Le spine dell'impero di Frane Barbieri

Le spine dell'impero Domani a Mosca il congresso del Pcus Le spine dell'impero Nell'Urss la storia non si conta per secoli, per decenni o secondo i grandi avvenimenti, si conta per congressi del partito sovietico. Ogni congresso pretende di aprire una nuova epoca. In quei momenti ai sovietici sembra di toccare il futuro con le mani. Più che sulla scia dei discorsi astratti, per il salto di qualità che in quei giorni si verìfica nella vita quotidiana. Alla vigilia e durante i congressi viene offerto un saggio del come dovrebbe essere la promessa società socialista. Sono periodi in cui le imprese rispettano le previsioni dei piani, i negozi si riempiono di merci, i servizi si mettono a funzionare, i teatri arricchiscono i cartelloni, i soviet organizzano feste popolari, addirittura la burocrazia diventa più affabile ed efficiente. I sovietici si entusiasmano vivendo il miraggio, per pochi gioì ni almeno. Tuttavia, più si susseguono i congressi e più hanno occasione di scoprire quanto l'utopia sia rimasta lontana. Leonid Breznev si presenta, da segretario generale, al suo quarto congresso. Si avvicina a Stalin che ne ha presieduti sei. Lunedi/ quando leggerà la solita relazione fiume, il suo bilancio corre il rischio di apparire più magro di tutti i precedenti. Al suo primo congresso, dopo la caduta di Kruscev, ha potuto vantare un tasso di crescita annua dell'8,4 per cento. Al secondo ha constatato una flessione sul 7,5. Ora dovrà am- mettere che nell'ultimo quinquennio è stata raggiunta una media annua del 4,5 per cento contro il 7,8 previsto. Di conseguenza, la promessa di Breznev per gli anni futuri non andrà oltre il 4 per cento. Che poi per il cittadino diventa molto meno, se si considera la sproporzione fra la crescita della produzione strategica e quella dei consumi. Queste cifre forse non hanno tanta rilevanza, però al centro di tutti i congressi sovietici si sono trovate le cifre: più cifre che concetti. In compenso, Breznev potrà presentare un saldo positivo per quanto riguarda l'espansione dell'Urss su scala mondiale. Qui si è andati oltre tutti i piani. Molte posizioni strategiche sono state conquistate in Asia, in Africa e in America Latina, al di là dei confini del blocco-impero europeo. Mai nel passato l'impegno globale della potenza sovietica è stato cosi esteso. Si tratta tuttavia di un successo dagli effetti contrastanti. Da una parte il respiro mondiale soddisfa il complesso messianico e la predisposizione storica all'impero (velikoderzhavie) dei russi. Dall'altra, questo dominio più si estende e più grava sulla Russia stessa. Gli imperi, lungo la storia, nascevano per far diventare più ricche e potenti le metropoli e per spostare più lontano le frontiere della loro sicurezza. Con l'Urss invece, succede che più spazia sul globo terrestre e più s'impoverisce, non potendo venire incontro ai suoi troppi impegni strategici ed economici. Un impero che pesa e costa invece di rendere. Nemmeno sul piano della sicurezza i vantaggi sono quelli prospettati. Anche accettando come valida la motivazione secondo cui l'Urss si impegna in Africa, spinge i vietnamiti ad occupare la Cambogia e manda le proprie truppe nell'Afghanistan, tutto per precludere le vie alla penetrazione americana ed evitare un pericoloso accerchiamento, anche in questo caso non si vede bene quanto Mosca abbia consolidato la propria sicurezza o l'abbia invece messa a repentaglio. Prescindiamo dalla disputa sull'uovo e la gallina, se cioè Bre¬ znev abbia partorito Reagan o se l'espansione sovietica abbia fatto agguerrire la politica americana o viceversa. Fatto sta che l'Urss negli ultimi tempi si è trovata sul banco degli imputati alle Nazioni Unite, alle conferenze islamiche, ai vertici arabi e alle conferenze dei non allineati come succedeva