La Repubblica tutela le minoranze ma la burocrazia non lo sa ancora

La Repubblica tutela le minoranze ma la burocrazia non lo sa ancora Sono in netto risveglio lo spirito e la «grinta» dell'Italia dei Comuni La Repubblica tutela le minoranze ma la burocrazia non lo sa ancora ROMA — In alcuni paesi del Molise vive da cinquecento anni una comunità di alcune migliaia di cittadini di lingua croata. Uno di quei paesi, che si chiamava da sempre San Felice Slavo, fu ribattezzato dal fascismo nientemeno che San Felice del Littorio. Dopo l'avvento della Repubblica, e della Costituzione che all'articolo 6 tutela espressamente le minoranze linguistiche, non ha ancora potuto recuperare il nome storico. Non che s'intitoli ancora al simbolo fascista, ci mancherebbe: ma con caratteristico compromesso all'italiana gli hanno dato un terzo nome, San Felice del Molise. E' questo un esempio che illustra molto bene quel tipo di mentalità, che ha caratterizzato, finora, la gestione repubblicana del problema minoranze. Mario Spadanuda, lui stesso molisano di lingua croata, documenta le contraddizioni ufficiali in materia. Ecco l'art. 4 dello statuto della Regione Molise: la Regione "tutela il patrimonio linguistico e storico e le tradizioni popolari delle comunità etniche esistenti nel suo terri- torio e, d'intesa con i Comuni interessati, ne favorisce la valorizzazione». Questo statuto ebbe ovviamente le necessarie approvazioni. Ebbe invece una solenne bocciatura una legge regionale del '77, che appunto si proponeva di attuare l'art. 4, dando forma e contenuto alla tutela statutaria. Dunque, riassume Spadanuda: -C'è uno statuto approvato dal governo, che fra l'altro assegna alla Regione il compito di tutelare le minoranze, c'è una legge regionale che adempie questo obbligo statutario, e il governo che fa? La boccia perché si tratterebbe di competenza statale. Ci dev'essere qualcosa che non va». Ci dev'essere si, tanto più che fra gli argomenti della bocciatura c'è il richiamo all'art. 6 della Costituzione, quello che assegna alla Repubblica la tutela delle minoranze: ma che per questo caso, e per moltissimi altri, non è mai stato attuato. In realtà, dice il deputato Filippo Fiandrotti, che cita un caso analogo relativo alla sua Regione, il Piemonte, dietro queste contraddizioni c'è una burocrazia statale che, tanti anni dopo il fascismo, ha conservato una mentalità accentratrice, sostanzialmen te negatrice del «diritto alla differenza». Una mentalità che ha ceduto soltanto di fronte a pressioni internazionali, com'è il caso dell'Alto Adige, o a necessità di buon vicinato, com'è il caso della minoranza slovena, comun que a considerazioni di frontiera, com'è anche il caso della Valle d'Aosta. Fiandrotti è tra i firmatari di una proposta di legge quadro presentata dai socialisti. Ce n'è un'altra, sul tappeto, presentata dai radicali. E una terza in corso di definizione, a cura dei parlamentari comunisti. I tempi sembrano finalmente maturi perché il Parlamento affronti il problema dell'art. 6: anche perché si stanno facendo passi a livello comunitario e l'assemblea di Strasburgo si è vista presentare un progetto di «carta delle minoranze», illustrato dal deputato socialista Gaetano Arfè. L'estrema diversità delle situazioni pratiche alle quali dovrà applicarsi la legge ne rende difficile l'elaborazione. Ma è proprio per questo che la sintesi della legge quadro è necessaria. Nel progetto socialista si escludono la comunità sarda e gli zingari, nel progetto radicale rientrano i sardi, ma non gli zingari. E non perché non ci si voglia occupare di loro, ma perché si considera questa situazione troppo difforme perché la si possa ricomprendere in una disciplina unica con le altre minoranze. Cosi si rinvia il caso a una legge specifica. Bruno Nicolini, presidente dell'Opera Nomadi, individua proprio negli zingari un modello di comunità «liberamente organizzata» che può offrire indicazioni interessanti per un ripensamento dei nostri modi di vita associata, cosi burocratici e istituzionalizzati. Nicolini auspica interventi di salvaguardia culturale: perché limitarsi al sociale vorrebbe dire confinarsi all'assistenza, favorendo forme di parassitismo. Quanto ai sardi, il fatto di essere maggioranza nella loro isola (dove semmai esiste il problema della minoranza catalana di Alghero), e di potere applicare alla propria tutela uno statuto speciale, costituisce l'elemento differenziante. Altro problema distinto quello delle comunità regionali, dei «dialetti» che invocano dignità di lingua. Del resto c'è spazio politico per una unificazione delle proposte, o per un disegno-sintesi a cura del governo. L'importante è che finalmente qualcosa si muova, vincendo una inerzia psicologica che ha fin qui ostacolato la cura di questo ricchissimo patrimonio culturale sparso nel paese. A.fredo venturi

Persone citate: Bruno Nicolini, Fiandrotti, Filippo Fiandrotti, Mario Spadanuda, Nicolini, Spadanuda