Camera di Lietta Tornabuoni

Camera Camera (Segue dalla 1* pagina) denti di tutti i gruppi parlamentari. In Inghilterra e in Francia è il governo a stabilire quali questioni vadano discusse prima e quali dopo, quali siano urgenti e quali rinviabili. In Germania, è il programma governativo ad avere la priorità. Il nostro, secondo alcuni esperti, è il solo parlamento al mondo in cui l'opposizione abbia diritto di veto sull'ordine dei lavori della Camera, uno dei pochi in cui il governo non abbia un tempo ad esso riservato e si trovi in posizione di tale debolezza. Dieci anni fa, l'accordo del regolamento corrispondeva al disegno politico di estendere al pei le responsabilità di governo, pur lasciandolo fuori dal governo stesso: e questa collaborazione ha permesso al Paese di affrontare il trauma terribile del caso Moro, iì terrorismo, molte crisi. Oggi che la situazione politica è cambiata lo si accusa di non consentire il funzionamento efficiente del Parlamento: nella maggior parte dei casi l'unanimità sull'ordine dei lavori della Camera non viene raggiunta, e si deve ricorrere all'assemblea che, invece d'un programma trimestrale d'attività, stabilisce di 48 ore in 48 ore gli argomenti da discutere. .Quindi: nessuna pianificazione, precarietà, netta sterzata verso l'assemblearismo, prepotere dei partiti», è il commento di alcuni esperti. .A uno studente che sostenesse una tesi simile non si darebbe neppure zero*, dicono ancora: e parlano dell'articolo 116 del regolamento, che consente di votare due volte quando il governo chiede la fiducia. Una volta sulla fiducia, un'altra sulla questione in discussione; e con due diversi modi di votazione, una volta palese, un'altra segreta. Contraddittoria e contraria alla dottrina («ne bis in idem»), oggetto di stupefatta ilarità nei congressi internazionali, è la regola che più facilita i «franchi tiratori». .Come in tutte le cose italiane, nel regolamento del 1971 ci sono aspetti geniali e punte di stupidità demagogiche*, dicono ancora alcuni esperti. «Stupido e demagogico» sarebbe l'articolo 39: limita gli interventi dei deputati a 20, 30 o 45 minuti, ma contemporaneamente decreta che quei limiti non si applicano se un presidente di gruppo parlamentare ne fa richiesta per uno o più appartenenti al gruppo. Insomma: più di tanto non si parla, ma chi lo chiede può parlare quanto vuole. Come è possibile? Lo scopo, si legge nei resoconti d'allora, era quello di .conciliare lo snellimento dei lavori parlamentari e l'esigenza di salvaguardare il diritto di tutti i gruppi a discutere senza limiti di tempo argomenti cui annettono particolare rilievo politico*. L'impossibile conciliazione dei contrari era chiara, già nel 1971 il deputato Lucifredi prevedeva: «Quando un gruppo parlamentare voglia arenare i lavori, non avrà alcuna difficoltà a far parlare i propri componenti per ore*. Ma nel 1971 l'intesa politica e l'autocontrollo dell'opposizione comunista parevano garantire da ogni eccesso: oggi è grazie a questo articolo del regolamento che i deputati radicali conducono le loro battaglie d'ostruzionismo. Cosi in Parlamento c'è chi sta sempre e parla troppo, e chi non si fa vedere mai e ruba lo stipendio. C'è chi vota si in pubblico, e subito dopo vota no in segreto. L'opposizione rispetta le regole; la maggioranza le vuole cambiare. A ogni crisi parlamentare seguono drammatizzazioni, dibattiti, insulti reciproci, minacce, propositi urgenti di provvedimenti decisivi, di revisione del regolamento; ogni volta il chiasso si quieta in poche ore e le riforme vengono rinviate. E' capitato pure questa settimana: per chi s'illude di poter tirare avanti alla giornata, è la sopravvivenza che conta, più dell'istituzione negata o della Camera vuota. Lietta Tornabuoni

Persone citate: Lucifredi

Luoghi citati: Francia, Germania, Inghilterra