Ma come mai quel taccagno è un avaro?

Ma come mai quel taccagno è un avaro? LA LINGUA CHE PARLIAMO Ma come mai quel taccagno è un avaro? Si può essere certi che nessuno, oggi, per offendere, userebbe la parola marrano: il vario e pittoresco vocabolario delle ingiurie offre ben altro. Marrano, ormai voce storica, che sa tanto di poemi cavallereschi, è, però, tipica per le sue complesse vicende. Compare per la prima volta nel '400 col significato che aveva in spagnolo di «Ebreo o Maomettano di recente conversione». Ma contemporaneamente (ed è purtroppo facilmente spiegabile) si trova col valore di «sleale, maledetto» e simili. Lo spagnolo marrano significava e tuttora significa «porco» (applicato, naturalmente, per via figurativa anche all'uomo) ma l'origine è da vedere nell'arabo muhram, «cosa vietata», e se si pensa che al Maomettani — ed anche agli Ebrei — era ed è vietato dalla religione mangiare carne di maiale, la connessione della voce spagnola con quella araba appare chiara. Sennonché, foneticamente, la voce araba non è sembrata sufficiente a dar completamente ragione di marrano; c'è, perciò, chi ha pensato ad un incrocio con un'altra parola araba (aVbarrano, «forestiero giunto recentemente». E qui è il caso di dire (ecco perché chiamavamo tipica la parola marrano) che, quando una parola arriva da un'altra lingua, spesso viene interpretata in modo spregiativo. Si pensi che in spagnolo hablar vuol dire «parlare» ma, in francese, un suo derivato, hableur, significa «fanfarone, millantatore, spaccone». Al contrario, lo spagnolo parlar, che è di origine francese, non significa «parlare», ma «ciarlare, chiacchierare». E cosi è resa, in qualche modo, la pariglia. Verrebbe quasi da proporre un «parole e buoi dei paesi tuoi» se le voci indigene non andassero anch'esse soggette a grandi cambiaménti di significato. Marrano, però, significa anche «zotico, villano» ed in questo caso è da chiedersi se non sia da vedere un intervento popolare di marra, «zappa». Un altro esempio della tendenza ad assumere un significato peggiorativo quando una parola passa da una lingua ad un'altra è fanfarone, attestata a partire dal '600, cosi come fanfaronata. Anche questa é di origine spagnola ifanfarron) che a sua volta risale all'arabo in cui farfar significa semplicemente «loquace». In qualche caso la parola arriva già con una connota¬ zione di dispregio ed allora può cambiare li significato pur rimanendo nell'ambito delle voci che indicano un difetto, una manchevolezza dell'uomo. E' il caso di taccagno, altro prestito dallo spagnolo, studiato con maestria da Bruno Migliorini. La voce ha oggi, come tutti sanno, il significato di «avaro» ; ma, nelle prime attestazioni, all'inizio del '500, in Machiavelli, si trova con valore diverso e pare piuttosto da intendersi come «attaccabrighe», n significato spagnolo è quello di «vile, meschino, canaglia» e ad esso pare senz'altro da riferire la voce taccagneria, cosi come è attestata da Baldassar Castiglione che l'usa col significato di «meschinità». Poiché certe parole hanno una storia complessa, dirò, tra parentesi, che in un vecchio ma ai suoi tempi autorevole vocabolario spagnolo (quello della Reale Accademia spagnola, di cui ho sotto gli occhi la tredicesima edizione, del 1899) la voce è data come di origine italiana, cosa poi giustamente negata dal più grande etimologista spagnolo, 11 Coromlnas, che restituì la voce alla Spagna facendo venire di là il nostro povero taccagno. Ma come mal, già nello stesso '500, taccagno compare e si afferma col valore di «avaro» e taccagneria con quello di «spilorceria»? Ebbene, nei dialetti italiani e particolarmente in quelli settentrionali, sulla parola spagnola si innestò un verbo, tacar, corrispondente all'italiano attaccare che rinforza i vari significati della voce: «attaccato al denaro», «attaccabrighe», «attaccaticcio». In Sicilia si hanno tracce evidenti di taccagno col significato di «ribaldo», «cattivo» ed anche di «rozzo», come risulta da vocabolari dialettali antichi, che rispecchiano, perciò, condizioni di maggiore genuinità. Per il sardo taccagnu «avaro» resta 11 dubbio se si tratti di spagnolismo o di italianismo. Anche nelle parole si vede, dunque, molto spesso la diffidenza per ciò che è straniero e non corrisponde alle nostre usanze. A meno che di un popolo non si ammiri la cultura e la civiltà. In questo caso anche le parole straniere sembrano usate come se portassero un segno di distinzione: si pensi all'Influsso francese sull'Italiano nel secolo scorso e al principio di questo. Tristano Bolelli

Persone citate: Bruno Migliorini, Castiglione, Machiavelli, Marrano, Tristano Bolelli

Luoghi citati: Sicilia, Spagna