Le nonne moderniste di Torino

Le nonne moderniste di Torino I RETROSCENA DI UN TENTATIVO CHE LA CHIESA STRONCO' Le nonne moderniste di Torino Ai primi del Novecento Torino fu la capitale del Modernismo femminile in senso sociale e il centro per la stampa clandestina del movimento religioso diretto da Romolo Murri ed Ernesto Buonaiuti, poi condannato da Pio X con l'Enciclica Pascendi del 1907. Quei tentativi pieni d'entusiasmo, ma anche di clima •giallo» e da carboneria per lo spionaggio e i ricatti della Curia arcivescovile, riemergono dagli archivi attraverso 264 lettere di protagonisti pubblicate dal Centro Studi per la Storia del Modernismo nell'ottavo volume di Fonti e Documenti (ed. Argalla). Il Centro è guidato all'Università di Urbino da Lorenzo Bedeschi, ordinario di storia dei partiti e sacerdote che, con la sua équipe di studiosi, è certamente il più documentato ricercatore. Oli scambi epistolari avvennero fra personggi come Paul Sabatier, pastore calvinista francese e celebre biografo di S. Francesco, Arturo Graf, don Bnzio Casciola, il «prete umbro itinerante» che scatenò l'entusiasmo del gentil sesso, don Angelo Oambaro, eminente storico, l'aw. Attilio Begey, seguace del mistico polacco Andrea Towianski (1799-1878), don Domenico Salza, un giovane sacerdote torinese che visse un dramma spirituale culminato nell'abbandono della tonaca talare: .Passato a nozze civili», reca una nota d'archivio del 1910. Fra le corrispondenti, quasi tutte aristocratiche addette alla «Lega democratica cristiana» proibita dalla gerarchia ecclesiastica, emergono Luisa Giulia Benso, figlia dell'aw. Begey, Angiola Borrino, pediatra e discepola del prof. Piero Oiacosa (fratello dello scrittore), Adelina Fadda, Ersilia Ratti, Maria Coggiola Cuttica. Il clima di quegli anni è sintetizzato dal giovane Mario Tortonese — poi provveditore agli studi — che scrive a Murri (1906): .Qui accadono cose inaudite, vere infamie». Alcuni seminaristi denunciano un'atmosfera mefitica dei seminari... «odio della libertà e di ogni specie di pensiero, delazione, malafede e passionalità feroci». L'arcivescovo di Torino era il card. Agostino Richelmy che, pur in contrasto con gli integralisti di Roma, si batteva contro il modernismo. Egli scelse la strategia di spedire i preti modernisti o sospetti all'estero, come cappellani degli emigranti nell'« Opera Bonomelli». Erano «esuli rassegnati» a vivere nell'isolamento, ma esposti a vere tragedie personali. E' il caso di don Salza, trasferito in Svizzera, dove si consumò il suo dramma. Il 20 agosto 1907 scriveva al Sabatier: .Ormai la mia fede è sfumata... Che fare? Non è più logico, più leale che anch'io segua l'esempio?» (cioè andarsene come altri preti). Sabatier lo scongiura di riflettere: Non precipitate nulla, non fate passi sconsiderati. Appena fuori della Chiesa, vi accorgereste che le sette sono peggio. Non potreste venire da me?». •Siamo una minuscola legione sotto l'assillo di una idea sublime», scrive la Benso a don Brizio parlandogli della sezione femminile cristianodemocratica appena fondata. Le delazioni le minacciavano a ogni passo. Ersilia Ratti (1905) confida a don Brizio: • Quella disgraziata signora è venuta proprio in casa nostra per tradirlo» : ossia denunciare al cardinale che 11 sacerdote aveva parlato nella riunione da lui vietata. E ancora: gli racconta le pressioni costanti di «un certo don Sorto» e di parroci, incaricati dal card. Richelmy, per dissuadere «la nonna Grasso dall'ospitare riunione senza l'autorizzazione del cardinale*. Ma la nonna era di ferro e gli inviati curiali insistettero invano. Per scongiurare una riunione con don Murri, «don Sorto minacciò mio zio ban¬ chiere della perdita di tutta la loro clientela» : enti e cattolici fedelissimi per ordine del card. Richelmy avrebbero trasferito 1 loro grossi depositi in altre banche. Lo zio, in verità, s'era piegato, ma la terribile nonna tenne duro. La Curia però proibì con un comunicato che don Murri, definito •sacerdote extradiocesano», tenesse •conferenze pubbliche», che in realtà erano incontri in una abitazione privata. Le decise signore e la nonna l'ebbero vinta: •Fummo insieme, scrisse la Ratti a don Brizio, alia conferenza di don Murri giovedì sera. Non poche erano le signore e molti i sacerdoti coraggiosi». Sabatier era stato due sole volte a Torino (luglio 1906 e ottobre 1908), ma ne aveva riportato impressioni incancellabili: 'Gruppi di anime elette che soffrono lavorano e attendono; sapete sema dubbio che il gruppo (femminile) di Torino mi è particolarmente caro», precisava alla Ersilia Ratti (1908). Dopo la condanna del 1907 ci fu un disorientamento naturale. Poi si riallacciarono le fila nel tentativo di continuare. Ma ormai la disfunzione era inevitabile tanto più che s'avvicinava la grande guerra. Le lettere fra il '15 e il '18 documentano anche la divisione fra interventisti e obiet¬ tori di coscienza (fra i quali Nino Cavaglià che, pure, andò al fronte per non mostrarsi vile). Vi sono giudizi negativi su Benedetto XV che non s'era ancora pronunciato contro venutile strage». -Non è un uomo dalle grandi idee», •Homunculus», lo definisce Garabaro in una lettera al Sabatier. La critica storica ha restituito a quel Papa il posto che gli spetta. Ma queste sentenze a caldo dimostrano che la passionalità dominava la Chiesa. Un clima che, in questi decenni, è radicalmente cambiato anche per merito di uomini e donne come i «novatori» della Torino di allora. Lamberto Fumo

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