Dialogo tra sordi a Firenze tra la Corte e i terroristi di Vincenzo Tessandori
Dialogo tra sordi a Firenze tra la Corte e i terroristi Il processo contro 28 di Azione rivoluzionaria Dialogo tra sordi a Firenze tra la Corte e i terroristi FIRENZE — La storia vera di Azione rivoluzionaria, quella vissuta dai protagonisti, rimane un mistero, almeno per ora. Cosi non rispondono ai giudici della corte d'assise di Firenze alcuni imputati militanti dell'organizzazione anarco-marxista. Tacciono e per ricostruire le imprese del gruppo, almeno le più clamorose, compiute o soltanto progettate, come il sequestro del cardinale Benelli, non rimane che l'esame delle carte Il processo entra nel vivo con l'interrogatorio dei primi cinque imputati che aprono l'elenco, di ventotto: due italiani, due tedeschi e un cileno, il simbolo dicono, dell'.internazionalismo», caratteristica di quel gruppo armato che, si dice, ha ormai concluso il suo ciclo violento. Si legge in un documento della primavera scorsa: «Azione rivoluzionaria, in quanto organizzazione specifica, si è autodissolta da tempo. il dibattimento segue lo schema ormai scontato del «processo politico»: revoca dei difensori, contestazione dei giudici. Quando il presidente, Pietro Cassano, chiama a deporre Rocco Martino, che il 20 febbraio 1979 a Parma fu arrestato con la sua ragazza e gli euro-terroristi Johanna Hartwi»: e Willy Piroch, il processo ha la svolta. Dichiara Mar-tino: 'Non ho assulutornente nulla da dire a voi. Se avrò qualcosa lo dirà al movimento di sovversione sociale, ai comunisti e agli anarchici: E subito dopo: «Revoco il mandato al mio avvocato di fiducia». Inutile insistere. Si leggono i suoi interrogatori: il 4 aprile '79 denuncia un pestaggio subito nel carcere di San Gimignano. Identico l'atteggiamento di Carmela Pane, che non ha neppure dichiarazioni da offrire. Tocca quindi a Piroch, arrivato in Italia dopo una condanna a Francoforte per un attentato al tritolo contro il consolato Usa. Il terrorista, che era vicino ai gruppi anarchos, soprattutto al «2 giugno», parla con disinvoltura l'italiano ma quando il presidente lo chiama pretende l'interprete. Rifiuta di salire sul pretorio, chiede il microfono in gabbia. E' un dialogo fra sordi, infine il dott. Cassano chiude l'interrogatorio: « Basta cosi, significa che non vogliono dire niente». Laconica JohannaHartwig: »Nicht!». Non si conosceranno forse mai i particolari della lunga fuga di Juan Teofilo Soto Paillacar, cileno, fuoruscito dopo il golpe di Arturo Pinochet. Giunto in Italia, come sottolinea il giudice istruttore Alberto Corrieri, «da Cuba, l'otto aprile 1975, insieme a Martin Pinones e Castro Reyes, il primo deceduto in Torino nell'agosto 1977 a seguito dell'esplosione di un ordigno e il secondo arrestato in Lucca nell'aprile '78 perché trovato con armi», Paillacar fu bloccato a Roma armato di una «44 magnum». Non ha mai risposto agli inquirenti, i suoi verbali d'interrogatorio sono molto smilzi e anche ieri è stato avaro di parole. Ha detto: «Sono internazionalista anarchico. Non intendo rispondere a questa corte. Revoco il mandato al mio avvocato di fiducia. Viva la revolución social!». Suo difensore di fiducia era l'avvocato Edoardo Di Giovanni, di Roma, proprio ieri mattina finito in carcere per aver pubblicato su una rivista documenti di bierre detenuti e,secondo l'accusa, aver cosi commesso «apologia di reato». Il processo è andato avanti comunque. Sono stati letti i verbali dell'interrogatorio di Renato Cerboneschi e nominati i professori Palazzolo e Carletti che dovranno decidere sulle condizioni mentali di Davide Fastelli. L'imputato, che deve rispondere di partecipazione a banda armata, ha più vite fatto le, corna verso l'aula. Di «Ar» si riparlerà martedì. Vincenzo Tessandori
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