agli Usa negli Anni 50-60. In tutte queste sedi il gruppo pro-sovietico si è visto isolato ed è stato messo in minoranza come una volta succedeva a quello pro-americano. Il mito della potenza liberatrice si è sgretolato. Anche i partiti comunisti sono costretti a prendere le distanze da Mosca, aggiungendo alle condanne degli interventi militari le critiche del sistema politico che ha potuto generarle. Dallo sproporzionato impegno strategico sono scaturiti poi i fermenti nei Paesi già aggregati al blocco-impero socialista. I governi alleati dell'Est europeo si trovano sempre più in difficoltà dovendo muoversi nella stretta corazza del modello sovietico, il quale poi non evolve perché la corsa strategico-militare gli toglie il respiro, 10 spazio e i mezzi indispensabili per riformarsi. I primi ad essere colpiti ed a risentire le conseguenze degli eccessivi impegni globali dell'Urss sono i suoi alleati più stretti, decurtati di crediti, aiuti e approvvigionamenti. Poiché le sovvenzioni sovietiche erano l'unico motivo valido per spiegare i legami di sudditanza imposti dall'amaro capriccio dell'ultima guerra mondiale, emergono con nuovo impeto le insofferenze e le ricerche di soluzioni autonome. La Polonia insegna quanto l'impero, espandendosi ai margini, corra il rischio di fluidificarsi nel centro. In uno dei discorsi precongressuali Breznev ha ammesso che la macchina sovietica non funziona in concomitanza con gli impegni assunti. «Dobbiamo riconoscerlo apertamente: non siamo riusciti ad innalzare 11 meccanismo della gestione ed i metodi economici al livello delle esigerne contemporanee» Per colmare le manchevolezze «occorre incominciare non dal metallo ma dalle esigenze quoti diane degli uomini». Ma Breznev potrà capovolgere la logica proprio oggi, se non è riuscito a farlo in tre congressi, in condizioni molto più propizie? Infatti, questo è il primo dei congressi brezneviani per il quale non è stato prospettato alcun disegno di riforme (essendo rientrate anche quelle annunciate a tre riprese da Kossyghin). Paradossalmente il sistema sovietico è costretto a girare nella propria insufficienza riconosciuta. Ciò significa che debba ingolfarsi? Forse ha ragione la Pravda quando attribuisce previsioni sbagliate alla «aritmetica primitiva degli antisovietici». Non tutti i calcoli occidentali sono validi per l'Urss. In Occidente il mecca nismo scoppia se il consumo viene represso molto al di sotto della produzione. Il cittadino sovietico, producendo tre volte meno di quello occidentale, consuma cinque volte di meno. Il sistema si regge su questa sua disponibilità al sacrificio. Per ragioni nazionali o sociali questa disponibilità si mantiene, finora non è entrata in crisi. E il merito va ascritto al partito: non riuscendo a gestire meglio l'economia, trova strumenti di convinzione e pressione politica e propagandistica per far funzionare la macchina in base ai sacrifici. Questo, oltre l'economia pura, è stato sempre il grande tema dei congressi: e lo sarà anche questa volta. I congressi preparatori delle varie Repubbliche sovietiche hanno espresso, tutti con lo stesso schema, «appoggio e riconoscimento al Comitato centrale, al Politburo leninista guidato da Leonid Breznev». Significa che al vertice non ci saranno cambiamenti; del resto tutti i segretari di partito delle Repubbliche sono stati già confermati. Al Politburo di 15 membri sarà con ogni probabilità confermato il gruppo ritoccato il novembre scorso quando la cooptazione di Gorbaciov abbassò l'età media da 71 a 70 anni. La preminenza di Breznev rimane incontrastata malgrado la crisi e ancora di più, forse, a causa della crisi. Nemmeno questo congresso sarà in grado di affrontare il problema chiave dei sistemi comunisti: come trasformarsi da monarchia, istituita da Stalin, in repubblica. Frane Barbieri