Una vita migliore

Una vita migliore LE NOSTRE CONTRASTANTI ATTESE Una vita migliore Sarà quest'anno migliore o peggiore di quello appena finito? Chi vuole conoscere le risposte, in massima pessimistiche, può trovarle nel periodico che dà i risultati dell'inchiesta Doxa, con ogni precisazione: distinguendo le risposte secondo le regioni da cui provengono, il grado d'istruzione, il sesso, l'età di chi ha espresso la sua opinione. Ma la Doxa deve arrestarsi alla domanda generica. Mentre le molte lettere di sconosciuti che riceve chi collabora a un giornale, sono assai più circostanziate, puntano su problemi più specifici: stabilità di governi, epidemie, rincaro del costo della vita, maggiore o minore facilità di trovare una casa, disoccupazione, ordine pubblico. La maggior parte delle domande si risolve poi in quella economica, vista sotto il lato (casa, alimenti, sicurezza) di chi scrive; e sono minoranza le domande che abbiano un contenuto senza base economica. Ve ne sono, tuttavia. Perché quel «migliore» o «peggiore» per alcuni non si riferisce al proprio tenore di vita, alla propria sicurezza, ma ha un contenuto morale. Mi sembra però che nessuno rifletta che quel «meglio» o «peggio» sono dei comparativi, che vogliono la loro base, e che non può non partire da una concezione di vita, diversa secondo i popoli e le generazioni. Vi sono così Paesi per cui il punto centrale è l'indipendenza: nelle varie regioni dell'Africa o del Medio Oriente, il punto base è l'indipendenza non solo politica, ma che abbracci tutti gli aspetti della vita: in altre parole, un anno buono sarà quello in cui si saranno compiuti ulteriori passi per liberarsi da ogni influenza non solo economica, ma culturale, di costume, dei bianchi: l'espressione «non vogliamo essere europeizzati» è riassuntiva ed efficace. Meglio dover stringere un po' la cintola, ma ritornare alle antiche tradizioni, ai vecchi costumi, alla propria arte, al tipo di famiglia che fu degli antenati, così quella della prevalenza assoluta dell'uomo, della donna su cui pesano i lavori più gravosi, alla poligamia; e anche chi sembra la vittima di questa aspirazione la condivide. Da quella base dovrà partire autonomo non guardando all'Occidente, ogni ulteriore sviluppo. Nulla di simile in Europa. L'indipendenza basca creerebbe solo un nuovo Stato nella famiglia europea. Ma anche senza uscire dall'Europa vi è — specie tra i giovani — chi vede il bene in un tipo di vita dove non si pensi al domani, si guardi soltanto alla giornata da trascorrere; non importano gli agi, si può vivere bene coperti di stracci, nutrendosi solo dell'indispensabile, consumato su una panchina o sui gradini di una chiesa; ma la vita è bella quando è assolutamente libera, senza alcuna costrizione, senza impegni, morali o giuridici; meglio essere come un uccello libero e spesso affamato, che avrà una breve vita, troncata dal freddo, dall'inedia, dalla pallottola del cacciatore, che uccello in gabbia, anche se con una compagna, ignorando il freddo e la fame. Libertà illimitata, senza regole, ritorno alla vita dei più remoti antenati, quelli di oltre diecimila anni or sono, che ignorarono la città e furono lieti anche nella caverna, vivendo in promiscuità con gli animali, ma senza legarli a sé, compagni di poche ore, di una sola notte; meglio ciò che la vita attuale. Questa in ogni sua forma, inclusa quella del comunismo integrale, è una prigione. E a chi obiettasse dicendo che in un mondo così disorganizzato non potrebbero vivere i miliardi di uomini che oggi siamo, risponderebbero: «E che importa? perché non rispettare la legge di natura che vuole la sopravvivenza solo dei più forti? perchè non aiutare il ritorno alle epoche remote in cui la durata media della vita umana era un terzo di quella di oggi? la famiglia a voi tanto cara non è distrutta anche dalla convivenza di tre generazioni che non possono intendersi? e se la stessa umanità dovesse estinguersi, per quale ragione si dovrebbe dire con Cassola, che il primum è salvare la continuità della vita, qualunque siano poi le condizioni in cui l'uomo vive?». Sempre in minoranze oggi esigue, quel che conta è l'eguaglianza: qualsiasi organizzazione buona, a patto che sia finalmente vinta quella triste realtà che gli uomini sono disuguali: vera civiltà quella che riesce a superare la legge di natura, per cui tra i nascenti sono già dispari le forze. E a chi ribattesse che con questa preoccupazione si finisce con «tutti nudi, tutti sporchi, tutti analfabeti», risponderebbero che ai vecchi reduci della prima guerra mondiale il ricordo della vita militare non è punto guastato dal terribile puzzo che aveva una camerata di caserma al levar del giorno, e che questa estrema preoccupazione della pulizia è di una o due generazioni. Luigi XIV probabilmente puzzava, non faceva il bagno; e le scale di Versailles erano spesso imbrattate da feci umane; questa estrema preoccupazione che si ha oggi per la pulizia non è antica; nel 1900 le case della massa borghese e operaia non avevano camere da bagno, ed era considerata una raffinatezza da snob il radersi la barba quotidianamente: è la spinta preoccupazione della pulizia che ha fatto ritenere ripugnante il buon concime naturale, che ha causato il disprezzo per la vita contadina, in cui occorre anche durante il giorno sporcarsi più volte le mani ed ha provocato l'abbandono della campagna; che ha fatto sì che anche Paesi poveri come l'Italia trascurassero le proprie risorse naturali, importando ad esempio miliardi di carne, di burro, di uova. Nulla di male se si tornerà ai giorni non lontanissimi in cui si avvertiva il «sentore» di ogni persona. E infine in questa minoranza c'è anche, dovunque, il piccolo gruppo dei religiosi, di cui gli studenti mussulmani dell'Iran ci hanno dato un recente esem¬ pio. Anni felici per mussulmani, ebrei, cattolici, quelli in cui la legge religiosa è scrupolosamente osservata e la forza dello Stato è usata per farla osservare; anni infelicissimi per i cattolici italiani quelli che hanno visto l'introduzione dei divorzio e il permesso dell'aborto. Naturalmente pur in questo tentativo di cogliere le minoranze occorre talora schematizzare; gli studenti mussulmani dell'Iran non avevano dietro di sé la minaccia della fame. E oggi per la massa degli europei queste minoranze sono molto esigue, e ben poco premono sul tessuto sociale, sull'organizzazione; non credo poi che le cose abbiano presto a mutare; anche gli adolescenti d'oggi trascorreranno la vita in un mondo in cui anno migliore significherà anno di pace e di benessere: con un concorso di elementi che abbiano tutti un fondo economico: anzitutto il pane quotidiano certo, il posto di lavoro assicurato. Desiderio più che legittimo, che non vadano perduti i benefici che nei primi quindici anni del secolo conseguirono le classi più povere, e che, è onesto riconoscere, non perdettero con il fascismo. Che non si torni alle condizioni di vita umiliante e miserrime che conobbero in Italia nel corso dell'Ottocento. Ma, oggi che si guarda tanto al terzo mondo, ho anche desiderato ricordare quante possibili interpretazioni possano darsi al bene e al male, e così al meglio e al peggio, e quante possibilità balenino su ciò che sarà nei molti millenni in cui l'umanità continuerà a esistere. A. C. Jemolo

Persone citate: A. C. Jemolo, Luigi Xiv

Luoghi citati: Africa, Cassola, Europa, Iran, Italia, Medio Oriente