In dubbio la credibilità delle accuse c'è uno spiraglio per Paolo Rossi di Giuseppe Zaccaria

In dubbio la credibilità delle accuse c'è uno spiraglio per Paolo Rossi Depositata ieri la motivazione della sentenza del calcio-scommesse In dubbio la credibilità delle accuse c'è uno spiraglio per Paolo Rossi E' impossibile nel calcio (per il giudice penale) provare la truffa - Ci sono diversi gradi di responsabilità tra i giocatori - Ritenute poco attendibili o insufficienti le deposizioni rese dall'oste Trinca e dal fruttivendolo Crociani ROMA — Poniamo che il Brasile venga a giocare a Roma, e che uno strabiliante sorteggio gli imponga di contendere chissà quale coppa alla Società sportiva Centocelle. Bene: se la formazione dei borgatari dovesse cogliere sul campo una clamorosa vittoria; se le cronache sportive fossero concordi nel sottolineare la penosa esibizione dei sudamericani; se si scoprisse che prima dell'incontro il Trinca o il Cruciani di turno avevano avvicinato, e corrotto, i campioni «carioca»; se si rintracciassero matrici di assegni; insomma, se tutto questo avvenisse, solo allora si potrebbe concludere con certezza che la partita è stata una truffa. Per spiegare i motivi della loro decisione che nel dicembre scorso mandò assolti tutti i giocatori del «calcio-scommesse», i giudici della quinta sezione del tribunale hanno fatto ricorso proprio a questo esempio. La motivazione della sentenza è stata depositata ieri, e conferma le impressioni ricavate la stessa sera in cui il presidente Battaglini aveva letto nell'aula del Foro Italico la sorprendente decisione. I calciatori non sono punibili, ma non per questo vanno considerati innocenti. Soltanto, i loro desolanti tentativi di «combine» non possono essere colpiti dalla legge penale perché è impossibile provare che Lazio-Milan o AvellinoPerugia (incontri sulla carta sostanzialmente equilibrati) davvero si conclusero con un risultato diverso da quello che. senza accordi, sarebbe stato raggiunto. L'unica vera novità si può cogliere solo guardando in controluce la lunga spiegazione del tribunale. Se i giudici concludono che molti calciatori hanno senza dubbio preso assegni da Trinca e Cruciani. per altri atleti affermano invece che questa prova non esiste, e mettono fortemente in dubbio l'attendibilità delle accuse. Di quest'ultimo, sparuto gruppo, fa parte Paolo Rossi. Se la giustizia sportiva dovesse rivedere le sue sanzioni (anche al di là del «fatto nuovo» previsto in questi casi dai suoi regolamenti) questa indicazione potrebbe trasformarsi in uno spiraglio. Ma per il momento, il vero valore della lunga motivazione sta nel peso di «precedente» che adesso attribuisce alla sentenza. Assolvendo i calciatori, la quinta sezione del tribunale ha contraddetto in parte due vecchie sentenze della Cassazione: in quei casi. però, si parlava di truffe legate a corse di cavalli. In una. gli scommettitori avevano pagato tutti i fantini per alterare l'ordine d'arrivo; nell'altra, chi cavalcava il favorito simulò un incidente (e confessò poi la cosa) consentendo a un altro di tagliare il traguardo prima di lui. Nel calcio invece (ed è la prima volta che un tribunale ha affrontato specificamente il tema) provare la truffa, documentare che la condotta di uno o più giocatori ha prodotte ad altri un danno ingiusto, è praticamente impossibile. In teoria, lo si potrebbe fare solo per episodi di un'evidenza clamorosa (per esempio, scrive il tribunale, il caso in cui «il portiere, al novantesimo minuto, nell'eseguire un rinvio getti volontariamente la palla nella propria rete...»). Ma in pratica, questo non avviene mai. anche perché gli atleti stanno bene attenti a evitare i fulmini della giustizia sportiva. Nel calcio, insomma, provare la truffa è. per il giudice penale, impresa disperata: d'altro canto «è proprio questa la ragione per la quale l'ordinamento sportivo ricollega direttamente le sanzioni a comportamenti quali l'omessa denuncia, indipendentemente da ogni indagine sull'incidenza della frode sul risultato». Se poi. dal piano dottrinario, passiamo ad analizzare in concreto i singoli avvenimenti, ci si rende conto di come le accuse di Trinca e Cruciani si rivelino, volta per volta, poco credibili, o insufficienti. Alle desolanti figure che. in questa vicenda, hanno giocato il ruolo del Gatto e la Volpe, il tribunale dedica qualche considerazione generale: fra le dichiarazioni dei due 'esistono contrasti, divergenze, parziali smentite, oltre a l'arie incongruenze e motivi di sospetto su punti anche essenziali della vicenda». Già con l'esposto che creò lo scandalo. «sembra evidente che si è l'oluto lanciare un generico avvertimento in sede extraprocessuale». Inoltre i due hanno «tentato più volte di appesantire o alleggerire alcune posizioni». Insomma, alle dichiarazioni dell'oste e del fruttarlo il tribunale ha dato rilievo solo quando sono state confermate da altri elementi di prova. E questi ultimi, sulle otto partite in discussione, hanno condotto a conclusioni in qualche caso difformi. Ci sono stati tentativi di ..combine»? Secondo il tribunale si. e in tutte le otto partite incriminate. Ne fanno fede gli assegni, gli spostamenti di Trinca e Cruciani in tutta Italia, le ammissioni degli stessi giocatori. Milan-Lazio è il caso più evidente: voli a Milano, assegni, confessioni di Wilson. Cacciatori. Giordano. Albertosi. Colombo. Manfredonia: la stessa «pessima prestazione» di quest'ultimo durante la partita. Manovre analoghe erano avvenute alla vigilia di Vicenza-Lecce. Taranto-Palermo. Avellino-Perugia. Genoa-Palermo. Lazio-Avellino. Lecce-Pistoiese. Bologna-Avellino. Questi accordi hanno coinvolto tutti gli imputati? La risposta dei giudici, in questo caso, è più articolata. Se delle responsabilità di Magherini. di alcuni fra i laziali, del pistoiese Borgo e di altri ancora non si possono nutrire dubbi, per altri giocatori il discorso è molto diverso. E' il caso di Casarsa e di Paolo Rossi per Avellino-Perugia: sul fatto che nel tentativo di «combine» furono impegnati Della Martira e Pellegrini le prove sono numerose. Ma ai giudici non è sfuggito che l'incontro degli scommettitori con Casarca fu brevissimo, e che solo a inchiesta molto avanzata Trinca e Cruciani affermarono di aver parlato di danaro in presenza di Rossi. Anche fra assolti, insomma, esistono diversi gradi di «non colpevolezza». E se nei prossimi giorni, dalla motivazione i giocatori squalificati prenderanno spunto per chiedere la revisione delle squalifiche, alla fine potrebbe essere proprio questa differenziazione a risultare determinante. Giuseppe Zaccaria (Reazioni e commenti di giocatori e squadre a pag. 21). Roma. Paolo Rossi ed Enrico Albertosi durante un'udienza