Leonid Breznev l'eurocomunista di Frane Barbieri

Leonid Breznev l'eurocomunista Il giallo delle lettere Leonid Breznev l'eurocomunista Fra tanti editorialisti e politologi, improvvisatisi in altrettanti Sherlock Holmes per risolvere il giallo della lettera di Breznev a Berlinguer, segreta e diventata pubblica, è sfuggito a tutti un particolare che diremmo caratterizzante dell'intricata vicenda, almeno per quanto riguarda i rapporti iritercomunisti. Si tratta di questo: il segretario generale del partito sovietico non risponde ad un messaggio inviatogli da Berlinguer, ma prende invece 10 spunto per la sua missiva inquisitoria da un documento indirizzato dal pei italiano al Comitato centrale polacco. Per gli apprendisti investigatori si aggiungerebbe cosi un altro mistero da svelare: chi ha passato al Cremlino la lettera di Berlinguer, gli stessi polacchi o una «talpa» delle Botteghe oscure? E se l'ha fatto, perché: per difendere Kania dalle pressioni sovietiche o per esasperare le pressioni? Per schierarsi con Berlinguer o per denunciarlo? Ad ogni modo, succede che Roma invia a Varsavia un documento con «raccomandazioni e consigli», e la risposta, invece che dai polacchi, perviene agli italiani da Mosca. E con due valutazioni perentorie. Primo, 11 pei «formula in modo assai insistente raccomandazioni e consigli che divergono dalle posizioni degli stessi compagni polacchi». Secondo, questo può essere interpretato soltanto come «ingerenza del pei negli affari interni della Polonia». In sostanza, Breznev fa capire a Berlinguer, in modo più che insistente, che delle cose polacche è meglio non occuparsi, ma se proprio si vuole è d'obbligo farlo in contatto con Mosca, non con Varsavia. L'avvertimento riguarda anche i polacchi: la loro strategia deve essere soppesata e decisa a Mosca, al punto che pure le risposte alle lettere ricevute da Kania vengano stilate e spedite da Breznev. Dalla curiosa corrispondenza triangolare, o piuttosto piramidale, in quanto il Cremlino si colloca pur sempre all'apice della struttura,' traspare la preoccupazione del capo sovietico di impedire la comunicazione diretta tra il pei italiano e i dirigenti polacchi. Il contatto potrebbe far straripare le idee eurocomuniste oltre gli argini del «monolitico» blocco orientale. Per i comunisti italiani diventa una questione di principio caldeggiare in Polonia una soluzione pluralistica, tipo compromesso storico alla rovescia, se vogliono difendere la credibilità del loro disegno strategico. I sovietici possono arrivare eventualmente ad accettare, con dubbi e riserve, un «socialismo pluralistico» per l'Occidente nella chiave di una tattica eversiva, mai e poi mai come un modello da adottare in un Paese già acquisito al socialismo reale. Breznev preferisce per Kania la compagnia sterilizzante di Husak a quella inquietante di Berlinguer. Rispondendo a nome dei polacchi e facendo poi pubblicare la risposta, i sovietici hanno praticamente impedito l'accesso nella Polonia e con ciò in tutto il «mondo socialista» agli italiani, e anzitutto alle idee eurocomuniste. Gli obiettivi di Mosca non si fermano qui. Sbarrare la strada all'Occidente verso il mondo sovietico per gli strateghi del Cremlino non ha significato mai rinunciare alla propria penetrazione nell'Occidente. All'eurocomunismo viene proibito di operare sul terreno dell'ortodossia orientale, ma l'ortodossia si propone oggi più che mai di operare sul terreno dell'eurocomunismo. Stalinisti, filosovietici ed ora «afghani» esistono e persistono in ogni pc d'Occidente, mentre non risulta l'esistenza degli eurocomunisti nel pcus. Forte di questo vantaggio, dottrinario e storico quanto ombelicale, Breznev con la sua lettera ha inteso stimolare il rigurgito del dogmatismo nei partiti occidentali. In un mondo che si appresta un'altra volta a scavare le trincee, si restringe apparentemente lo spazio esistenziale e di manovra dell'eurocomunismo. I sovietici mettono in guardia contro il pericolo che i comunisti possano trovarsi, indugiando nelle peculiarità nazionali e stravaganze teoriche, dall'altra parte della barricata. Infatti, il rifugiarsi di Berlinguer nell'europeismo, come terza via internazionale corrispondente alla terza via socialista, espresso nel suo discorso al Parlamento di Lussemburgo, ha registrato già una contestazione moscovita. L'immancabile Novoe Vremja, persecutore patentato degli eurocomunisti, scopre che «l'idea della sovrannazionalità delle istituzioni europee viene non di rado contrapposta non solo alla dipendenza dall'imperialismo americano, ma anche al socialismo reale». Chi sostiene simili idee (e Berlinguer lo fa) «crea l'illusione che lo sviluppo indipendente dell'Europa sarebbe possibile fuori della lotta fra i due sistemi sociali mondiali». Dunque, l'Europa può nascere indipendente soltanto contro gli Usa, ma non contro l'Urss. Anzi, deve farlo legandosi all'Urss. Di conseguenza: eurocomunisti di tutto il mondo, schieratevi. Nel giudicare il lesto di Breznev e la risposta di Berlinguer, molti hanno creduto un'altra volta nella rottura e nella scomunica facile. In realtà, ne Breznev fa saltare i ponti, ne Berlinguer è uno di quelli che li brucia. Sarebbe come appiccare il fuoco in casa propria o sbarrare a se stessi la strada dell'avanzata e della ritirata. Ciò non toglie che l'offensiva di Breznev metta più che mai l'eurocomunismo di fronte a gravi prove e pericoli. Tanto gravi che più pericolosa risulterebbe soltanto una conversione di Breznev all'eurocomunismo. Frane Barbieri