «barene» vengono letteralmente sfaldate dalle onde dei motoscafi turistici. Rimedi? Ce n'è tutta una serie: diminuzione dei limiti di velocità dei natanti, deviazione sui canali esterni, selezione delle stazze, adozione di adatte profilature nella costruzione di nuovi mezzi, intensificazione della sorveglianza, adozione di moderne tecniche di controllo, incoraggiamento al restauro da parte dei privati, restauri di iniziativa pubblica, pulizia e manutenzione dei rii, divieti di circolazione durante le punte di marea. Di più: costituzione di isole remiere per poter «andare a remi», finalmente, senza troppo pericolo; come altrove esistono isole pedonali. Alcune di queste proposte sono di facile attuazione, altre di più difficile, nessuna impossibile. Si tratta di non arrivare a quel punto in cui il trend di disfacimento diviene inevitabile e inarrestabile. Paolo Barbaro Venezia. Traffico sul Canal Grande (Foto Afi)
Persone citate: Le Corbusier, Paolo Barbaro
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