Chimica: 14 mila posti in meno ora per averne 20 mila in più domani di Eugenio Palmieri

Chimica: 14 mila posti in meno ora per averne 20 mila in più domani Chimica: 14 mila posti in meno ora per averne 20 mila in più domani Intervista con De Michelis, che chiede 3000 miliardi in tre anni ROMA — La chimica è alla bancarotta. Il ministro delle Partecipazioni statali, De Michelis, in questa intervista lancia un segnale preciso: il rischio è che dalla perdita dei 14.000 posti di lavoro previsti dai conti delle imprese si arrivi ad una precarietà generalizzata che gravi sulle spalle della collettività. Quindi, secondo il ministro socialista, il Piano chimico va reso operativo al più presto se non si vogliono perpetuare gli errori e le guerre degli anni passati. Eppure qualcuno sostiene che il Piano è il solito pezzo di carta... «A gennaio — afferma De Michelis — è venuto fuori, ma era previsto, il nodo Montedison drammatico e drammatizzato: dal management perché il 1980 è stato un anno nero, dai sindacati di conseguenza. Ma il problema della crisi esiste ed è molto grave. E ce ne siamo subito fatti carico. Il governo ha ribadito la sua impostazione generale per risolvere i punti di crisi del "polo" pubblico e di quello privato che da mesi stava elaborando, la sua linea di rifiuto dei licenziamenti come solo strumento del riequilibrio gestionale delle imprese. Non è ipotizzabile in Italia, né giusto, perseguire la strategia della signora Thatcher. Però contemporaneamente abbiamo riconosciuto i problemi di produttività, di esuberanza di manodopera, la necessità di rimuovere quei fattori che non consentirebbero una seria opera di risanamento >. E che cosa avete deciso? «Abbiamo detto con chiarezza che erano utilizzabili gli strumenti come la cassa integrazione straordinaria e i prepensionamenti insieme a quella politica attiva del lavoro che il Parlamento presto dovrebbe varare. Io e Pandolfi, poi. ci siamo resi conto che tutto questo non poteva non essere accompagnato da un disegno costruttivo di politica industriale con la promessa che in tempi strettissimi avremo impostato in via definitiva la soluzione del problema». Quindi il piano come rimedio di tutti i mali... «Non arrivo a tanto, però oggi possiamo dire che l'impegno lo abbiamo assolto, il documento lo abbiamo presentato anche se va ancora messo a punto, verificato, confrontato con le parti sociali e quelle politiche». Ma è vero o no che prevedete un taglio immediato di 14.000 posti di lavoro? «I giornali hanno presentato la questione in termini riduttivi. Si è dato molto peso alle cifre senza sapere che si tratta soltanto delle indicazioni aziendali che noi abbiamo recepito doverosamente nel documento per offrire un termine di confronto. Se queste ipotesi, che non facciamo nostre, sia ben chiaro, portano ad una riduzione degli organici è pure vero che in un quinquennio contiamo di ricostituire posti di lavoro per 20.000 persone nella produzione e di 3000 nella ricerca»'. Quali sono allora i punti chiave del Piano? «Innanzitutto riportare in tempi brevi in equilibrio i conti economici delle imprese. Non è la solita enunciazione di principio: il settore chimico chiude in Italia il conto economico annuale con un passivo di 1200-1300 miliardi. Una distruzione di ricchezza insostenibile per qualsiasi Paese. Il risanamento non è quindi rinviabile salvo una bancarotta generale. Poi c'è il riequilibrio della bilancia commerciale chimica: negli Anni Settanta eravamo in attivo, lo scorso anno si è chiusa a meno 3000 miliardi. Senza un intervento dello Stato la chimica rischia di trasformarsi nel terzo tallone d'Achille dell'e¬ conomia italiana dopo l'energia, per la quale al contrario non possiamo fare più di tanto, e i prodotti alimentari. Infine il sostegno della occupazione in sintonia con il piano a medio termine». Non c'è contraddizione tra quest'ultimo punto e l'inevitabile riduzione del numero degli occupati? «Qui vorrei essere estremamente chiaro. Non è pensabile difendere l'occupazione cosi com'è e dov'è, ma solo con un risanamento dei singoli settori produttivi che passi anche attraverso una migliore utilizzazione delle risorse per creare i presupposti di un allargamento della base occupazionale. Non sono in gioco i 14.000 posti di cui hanno parlato i giornali: sono tutti i lavoratori del settore che potrebbero diventare pensionati mascherati se non si interviene subito». Veniamo alle cifre. In questi giorni ne sono state fatte di astronomiche. Quanto costerà tutto questo? «L'operazione di rilancio va sostenuta con investimenti nella misura di 3000 miliardi in cinque anni. Nessuno può pensare al rinnovamento e alla razionalizzazione degli impianti, cioè della chimica secondaria di base, con il ricorso delle imprese al costosissi¬ mo indebitamento bancario o con l'autofinanziamento. Pensiamo ad una legge ad hoc come per la siderurgia. Altro punto da sostenere è quello della ricerca tecnologica per guadagnare il terreno perduto nei confronti dei concorrenti stranieri: riteniamo necessari investimenti per 500-600 miliardi l'anno per un triennio». Solo questo o c'è altro? «Il peso degli oneri finanziari della nostra chimica è da 2 a 10 volte superiore a quello della concorrenza e quindi bisogna studiare un consolidamento dei debiti a breve. Per la Montedison si tratta di consolidare, per il "polo" pubblico di ricapitalizzare: 1000 miliardi con il concorso di un partner straniero (la americana Occidental Petroleum ndr)-. Ma nel governo sono tutti d'accordo? «Questa è la posizione mia. di La Malfa e di Pandolfi e la porteremo all'esame dei colleghi di governo. Ma ogni giorno che passa la situazione si avvia al non ritorno. Par slittare le decisioni significherebbe perpetuare il disastro: però a questo punto ognuno deve assumersi le proprie responsabilità». E che cosa accadrà se la Montedison insisterà nei licenziamenti? «In questo scenario non c'è spazio ai licenziamenti. Ove la società ritenga che il suo unico problema sia l'esuberanza di personale allora può procedere, come le regole del gioco consentono, però deve sapere che lo fa in pieno dissenso con il governo e non nel quadro di una politica programmata». Eugenio Palmieri

Persone citate: De Michelis, La Malfa, Pandolfi, Thatcher

Luoghi citati: Italia, Roma