Avvocati romani: nessuna udienza per protesta contro i due arresti di Giuseppe Zaccaria

Avvocati romani: nessuna udienza per protesta contro i due arresti Oggi l'agitazione e un'assemblea di solidarietà Avvocati romani: nessuna udienza per protesta contro i due arresti «Queste sono azioni intimidatorie, è una provocazione» - «Per la nostra professione un momento decisivo» - Molti legali contestano apertamente la Procura roma — Questa mattina gli avvocati romani si asterranno dalle udienze, e oggi stesso un'assemblea potrebbe prolungare la loro agitazione a tempo indefinito. La reazione, durissima, forse non nasce solo dalle accuse, cosi pericolosamente vicine al reato d'opinione, che hanno portato in carcere Di Giovanni e la Lombardi. Probabilmente, deriva anche dalla contemporaneità tra l'arresto del due avvocati di sinistra e le sanzioni (sospensione dall'attività professionale) decise contro due loro colleghi di tendenza opposta, Costantino Cambi e Paolo Andriani, coinvolti in modo ancora non chiaro nell'inchiesta sulla strage di Bologna. Il risultato di questo attacco concentrico, comunque, è che mai come oggi gli avvocati romani sono stati cosi compatti, e cosi decisi, nel contestare la linea che la Procura sembra ormai aver fatto propria. 'Questi sono arresti intimidatori, è una provocazione!-, si è sentito gridare, ieri mattina, nell'aula magna del tribunale, durante un'assemblea improvvisata. Tutti comunque sono parsi d'accordo sull'affermazione di un altro avvocato: «Per il futuro della nostra professione, questo può essere il momen to decisivo». E a lasciar intuire fino a che punto 1 legali vogliano spingere la loro protesta, c'è già una prima serie di iniziative: il Consiglio dell'Ordine ha subito chiesto udienza al presidente Pertini e a! Consiglio superiore della magistratura. L'assemblea spontanea di ieri ha nominato invece un comitato di cinque persone, che rappresenta tutte le tendenze politiche, e ha lanciato nello stesso tempo un appello che potrebbe allargare di molto il fronte della protesta. Gli avvocati chiedono alle organizzazioni dei giornalisti (visto che è per un reato collegato alla stampa che Di Giovanni e la Lombardi sono finiti in carcere) di unirsi alla loro protesta, e al più presto solleciteranno l'adesione dei settori più progressisti della stessa magistratura. • Questi arresti limitano la libertà di tutti» si è sentito gridare ieri, durante l'assemblea in tribunale. «Se sarà necessario, dovremo trovare forme più efficaci dell'astensione dalle udienze.'*. E' un po', hanno aggiunto altri, come se tutti gli avvocati romani, oggi, fossero in libertà provvisoria. Una posizione esasperata, ma certo legata anche alla figura, e al peso, nell'ambiente giudiziario romano, dei due legali arrestati. Molti avvocati, ieri mattina, contestavano apertamente l'atteggiamento di una Procura che, non più tardi di un mese fa, si era avvalsa dell'opera di Di Giovanni e della Lombardi per risolvere uno dei casi più drammatici degli ultimi due anni, il sequestro del giudice Giovanni D'Urso. Secondo i colleghi degli arrestati, l'opera di mediazione dei due aveva trovato ai vertici dell'ufficio consensi e sollecitazioni. Comunque fossero andate le cose, è certo che dai loro contatti coi brigatisti detenuti a Palmi e Tran! i due legali avevano ottenuto il primo, decisivo segnale per la liberazione del magistrato che le Br avevano condannato a morte. Di Giovanni aveva incontrato Curdo nel carcere calabrese, la Lombardi aveva lungamente trattato a Trani con Seghetti e gli altri esponenti dell'ultima generazione Br, evitando poi di entrare in polemica con parlamentari radicali che dopo una visita nello stesso carcere, avevano tratto sulla posizione dei terroristi conclusioni opposte. Ma non è stata solo la mediazione dello scorso dicembre ad aver fatto dei due avvocati personaggi cosi noti nell'ambiente giudiziario romano. Quel lavoro — sostengono i loro colleghi — serve solo ad aggiungere altre perplessità sul ruolo di «istigatori» che adesso viene loro assegnato. Prima ancora che difensori di brigatisti, prima che mediatori, Edoardo Di Giovanni e Giovanna Lombardi erano stati costante punto di riferimento di tutto 11 «movimento» romano, fin dal '68, da quei processi che col progredire della violenza assumono oggi quasi il sapore di piccoli fatti d'epoca. Nonostante fossero stati tra i fondatori di «Soccorso rosso», mai i due legali sono incappati nelle disavventure che hanno coinvolto invece molti altri legali di estrema sinistra. Nelle confessioni dei «pentiti», non c'è alcun accenno a loro coinvolgimenti nell'attività del «partito armato». In un'occasione, cinque anni fa, un magistrato — il torinese Caselli — aveva indiziato Di Giovanni di partecipazione a banda armata, ma l'indagine si era conclusa rapidamente, senza risultati concreti. I motivi di una solidarietà cosi compatta forse stanno anche nel modo in cui i due legali svolgono la loro attività, nel curioso assortimento che, assieme, propongono. Di Giovanni, 49 anni, siciliano della provincia di Siracusa, sempre estremamente discorsivo, pronto alla battuta (anche sull'ipotesi di un suo arresto), soddisfatto nel mostrare la medaglietta di suo nonno, morto a 104 anni di età, senatore socialdemocratico e membro della Costituente. Di pochissime parole, invece, la Lombardi, piccola, bionda, trascurata nel vestire. Ma la reazione degli avvocati romani non si può ridurre a un discorso di amicizia, o di solidarietà di casta. -Nella prefazione al libro incriminato — dice Oreste Flammini Minuto, uno dei colleghi che hanno preso la difesa dei due — Di Giovanni e la Lombardi, impropriamente definiti componenti del comitato di redazione, prendevano le distame da quanto i brigatisti detenuti hanno scritto. Agli interventi dei detenuti si riconosceva valore soloin quanto "contributi di notevole spessore teorico". Giuseppe Zaccaria

Persone citate: Caselli, Edoardo Di Giovanni, Giovanna Lombardi, Giovanni D'urso, Oreste Flammini Minuto, Paolo Andriani, Pertini

Luoghi citati: Bologna, Palmi, Siracusa, Trani