Le carte in tavola di Mario Pirani

Le carte in tavola Le carte in tavola Come guidare l'economia Mercoledì sera, proprio mentre le agenzie di stampa trasmettevano il programma economico di Reagan con drastici tagli della spesa pubblica e alleggerimenti fiscali per il rilancio degli investimenti, il governatore della Banca d'Italia, uscendo dal suo abituale riserbo, tornava a denunciare come in Italia la spesa pubblica corrente abbia «assunto caratteristiche al limite della possibilità di controllo della sua espansione» mentre il suo disavanzo ha superato «nettamente» negli ultimi mesi del 1980 tutte le previsioni fatte. «Pur cercando di evitare politiche duramente deflazionistiche — aggiungeva Ciampi — è giocoforza accettare, cercando soprattutto di contenere i consumi, che nel 1981 l'espansione della domanda interna — in Italia cresciuta nell'80 del 6% mentre è rimasta ferma nell'Ocse — non superi quella degli altri Paesi industriali». Queste indicazioni non ci sembra vogliano suggerire, per rientrare dall'inflazione, ricette ispirate a quella di Reagan o della signora Thatcher. Anche perché non è affatto scontato che la scommessa del nuovo presidente Usa risulterà vincente e non solo per il suo carattere antipopolare (smantellamento della spesa sanitaria, dei sussidi di disoccupazione, degli aiuti alla parte più povera della popolazione) ma anche per i motivati dubbi che essa suscita, ad esempio, in personaggi come Paul Volcker. governatore della Federai Reserve Bank, il quale giudica i tagli fiscali forieri non d'investimenti ma di nuova inflazione, con l'effetto di spingere ancor più verso l'alto i tassi d'interesse, divenuti il coefficiente paradossale di un dollaro forte e di una economia debole. Quanto alla ricetta Thatcher essa ha sì ridotto l'inflazione da! 22 al 13% ma con lo scotto di una caduta produttiva del 14% e di due milioni e mezzo (presto tre) di disoccupati. E sarà bene in proposito ricordare sia agli acritici esaltatori di destra di questa politica, sia ai detrattori di sinistra, come il tanto vilipeso patto sociale, quando funzionò grazie all'accordo governo-sindacati, permise con costi assai minori di dimezzare egualmente l'inflazione inglese (se la memoria non c'inganna dal 16 all'8%). Esiste quindi una via diversa, la quale, pur avendo costi politici molto alti, ha di contro una sua praticabilità economica concreta. Appunto Ciampi ne segnala un aspetto fondamentale quando afferma che «l'indirizzo ottimale di politica economica sarebbe quello di frenare i consumi con strumenti fiscali e realizzare per tale via un equilibrio investimenti-risparmio più favorevole alla stabilità dei prezzi e all'andamento dei conti con l'estero». E ammonisce che «se non si prende atto della realtà quale essa è», e il più gravoso esempio che porta è l'imposta petrolifera, l'aggiustamento avverrà «con costi tanto maggiori in termini di svi lappo e di occupazione quanto più a lungo esso sarà stato rinviato». l.'on. Forlani in una recente intervista sembra chiedersi cosa si pretenda da lui dopo pochi mesi di governo, funestati oltretutto dal terremoto e dal terrorismo. Certo non si può suggerire a un presidente del Consiglio italiano di inalberare la bandiera dell'ottimismo epocale che caratterizza Reagan. ma maggior fermezza di guida del governo, meno inconcludenti mutamenti d'indirizzo di fronte alle oscillazioni dei rapporti tra sindacato e pei (vedi vicenda dello 0.50). minor timore dell'impopolarità che certe necessarie misure comportano, ebbene questo si. Ad esempio, quando Ciampi, come i suoi predecessori, ribadisce l'urgenza di ridare vigore all'arma fiscale per raffreddare i consumi, è evidente che spetta a Palazzo Chigi e non a via Nazionale prendere l'iniziativa perché gli aumenti dell'Iva non vengano annullati immediatamente dal loro aggancio alla scala mobile. E ancora: la discussione sul piano triennale non può essere valutata come un accademico divario tra scuole di pensiero, ma come un test dove si giudica chi vuole davvero nuovi investimenti e una spesa pubblica produttiva e chi si limita a contrastare l'intoccabilità formale di una politica assistenziale con l'arma della stretta creditizia. Forlani, d'altra parte, ha ammesso, quasi presago della sconfitta di ieri nelle votazioni sulla legge finanziaria, che la situazione «richiede un grado diverso di disciplina e di coesione nazionale». Ma poi si arrende di fronte alla logica paralizzante delle formule di governo che non lo consentirebbero. Sono, viceversa, le scelte concrete che ci stanno di fronte a non consentirci una passiva rassegnazione in attesa di esiti catastrofici. Sarebbe inutile, è vero, riprendere l'eterna discussione sulle formule di governo, ma intanto riemerge con ancor maggior urgenza l'esigenza, su cui spese una vita Ugo La Malfa, di un patto sociale. Oggi, mentre i sindacati rivendicano una partecipazione al governo dell'economia, mentre i comunisti scoprono il valore della produttività anche aziendale, mentre sui contenuti del piano triennale si registrano indicativi consensi delle parti sociali, non è giunto il momento di costringere tutti a mettere, proprio su questo terreno, le carte in tavola? E ognuno di fronte a scelte che comportano la salvezza o la degenerazione progressiva dell'economia nazionale si prenda, poi, le sue responsabilità di fronte al Paese. Mario Pirani

Luoghi citati: Italia, Usa