I partiti e la casa di vetro

I partiti e la casa di vetro I partiti e la casa di vetro (Segue dalla 1 ' pagina) rispetto al Parlamento. Rimanendo il partito, nella concezione democratica, un mezzo e mai un fine, un luogo d'incontro e mai una chiesa. Non c'entra nulla la grande «riforma costituzionale» di cui si parla a regolari scadenze. Non c'entrano nulla né il bicameralismo né la separazione dei poteri: l'uno e l'altra ben definiti nella carta costituzionale. Occorre disciplinare una svolta, insieme giuridica e politica, quale quella che ha accompagnato le decisioni del '74: allorché in poche settimane, in fretta, senza meditazione, si fissò un principio, il concorso di tutti i cittadini al sostegno dei partiti, che ne «istituzionalizzava» la funzione, imponendo al legislatore un complesso di garanzie di controlli e di sanzioni, che attendono ancora di essere tradotti in forma di legge. Entro questa settimana dovrebbe cominciare in Senato il dibattito sul pacchetto di misure di buon funzionamento della vita interna dei partiti, che nacquero dalla grande ondata moralizzatrice connessa ai casi Caltagirone e Musselli. Ci fu un partito — non importa ricordi quale — che bloccò, nel marzo 1980. la seconda rata del finanziamento pubblico finché non fosse stata fatta chiarezza in quello che l'amico Norberto Bobbio chiama «il sottobosco del potere» (e che è ormai quasi il bosco). Il complesso di misure nasce da un confronto fra governo e opposizione — com'è giusto — non essendo questa materia di esclusive iniziative governative. Punta a vietare il finanziamento occulto ai partiti (o peggio alle correnti: realtà patologica da esorcizzare), ripropone nuovi modelli di bilancio più trasparenti, introduce sanzioni anche penali per chi non denuncia contributi ricevuti a parte, affida controlli più efficaci, e senza invadere la sfera della magistratura, a organi specifici di revisori dei conti. E' in sostanza, dai giorni della Costituente, il primo tentativo di «auto-riforma» del si- sterna dei partiti. Basteranno queste norme? Esse, per la verità, non sono isolate, nella mente del legislatore. Comprendono anche l'introduzione dell'anagrafe dei parlamentari e di altre cariche elettive, aggiornano le incompatibilità, né sono separabili da un complesso di misure allo studio — lo smontaggio dell'inquirente, aberrante forma di giustizia politica, la revisione delle immunità parlamentari — su cui forze laiche e di minoranza insistono da anni, poco e distrattamente ascoltate. La rivolta contro i partiti, che soffia nel Paese, è tale che questa potrebbe essere l'ultima occasione. Né la ridefinizione dei partiti può fermarsi qui. Solo quando saranno fissati i criteri della vita interna come «case di vetro», si potrà attuare sul serio il «no» a tutte le incursioni devastatrici che il partito è portato a compiere in campi che non sono suoi: le cariche pubbliche, le nomine bancarie, le lottizzazioni televisive, e altro ancora. Ai primi del 1965 i repubblicani di La Malfa prepararono uno «schema normativo per un disegno di legge sui partiti». La nuova cultura laica e illuministica — penso a Vittorio De Caprariis — si cimentò nell'impresa di uno statuto delle forze politiche. Il partito non va demonizzato (come tanti errori, od abusi, pur porterebbero a fare) ma ricondotto alla sua logica, che è la perfetta logica costituzionale di nucleo di proselitismo politico e culturale, operante nella sfera pubblica per la «determinazione della politica nazionale» — non sembri poco — ma entro limiti che tocca al legislatore definire in modo perentorio. Non dimentichiamoci che la Costituzione italiana fu per tempi la prima a parlare di «partiti». Quasi negli stessi mesi la Costituzione della QuartaRepubblica francese si rifiutò di introdurre l'etichetta «partito» nel suo testo. Non è che quel rifiuto portasse una maggiore fortuna alla Repubblica d'Oltralpe, che durò poco più di un decennio. La nostra resiste proprio perché più flessibile e tollerante. Salvemini diceva che la Costituzione era figlia del genio italiano della combinazione. Un termine che gli statisti cambieranno via via ir. scompromesso». Giovanni Spadolini

Persone citate: Giovanni Spadolini, La Malfa, Norberto Bobbio, Salvemini, Vittorio De Caprariis

Luoghi citati: Caltagirone, Musselli